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Il mistero del colpo al caveau della Banca di Roma a palazzo Giustizia (Ultima parte)

Continua da qui.

Ricapitoliamo. Tra la notte del 16 e 17 Luglio del 1999, una banda composta da circa 23 persone, compresi i complici interni che erano dei carabinieri, entrarono all'interno della Città Giudiziaria di Piazzale Clodio, a Roma. Entrarono all'interno del caveau sotterraneo della Banca di Roma agenzia numero 21 e rubarono oltre i 50 miliardi di lire, anche documenti riservati e chili di cocaina(?). La Banda era a tre teste e con scopi ben precisi.

C'era ad esempio l'ex esponente della Banda della Magliana Manlio Vitale, recentemente arrestato per un altro furto e ascoltato dal Magistrato Capaldo per il rapimento di Emanuela Orlandi.

Si dice che alcuni documenti servivano per ricattare alcuni magistrati e per aiutare Massimo Carminati; estremista di destra, uno dei fondatori dei NAR e oltre a lavorare per la Banda della Magliana intratteneva soprattutto legami con la mafia Siciliana.


In un vecchio articolo del Corriere della sera si può leggere uno stralcio di verbale di un testimone: 

«Il motivo per cui è stato fatto il furto è stato quello di prendere dei documenti che potessero servire a ricattare i magistrati e so che i documenti sono stati trovati. Mi è stato riferito che il furto sarebbe stato commissionato a Virgili da alcuni avvocati... due romani. So che l' interesse era rivolto a documenti di magistrati romani, in modo da poterli ricattare per la gestione dei processi importanti che hanno su Roma. Uno di questi si trova a Montecarlo con Tomassi e tale Giorgio Giorgi, dei servizi segreti".

Stefano Virgili è uno dei rapinatori, a Roma è conosciuto come "er mago delle vedove" ed è noto anche per aver voluto cercare di incastrare l'ex magistrato Imposimato dandogli in affitto un suo appartamento. Stefano Virgili riuscì ad ottenere un falso alibi dalla gendarmeria di San Marino e proprio in questo Stato così oscuro si stanno tuttora celebrando dei processi contro l'ex capo gendarmeria Bagnoli e il figlio, accusati da due gendarmi per aver falsificato il rapporto. Rapporto nel quale si diceva che Stefano Virgili, la notte del furto, era a San Marino.

Il legame con San Marino si fa ancora più stretto proprio perché un altro appartenente alla Banda del furto al caveau di Roma, un certo Pietro Tomassi, è conosciuto per aver eseguito un furto nel caveau del credito Industriale Sammarinese che custodiva fondi neri del SISDE.

Pietro Tomassi e Stefano Virgili guarda caso erano amici e complici.

Il furto al caveau sotterraneo della città Giudiziaria è tuttora fitto di misteri dove emerge il ruolo dei servizi segreti, mandanti a più teste, San Marino, eversione nera, avvocati eccellenti e ricatti contro i Magistrati. I documenti riservati comunque risultano non ancora trovati.

Il dato da non sottovalutare è che tutti i banditi, prima del processo, erano stati intimiditi per non parlare. Non è un caso che proprio a Stefano Virgili nel 2001, tre giorni prima che si dovesse recare alla Procura di Perugia per l'udienza preliminare del furto al caveau, la sua macchina (una Bentley da almeno trecento mila euro) fu ritrovata bruciata proprio vicino al parcheggio a pagamento della cooperativa "Mutua Nuova " gestita dalla moglie.

Ogni volta che incappo in storie dove di mezzo c'è San Marino e processi di cui non se ne conosce l'esito, in qualche modo mi ritrovo a parlare della morte di Niki Aprile Gatti. Perché? Nelle famose carte delle società londinesi che possediamo, tra i vari nomi spicca proprio quello di un certo Stefano Virgili. Un caso di omonimia? Il diretto interessato, se vuole, potrà smentirci e chiarire questo dubbio alquanto inquietante.

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