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Isis o Isil: qual è il nome dello Stato Islamico dell’Iraq e del Levante?

Isil o Isis, qual è l’acronimo più corretto per riferirsi alle milizie jihadiste che stanno rapidamente prendendo il controllo di vaste aree del territorio iracheno? 

La domanda sembra piuttosto frivola, nel momento in cui tutti guardano con spavento alla drammaticità degli eventi. Qualcuno, forse, ripenserà ad una pubblicità di successo degli anni ‘80. Ciononostante, fa notare il New York Times, nessuno in Occidente ha ancora identificato una traduzione univoca dall’arabo all’inglese e questo, a livello di informazione, rappresenta un problema. Il New York Times stesso ha optato per l’acronimo che termina con la S ed il gruppo, sulle sue pagine, diventa Stato Islamico dell’Iraq e della Siria. Molte agenzie internazionali e lo stesso governo americano sembrano privilegiare la L di Levante e in questo caso lo Stato Islamico si estenderebbe dall’Iraq ad un non meglio identificato orizzonte orientale. La BCC ha furbescamente imboccato una terza via, riferendosi alle milizie islamiste con l’acronimo Isis ed utilizzando la parola Levante nella trascrizione estesa del nome. "Ma anche", avrebbe detto Veltroni.

Il problema è nella traduzione corretta del nome arabo del gruppo: al-Dawla al-Islamiya fil-Iraq wa al-Sham. Anche senza conoscere la lingua di Maometto si intuisce come la querelle si crei nell’interpretazione dell’ultima parola, al-Sham. Anch’esso è un termine non univoco, dal punto di vista del significato. In alcuni casi è usato per fare riferimento alla capitale siriana Damasco e ai territori circostanti; in altre contesti si identifica con un territorio molto più vasto, che comprenderebbe non solo la Siria ma anche una parte dell’Egitto, Israele, la Giordania, il Libano e i Territori Palestinesi, fino ad alcune zone della Turchia meridionale.

Per dirimere la questione si può tentare di assumere il punto di vista degli islamisti: come preferirebbero essere chiamati? Anche qui, secondo il NYT, sussistono parecchi dubbi. La parola "Levante" non dovrebbe essere troppo apprezzata da un gruppo jihadista che mira alla costituzione di un califfato transnazionale, poiché l’accezione viene collegata all’epoca del colonialismo francese. Idem o quasi per il nome Siria, introdotto dai greci e usato per lungo tempo come riferimento ai soli siriani di religione cristiana. Per gli islamisti, Siria è solamente il nome dello stato moderno contro cui combattono armi in pugno. Difficile credere che lo sceglierebbero come elemento della propria denominazione.

Soluzioni: due, ma poco praticabili. Tradurre al-Sham con Grande Siria, come fanno alcuni studiosi, comporterebbe l’aggiunta di un aggettivo e la modifica dell’acronimo (con la probabile creazione di una terza fazione di agguerriti pronunciatori). Lasciare semplicemente la parola in arabo renderebbe il nome poco digeribile per le pigre orecchie del pubblico anglofono e occidentale in genere.

Secondo il Washington Post, che ha deciso di prendere parte al dibattito, nessuna delle due opzioni è sufficentemente accurata e lancia la mozione DAIISH, l’abbreviazione araba che tutti i mezzi di informazione non occidentali sembrano privilegiare. Ma è poco più che una provocazione. 

Purtroppo non si intravedono soluzioni all’orizzonte e chi ne avrà voglia potrà continuare a interrogarsi sulla scelta tra Isis e Isil. Per lo meno, in italiano, possiamo fare a meno di struggerci per i problemi di pronuncia. Nel mondo anglosassone si insinua invece un secondo fondamentale dubbio. Si pronuncerà “eye-sis”, con la ai, o “ee-sis” con la i?

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