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Grillo e Hitler: il vero problema è ciò che la gente vuol sentirsi dire

In queste ore il web si riaccende e la polemica dell’ultima ora è quella che vede Grillo accomunato ad Hitler per quei discorsi fatti nel 1932 dal dittatore tedesco in odore di elezioni presidenziali.

In effetti, vi sono delle similitudini fra i discorsi del Fuhrer e quelli di Grillo, così come in molti trovano molte similitudini fra le metodiche di comunicazione di Mussolini e quelle di Silvio Berlusconi. Nel secondo caso anzi, vi sono anche molte similitudini per ciò che riguarda la storia politica dei due protagonisti: se vi leggeste l’ascesa politica di Mussolini trovereste davvero molte cose che appaiono del tutto simili.

A mio parere, la querelle non dovrebbe essere portata ad evidenziare le similitudini nei discorsi fatti all’epoca e ai giorni nostri, quanto invece studiare e riflettere su cosa la gente, la popolazione sia all’epoca che ai giorni nostri necessita sentirsi dire.

Nella Germania del 1932, la condizione sociale era molto simile all’attuale condizione sociale in paesi europei come l’Italia. Debito pubblico a livelli altissimi, disoccupazione alle stelle, una popolazione alla disperazione anche “grazie” alla dissennata amministrazione tedesca che aveva prodotto molta della crisi socio-economica del tempo.

Per ovvie ragioni quindi, l’unica strategia possibile per accaparrarsi una buona fetta di elettorato, non poteva che essere quella di far credere agli elettori che, scegliendo il “diverso” il “nuovo” l’”opposto” ai vecchi concetti di partito e di politica, si faceva l’unica scelta ragionevole nell’ambito di una necessità fremente di cambiamento.

È normale che, se ad una popolazione spinta alla disperazione si propone una persona che trascende qualsiasi logica relativa ed aderente ciò che ha prodotto disperazione, la gente di qualsiasi paese, volgerà la propria attenzione verso quella persona, ritenendola l’unica valida alternativa al vecchio e quindi alla distruzione.

Ieri come oggi, la gente ha necessità di leader che si presentino in maniera del tutto opposta a ciò che coerentemente ed in maniera condivisibile, possa portare all’idea del vecchio sistema politico che tutto ha rovinato rovinando la popolazione.

Grillo ha “copiato” i discorsi di Hitler? Peggio: li ha fatti suoi? È questo che si teme?

Non è questo il punto a mio parere. Il punto è, realisticamente, che oggi come 80 anni fa, la popolazione è pronta a seguire chiunque parli e si proponga diversamente da come hanno parlato e si sono proposti personaggi che, nella migliore delle ipotesi, hanno speso milioni di denaro pubblico per scopi personali.

Altro problema su cui riflettere: pur trovandoci in un periodo socioeconomico simile per molti aspetti ad altri periodi di crisi socio economica, ciò che non cambia è anche la modalità attraverso la quale le popolazioni – pur trovandosi in netto contrasto ed in totale disaccordo con la classe politica – sentano comunque l’assoluta necessità di esser condotti da un qualche condottiero, senza il quale sentono di non sapere come affrontare la quotidianità né tantomeno il futuro.

Eppure, è questo il vero problema e non tanto le metodiche comunicative o i discorsi da palco elettorale o palcoscenico in teatro: finché le popolazioni non troveranno in se stesse la capacità di sapere cosa si vuole e come lo si vuole, non si potrà che subire in qualche modo il leader di turno. Che pur uscendo dal coro fa in ogni caso parte del coro di cui sembra essere in contrasto.

La gente deve crescere e non aver paura di crescere. Le persone devono finalmente affrancarsi dalla dipendenza del potere che conduce le masse. Contrariamente, ci sarà sempre un leader, un guru, un “capo” che per ragioni proprie e convenienze personali, detterà alle cittadinanze regole e paletti, anche quando ci sembra che si parli di assoluta “Libertà”.

Bisognerebbe quindi prima imparare ad essere consci della propria forza e capacità di esistere al di là dei condottieri e poi – semmai – scegliere il condottiero, che più che “comandare” (lo dice la parola stessa) dovrebbe condurre le popolazioni a concretizzare le soluzioni migliori per giungere all’ormai idealistico ed idealizzato Bene Comune.

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.136) 6 marzo 2013 20:06

    Grilleide >

    Da mesi la morsa della crisi stava strozzando il paese quando l’austerità dettata dal governo dei “tecnici” ha spento anche la speranza.
    Così è partita l’ascesa del M5S.
    Dall’alto di un proscenio è stato facile intercettare la frustrazione e spargere benzina sulla rabbia che montava. Ancor più facile è stato additare le nefandezze di una certa classe dirigente.

    Adesso Grillo profetizza che con l’estate si vedrà la fine dei vecchi partiti e che entro un anno il “sistema paese” arriverà al collasso.
    Intanto sta al balcone a guardare l’incendio che divampa.
    Gli serve altro tempo.
    Non solo per “rodare” il suo manipolo di parlamentari, ma soprattutto per “validare” on line un programma di governo che non prefiguri (come ora) un disavanzo da 70 miliardi.

    Grillo proclama che la sua è una “rivoluzione di civiltà”.
    Basta “sparare” battute aspettando che la tensione sociale cresca fino ad esplodere?
    Basta “sfidare” i partiti a rinunciare ai rimborsi elettorali che il suo Movimento non può incassare non avendo uno Statuto?

    C’è di più.
    La storia narra di “giullari” diventati famosi per la capacità di irridere i potenti e snidare i loro intrallazzi. Non c’è “comico”, né attore o autore di satira politica, che abbia mai pensato di porsi alla testa di un movimento di riscossa popolare.

    In pratica.
    Il topo non sfiderebbe mai il gatto solo per dimostrare di essere più furbo.
    Si può biasimare il “politico” e dargli del “comico” (o di peggio), ma non ha senso fare il contrario.
    Un “politico” si misura dalla sua capacità di trovare soluzioni “concrete” e risolvere i problemi reali.
    Solo coerenza e responsabilità possono dare la direzione per un Ritorno alla metà

  • Di (---.---.---.194) 7 marzo 2013 23:51

    Daccordo in tutto.


  • Di Damiano Mazzotti (---.---.---.36) 10 marzo 2013 02:55
    Damiano Mazzotti

    Il vero problema nelle crisi epocali è quello di non perdere tempo in chiacchiere.

    Se pensate che Hitler sia rimasto al potere solo per le chiacchiere vi sbagliate di grosso.
    Hitler andò al potere (votato) e rimase al potere (con la creazione di un regime) grazie al fatto di aver riportato l’ordine e il lavoro in un’economia disastrata dei debiti di guerra.

    Ora le economie sono disastrate dai debiti delle banche private (basati sui derivati), dai debiti pubblici e dai debiti aziendali (le obbligazioni che non verranno pagate nei prossimi mesi).

    Molti non sanno che per risolvere la crisi sociale e per uscire dalla povertà estrema degli anni trenta, Roosevelt non si ispirò solo alle teorie economiche di Keynes. Il New Deal americano fu ispirato anche dalla pressione di un terzo partito, una specie di Partito Popolare, che stava crescendo grazie anche all’idea dei sussidi di disoccupazione, che poi Roosevelt riprese per bloccare sul nascere la concorrenza di questo terzo partito.

    E per le grandi opere pubbliche e le statalizzazioni qualcuno ha anche pensato che l’operato di Mussolini possa aver influenzato le politiche roosveltiane.

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