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(In)ter(per)culturando: analisi-confronto da ’la vita erotica dei superuomini’ di Marco Mancassola- I parte

In ’La vita erotica dei superuomini’, Mancassola impasta polvere fantastica con scaglie di unghie, filamenti di vene, croste, pulsioni.
 
Sono storie che oscillano entro quel confine dolceamaro che unisce e separa l’immaginario fantastico attorno ai ’superuomini-supereroi’ e la carne, i corpi, le percezioni dell’essere e dover-voler essere seguendo il sottile filo delle aspettative altrui, l’invecchiamento, la resistenza ai cambiamenti, le affettività violente, scarnificanti e naturalmente il sesso. Eppure l’erotismo in questo romanzo che è più romanzi in uno in effetti, non è per nulla scontato, tutt’altro. E’ un eros fatto di atmosfere, carne e corpi a cui non importano poteri e se ci sono e si manifestano entrano nell’atto con naturalezza, trasformano l’eccezionale in normale (nella declinazione di ‘comune’, possibile e vivibile da chiunque).
 
Sono storie, in fondo, che parlano dell’essere ’umano’, del vivere combattendo, mediando forse anche rinunciando a etichette, fuggendo dalle pretese altrui, dal passato da ’eroe’ poi crollato sotto il peso del tempo. E sono fughe che serpeggiano, nascondigli bui ma anche abiti di scena nuovi, confezionati su misura per celare il cuore che pulsa e sanguina e gesti che mutano i poteri/talenti in business show a uso e consumo dell’ossessiva curiosità della gente, del bisogno di stra-ordinario che infetta il mondo.
 
Eppure i super-eroi nel 2006 non sono più ’super’ ovvero oltre, più, ecce-zionali men che meno ’eroi’, non salvano più, non compiono gesta eclatanti, non combattono il male.
 
Il titolo suggerisce, secondo me, la principale virata della narrazione, la direzione dello scavo: la vita erotica dei superuomini. Che è anche un gioco linguistico, concettuale, simbolico. ’La vita erotica’, dunque storie pregne di eros e sesso, tutti elementi che in effetti ci sono pur non sconfinando nella condizione stantia, ristagnante, di essere fini a se stessi, l’abilità di Mancassola è sottile eppure sostanziale: evitare l’obbligo-ossessione di eccitare il lettore primariamente ( ormai smascherabile facilmente), evitare che la sensuale sessualità sia esposta, ostentata senza poi rimanere, ma anche sottolineare livelli, sensi, umori oltre la mera eccitazione veloce, usa e getta.
 
Mancassola si concentra su corpi, gesti, percezioni, incastri, vibrazioni. Atmosfere. E mi sembra che lo esprima chiaramente Bruce Wayne:
 
“Dicono che la seduzione inizia con la luce”, dichiarò compiaciuto dalla profondità della propria voce. “Un corpo brilla nella giusta luce. I corpi sono come pianeti, sanno brillare nel buio profondo”.
(pag.271)
 
Fermo qui l’analisi, allora, per il primo confronto con Marco Mancassola che al telefono, disponibile e paziente, risponde alla mie domande:
 
Il sesso è evidentemente un ‘ingrediente’. Ma lo è in un certo modo pur non risparmiando termini o scene. Vuoi spiegare le ragioni di questa scelta, che è stata anche rischio rispetto alle potenziali aspettative da parte del lettore? Questo erotismo che scatena contatti, collegamenti tra i corpi, quanto è funzionale alla storia e quanto ai sensi?
 
“L’idea iniziale era proprio sulla vita sessuale, erotica. Dal momento che le storie dei supereroi sono sempre state performance fisiche molto sterilizzate, asettiche, allusive ma in modo vago. A me interessava zumare sull’aspetto fisico, e l’erotismo è il sintomo più evidente della fisicità. Sul titolo del romanzo, in realtà, si è discusso molto con l’editore. Io non ero convinto, e tutt’ora non lo sono del tutto. Però c’è stata un mediazione. Ho insistito che nel titolo ci fosse il termine ‘erotica’ e non ‘sessuale’, perché l’erotismo per me è qualcosa di più ampio del sesso. L’eros è sottile, è una percezione che riguarda il desiderio, l’attrazione - in generale - tra corpi. E’ altro, oltre, il mero atto sessuale. Le scene sessuali hanno senso quando la storia lo premette, quando ne beneficia, quando il personaggio avanza in quella scena, il godimento generale della storia ne guadagna. Una scena sessuale sollecita di per sé, indubbiamente, ma a volte non aggiunge nulla. È importante invece quando ci si arriva davvero attraverso una tensione accumulata nel corso della narrazione, assieme al personaggio. C’è un parallelismo importante, tra il ritmo e la consistenza della narrativa e il ritmo e la consistenza del corpo. Io mi immedesimo nel corpo del personaggio, ci entro, e solo quando sento che ne ha bisogno, c’è il giusto climax, sviluppo scene di questo tipo.“
 
Concludendo le annotazioni sul titolo, resta ’dei superuomini’. Non supereroi, e la scelta non è casuale secondo me. I super-uomini possono essere anche eroi, in effetti, eppure la collocazione ’umana’ in questo modo è più evidente, forte, carnale. Oltre tutto, il gioco linguistico qui è netto, trattandosi in realtà di storie su-attraverso ’ex’ superuomini, eroi che nel 2006 (entro cui si svolge la narrazione principale) hanno ormai vite ’moderne’, il tempo li ha invecchiati, il ’mito’ o l’idea di, è decaduto, crollato assieme alle tecnologie e l’avvento del nuovo mondo, quello in cui vive anche il lettore oltre tutto, dunque un tempo in cui non c’è spazio per credere a Batman o Mister Fantastic e gli altri. Non c’è spazio per credere. Allora i superuomini che nell’invenzione letteraria sono sopravvissuti alle battaglie contro il Male (in maiuscolo in quanto creatura, entità qui astratta, senza volti o altre inquadrature materiali), resistono a modo loro, si ritagliano vite diverse, solitarie o esposte, dignitose o ridicole, tra chirurgia estetica e vecchie tute attillate, in bilico tra professioni comunque ’alte’ (che restituiscono una minuscola scheggia delle passate glorie) o comparsate in tv-circo.
 
Ma i superuomini non sono solo nomi noti come il già citato cavaliere nero o l’universale superman. In una delle storie che fa da collante a quelle individuali degli ex eroi tradizionali, Mancassola dà vita a un personaggio normale ed eccezionale, con una famiglia e un passato altrettanto normali ed eccezionali. Anzi due personaggi, fratelli all’apparenza slegati tra loro, eppure poco alla volta, il ripetere dei nomi, questo loro ’tornare’ anche negli episodi degli ex eroi: li rende fondamentali per gli sviluppi e i sensi, collanti che si insinuano in quel confine tutt’ora invisibile tra l’essere e l’essere-di-più.
 
A conferma di quello che mi sembra un intento in espansione nella narrativa italiana contemporanea, la parola più usata è c-o-r-p-o, eventualmente declinato al plurale e sfumato frequentemente in ’carne’ o singole parti di esso (mani, collo, braccia, piedi...). E’ un libro sui corpi. Su cosa sono. Su cosa diventano. Sui sensi che custodiscono. Su quanto possono esprimere, del dentro che la carne custodisce, assorbe, irradia e deforma. I corpi sono ossessione, scavo fondissimo, nocciolo duro e morbido, manifestazione del ’super’ che è nell’umano, nelle (in)finite possibilità dell’essere che è anche spingersi verso limiti carnali esprimendo quelli interiori, volontà, desideri, bisogni, disperazioni. Mancassola li usa, i corpi, senza giudicare. Sono loro, sempre i corpi, che compiono gesti, azioni, muovono scenari, procurano affezioni o disaffezioni. I corpi hanno poteri, tutti i corpi. E questo romanzo senza forzature o eccessi, vi avvicina sempre di più il volto del lettore. Crea connessioni.
 
Sapeva che lei stava sorridendo. Pur non potendo vederla del tutto, e allora mosse una mano, e gli sembrò bellissimo, quasi commovente, che tra desiderio e azione potesse esserci un legame così semplice. Così immediato. Le sfiorò un seno. Seguì la curva della carne con meraviglia, con timidezza, e infine strinse, sempre più forte. Quando lei gli cercò il pene anche lui si sentì solido tra le sue mani, come non gli capitava da anni. All’improvviso si sentiva così vero, così definitivo, eccomi, ecco il mio corpo, non ho bisogno di allungarmi, non ho bisogno di deformarmi. Ecco il mio sesso tra le tue mani…
(pag.16)
 
Da notare i termini e le associazioni. Stava sorridendo. Mosse una mano. Desiderio e azione. Seno. Curva della carne. Strinse. Cercò il pene. Si sentì solido tra le sue mani. Il mio corpo. Il mio sesso tra le tue mani.
 
Lei era Mystique. La donna sopravvissuta a sedici anni di prigionia. Aveva fame di corpi, non solo quelli in cui poteva trasformarsi, ma capiva che il problema non consisteva nei corpi degli altri. Era il suo corpo a essere ormai troppo distante, pressoché irraggiungibile. Il suo corpo mutevole. Il suo corpo solitario, orgoglioso, il corpo che non accettava di mischiarsi agli altri corpi, preferendo trasformarsi in essi, conoscerli senza toccarli.
(pag.460-461)
 
Non a caso insomma, tutti gli ex super-eroi scelti da Mancassola per animare questo romanzo hanno un rapporto preciso con la propria carne: Mister Fantastic ha un corpo di gomma, Batman ha sempre fatto del corpo una diretta espressione delle proprie inquietudini, ostentandolo, coltivandolo, mantenendolo tonico e desiderabile; infine Mistique lo può mutare, il corpo, per farlo diventare chiunque voglia. C’è perfino un personaggio, tra i non super-eroi, che ne ha due di corpi.
 
Chiedo quindi all’autore:
Mi parli del ‘corpo’, centro di molti nodi in questo romanzo? Cosa rappresenta per te? E cosa esprime la scelta di inquadrare con insistenza la carne, lasciandogli il compito di esprimere, dettare ritmi e percezioni? Pensi ci sia un’attenzione più viva e marcata, sui corpi, da parte della letteratura?
 
“In questo libro come in altri, l’approccio ai corpi, è stato uno di quegli aspetti iniziati senza una precisa consapevolezza, poi me ne sono reso conto. Dopo, è diventato poetica. Anche in passato è stato così. Quando scrivo ci arrivo senza una precisa premeditazione, dopo però mi concentro sul corpo, lo faccio consapevole. Ora c’è indubbiamente più studio. Mi interessa che i corpi abbiano una dimensione cinematografica. Quasi come scene nei film, cerco di farli parlare coi gesti. Normalmente narrando tendo a restare addosso al personaggio, in modo da fargli poi raccontare le proprie percezioni. E la percezione è interna quanto esterna, dunque la voce che narra è dentro e fuori, emotiva e fisiologica. Molte delle reazione che hanno i personaggi sono fisiche per queste ragioni.
 
Il corpo è uno strumento di narrazione, per me, come lo sono evidentemente i dialoghi o altro.

Credo ne valga la pena. Concentrarsi sulla dimensione fisica significa anche, a volte, rivelare cose che il personaggio ancora non sa. In questo senso il corpo diventa un’altra presenza nella storia, che aggiunge.
 
Nella coscienza di massa sta diventando un nodo centrale. Ammesso che non lo sia mai stato, che si sia perso. È una delle nostre espressioni. Capirne le implicazioni, letterarie e metaforiche significa anche esserne consapevoli. Tra l’altro è sempre più attuale, oggi, in Italia considerando le implicazioni politiche ad esempio, di gestione di corpi (femminili o meno). Tutto questo scatena osservazioni, ci si interroga sempre di più. E’ una forte ossessione, che la letteratura o altre forme artistiche non fa altro che cogliere, evidenziare probabilmente.
 
Nella letteratura in generale, comunque, mi sembra che ci siano stimoli in proposito, forti interessi.
 
Viviamo in una dimensione di performance totale, dove il corpo è praticamente tutto. Ed è strano come questa dimensione fisica - che è apparire quanto cura di sé - sia diventata estrema. Tecnica di sopravvivenza necessaria. Ne Il corpo delle donne (documentario di Lorella Zanardo – n.d.r.), ad esempio, emerge, è evidente, come i trattamenti chirurgici per talune donne sono effettivamente tecniche di sopravvivenza. Senza, non sono.
 
Ed è anche ambiguo questo costante confronto estremo col corpo, verso i suoi limiti, diventa un processo di estraniazione. Il corpo diventa straneo perché oggettivo, perché i canoni da raggiungere lo sono, oggettivi.
E la letteratura tutto questo lo sta assorbendo.”
 
 
Un altro termine che ricorre, si sente pulsare nel corso degli sviluppi è ‘dolore’. Un dolore comunque mischiato alla carne, che dalla carne proviene e dirama, si alimenta, cresce, nutre, sfalda fino a distrugge. Un dolore che frantuma l’ipotetica perfezione super-umana e restituisce im-perfezione fragile, instabile. Dolore prolungamento del corpo, oltre i suoi limiti.
 
Prevenire il dolore? Il dolore sbucava dal nulla, ti veniva incontro come una macchina dalla nebbia. Difficile riuscire a scansarlo. In realtà, bisognava ammetterlo, lo stato d’animo di quel periodo lontano sembrava svanire rispetto a come si sentiva attualmente. Il dolore fresco faceva sbiadire quello vecchio […] Qualcosa si stava risvegliando in lui. Una massa di dolore gelido, sinistro, un dolore tale da poter essere soltanto intuito, per ora, appena accennato. Lui non aveva smesso. Aveva proseguito, tremando, ridendo, singhiozzando, sbavando per lo sforzo, ansimando per l’eccitazione, il pene duro, i muscoli tesi, le mani a modellare quel corpo gemello.
(pag.140 e 142)

Il prossimo giovedì la seconda parte.
Ringrazio Marco Mancassola.

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