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 Home page > Attualità > Società > I video del TG1 sono giornalismo partecipativo?

I video del TG1 sono giornalismo partecipativo?

L’ho sentito con le mie orecchie, ho sentito il Tg1 autoincensarsi definendosi esempio di giornalismo partecipativo grazie ai video inviati dal pubblico... Una serie di domande mi si sono affacciate nella testolina.
 
Ammetto che, qualche mese fa, quando il Tg1 ha lanciato il progetto che prevede l’invio di video da parte degli utenti ho drizzato le antenne.

Mi sono chiesto: vuoi vedere che vogliono fare concorrenza a Current?
E vuoi vedere che, con l’eco che hanno loro, l’operazione sarà un successo?
E sono andato avanti.

Ma la gente preferirà inviare i propri video a Current in cambio di poche centinaia di euro o al Tg1 in cambio di una visibilità molto più ampia?

Dimenticate tutto... tutto a monte!

Da qualche settimana il Tg1 ha finalmente iniziato a mandare in onda i video degli utenti.



Ora io non so se dipende dalla qualità dei prodotti inviati o da come è stata organizzata la questione (ma immagino da entrambe le cose), ma il risultato è ampiamente deludente.

A parte il fatto che non mandano in onda i video interi ma fanno una raccolta di spezzoni. A parte questo, dicevo, il punto centrale è che i video sembrano tratti da Paperissima, altro che servizi giornalistici!

Per la maggior parte si tratta di personaggi che vanno in bicicletta, che ballano, che cantano...

Sembra di assistere alle prime pellicole dei Fratelli Lumiere con scene di vita quotidiana. Niente servizi, niente inchieste, niente approfondimenti, niente a che vedere con Current.

current-giornalismo-partecipativo
E naturalmente niente a che vedere con la sbandierata idea di giornalismo partecipativo.

Caro direttore Riotta, se vuole avere un’idea di cos’è il giornalismo partecipativo dia uno sguardo a questo sito, uno dei primi esempi riusciti in Italia, o faccia una telefonata a Tommaso per capire come funziona Current.

Però, la prego, elimini la sezione video (peraltro irraggiungibile) da un sito che pian piano si stava integrando in maniera discreta nel mondo web 2.0.

Commenti all'articolo

  • Di Rocco Pellegrini (---.---.---.2) 2 febbraio 2009 14:47

    E che volevi aspettarti dal mondo del TG1?
    Avvertono che il giornalismo partecipativo vero è all’attacco ed allora replicano con dei giochetti che, semplicemente, dimostrano che loro non hanno capito niente.
    Eppure esistono nel mondo esperienze di media che si sono aperti, veramente al contributo dei lettori-autori, ma la cultura della rai è un’altra e, purtroppo, molto arretrata quale che sia il direttore di turno.
    Uno di loro, che scrive anche per noi, ebbe un colloquio con un pezzo grosso che gli disse: ......tu sei troppo esperto di nuovi media e dunque inadatto a condurre un tg!....
    Altro che chiacchiere.

    • Di soloparolesparse (---.---.---.167) 2 febbraio 2009 14:58
      soloparolesparse

      La situazione è molto vicina a quella che presenti. Ho avuto esperienze simili anche in Mediaset, dove ci sono alcuni personaggi in grado di comprendere il web2.0 che fanno una fatica inspiegabile a farsi valere (e di conseguenza a trovare fondi per lo sviluppo di progetti interessanti).

  • Di m.c. (---.---.---.230) 2 febbraio 2009 15:25

     che il tg 1 (o qualsiasi altro) si definisca "partecipativo", a qualunque titolo, e’ come se erode si definisse amico dei bambini o bossi amico dei meridionali o kissinger amico della pace.
     il solo fatto che al tg1 possano impunemente pronunciare simili bestemmie di fronte a milioni di persone, senza arrossire, da’ la misura del nostro livello di indottrinamento, tanto sistematico quanto, quel ch’e’ peggio, inconsapevole.

  • Di Elia Banelli (---.---.---.59) 2 febbraio 2009 16:24
    Elia Banelli

    Condivido quasi in toto l’articolo, però vorrei aggiungere un dettaglio per completezza d’informazione.
    Si è fatto l’esempio di Current come giornalismo partecipativo e si pone Tommaso Tessarolo come principale esponente di una tv fatta dagli utenti.
    Vorrei smentire questo passaggio.
    Prima ancora dell’arrivo di Current in Italia, il 24 aprile 2008 è stata lanciata Yks Channel, che a tutti gli effetti è il primo canale realizzato al 100% dagli utenti della rete (in gergo tecnico "user generated content") .
    La percentuale che Current dedica all’ugc è intorno al 30%, per cui mi pare ci sia una bella differenza.
    Non vorrei fare pubblicità, ma invito tutti a considerare anche il canale Yks, in onda tutti i giorni su Sky 863 e presto anche su Music Box (Sky 717), come principale esempio in Italia di tv creata totalmente "dal basso" , senza purtroppo gli sponsor ed il potere politico-economico della dinastia Al Gore.

    • Di soloparolesparse (---.---.---.167) 2 febbraio 2009 16:43
      soloparolesparse

      Aggiorno di buon grado l’elenco con YKS (con la quale ho avuto modo di collaborare grazie al progetto Videomarta) sebbene sia più un’esperienza di programmi di varia natura che non di giornalismo.
      Se qualcuno ha altre esperienze di giornalismo partecipativo da segnalare è invitato a farlo.

    • Di maurizio carena (---.---.---.230) 2 febbraio 2009 17:31
      maurizio carena

       forse mi sbaglio, ma non credo si possa parlare di "giornalismo partecipativo" su un medium verticale come la tv. essa e’ il suo esatto contrario.
       anche se si ostenta la fabbricazione del programma o del canale coi contributi degli utenti, vi sara’ sempre il filtro della redazione, poi il montaggio, gli interessi pubblicitari e, non ultimo, la proprieta’ stessa della produzione. troppi filtri, troppi interessi antitetici alla vera liberta’ d’informazione.

       credo che il giornalismo partecipativo possa esistere solo con la rivoluzione nella comunicazione rappresentata da internet.
       che poi i prezzolati dei mainstream stiano vomitando bile a causa del web e che, non potendolo distruggere o addomesticare, tentino di cooptarlo o di spacciarsi per cio’ che non sono, questo e’ un altro discorso.
       io credo che, quello dei mainstream, sia solo un tentativo di appropriarsi di una categoria della libera informazione, per commercializzarlo e annullarlo. non permettiamoglielo.

    • Di soloparolesparse (---.---.---.245) 3 febbraio 2009 08:20
      soloparolesparse

      Le tv tradizionali hanno però quello che serve per investire in progetti web.
      (Cosa che dovranno assolutamente fare se vogliono restare a galla)
      Partecipo da un paio di anni ad incontri con rappresentanti tv e ogni volta i risultati sono deludenti. Solo negli ultimi mesi qualcosa sembra muoversi... ma molto lentamente.

  • Di mazzetta (---.---.---.229) 2 febbraio 2009 19:03

    secondo me ha invece ragione Riotta, quello è giornalismo partecipativo nella stessa misura in cui quello di Riotta sarebbe giornalismo

    suggerisco la lettura de "la società dello spettacolo" di G. Debord, per capire bene il senso dello pseudo giornalismo di Riotta e di altri

    Riotta non ha il cruccio di informare, deve attirare il maggior numero di persone e bombardale di sciocchezze utili a farne degli spettatori, la formazione di cittadini informati è quanto di più lontano dai suoi scopi

    non a caso il premier quando parla degli italiani li definisce -pubblico-

    il pubblico è ovviamente qualcosa di diverso dal popolo o dai cittadini

    il pubblico può solo osservare passivamente, l’unica opzione che ha verso la politica spettacolare è il "cambiare canale" o il rifiutarsi di assistere allo spettacolo, così alla fine non importa nemmeno la qualità dello spettacolo, al contrario tanto più sarà banale, tanto più riuscirà a banalizzare e a dequalificare la cittaninanza in audience passiva

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