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L’ISIS e l’arsenale chimico di Saddam

Il Guardian e altri quotidiani internazionali rilanciano oggi la notizia, già diffusa tra il 19 ed il 20 di giugno, dell'occupazione da parte dell'ISIS del principale sito iracheno di stoccaggio di armi chimiche, a 56 chilometri a nord-ovest di Baghdad. L'ambasciatore iracheno presso le Nazioni Unite, Mohamed Ali Alhakim, ha confermato in una lettera indirizzata al Segretario Generale Ban Ki Moon che, in seguito alla occupazione dei bunker 13 e 41 del complesso di Al Muthanna da parte dello Stato Islamico dell'Iraq e del Levante, il governo non è più in grado di procedere con il programma di smantellamento del proprio arsenale chimico, come previsto dagli accordi post-bellici.

Ad al-Muthanna, tra gli anni'80 e '90, è stata prodotta la quota più consistente dell'arsenale chimico del regime di Saddam Hussein, armato con gas sarin e altri agenti estremamente tossici. Secondo l'ultimo rapporto stilato dagli ispettori delle Nazioni Unite del 2004, basato sui dati raccolti fino al 2003, prima dell'inizio della Seconda guerra de golfo, il Bunker 13 custodirebbe 2500 razzi armati con il gas sarin e 180 tonnellate di sodio-cianuro. Il Bunker 41 conterrebbe invece 2000 gusci di artiglieria contaminati e 600 contenitori di iprite con alcuni residui, oltre ad altri materiali da costruzione, anch'essi contaminati.

Le Nazioni Unite hanno voluto rassicurare l'opinione pubblica circa le condizioni dell'arsenale ed i timori di un suo possibile utilizzo da parte dei guerriglieri sunniti. Il sito venne bombardato già nel 1991 e la gran parte delle armi stoccate venne distrutta o gravemente danneggiata. Inoltre, le armi e i composti chimici sono di qualità scadente e i lunghi anni di stoccaggio senza manutenzione ne hanno con ogni probabilità degradato le condizioni fino a renderli inservibili per eventuali finalità militari.

Anche il portavoce del Dipartimento di Stato Americano, Jen Psakiha dichiarato che, nonostante la difficile situazione sul campo, non si corrono gravi pericoli poiché le riserve stoccate non includono armamenti chimici intatti che possano essere utilizzati dall'ISIS. Gli fa eco l'ammiraglio John Kirby, portavoce del Dipartimento della Difesa: “Anche se (i guerriglieri, ndr) riuscissero ad avere accesso ai materiali, credo francamente che la minaccia sarebbe maggiore per loro che per chiunque altro”

Il pericolo delle armi chimiche, ancorché remoto, mette in allarme l'Iraq in un momento di grande confusione politica e di difficoltà sul fronte militare. A Baghdad si cerca ancora l'accordo per un nuovo governo di unità nazionale che possa affrontare l'offensiva jihadista con reale efficacia e tirare fuori il paese dalla peggiore crisi dai tempi dell'occupazione americana.

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