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Giornalismo Partecipativo: Intervista a Gennaro Carotenuto

Gennaro Carotenuto insegna Storia del Giornalismo presso la Facoltà di Scienze della Comunicazione dell’Università di Macerata, dove promuove il Master in Giornalismo Partecipativo, la prima e unica iniziativa in Italia di formazione alternativa al giornalismo commerciale.

Oltre ad aver lavorato o collaborato con grandi media come El País di Madrid, Radio3Rai, La Stampa, Latinoamerica, dal 1995 gestisce uno dei blog più frequentati in Italia ed è in uscita il saggio “Giornalismo partecipativo - La storia dell’informazione come bene comune”.

Proprio di Giornalismo Partecipativo parliamo con lui in questa intervista in esclusiva per AgoraVox Italia.

 
A.M. - Professor Carotenuto, lei gestisce da anni con notevole successo di pubblico un sito chiamato Giornalismo Partecipativo. Perchè questo nome?
 
G.C. - Più che il nome del mio sito, l’importante è il Giornalismo Partecipativo in sé, quella nebulosa di migliaia di siti che contribuiscono a spostare quote dell’opinione pubblica dal pensiero unico imposto dai media tradizionali che lavorano in sinergia con il potere, politico ed economico. Il mio sito è un pulviscolo di questa nebulosa informativa che sta cambiando il giornalismo del XXI secolo
 
 
A.M. - Secondo lei, questo modo diverso rispetto al tradizionale di fare giornalismo, può influenzare e come lo fa praticamente, i media mainstream e quindi l’opinione dei lettori?
 
G.C. - Intanto ci sono i numeri. La mia esperienza personale è quella di singoli articoli che sono stati letti da più di 30.000 persone, il che corrisponde al numero di lettori di editoriali di quotidiani medi. Questo impone ai media mainstream di fare i conti con la nebulosa, anche se non lo ammettono, anche se diffondono posizioni di chiusura netta ai limiti del diffamatorio. Di recente Gianni Riotta, il direttore del TG1, tutto un simbolo del giornalismo mainstream è arrivato ad affermare che chi sceglie di informarsi con i blog sottomette ad un pericolo mortale i mass media e la democrazia stessa. Per Riotta l’opinione pubblica è tale ed esiste solo se filtrata dai mass media, non esistono altre forme possibili di sviluppo di un’opinione pubblica meno concentrata su poche voci. Gli autori dei blog, se riusciranno (ma è questo il punto?) a cancellare i mass media, secondo lui cancelleranno l’opinione pubblica critica e di conseguenza la democrazia. Io credo che questa sia la posizione di chi per secoli ha imposto all’opinione pubblica cosa doveva e cosa non doveva sapere, anche in democrazia, e adesso sente questo immenso potere scemare.
 
 
A.M. - E’ un giornalismo che gode di una qualche forma di autorevolezza? A volte si ha come l’impressione che venga visto con una certa aria di sufficienza da parte degli operatori del settore...
 
G.C - Dipende. C’è chi lavora seguendo tutti i principi del miglior giornalismo, per accuratezza e verifica delle fonte e chi no. Anche nel grande giornalismo c’è chi lavora in maniera infedele. La differenza è che il Giornalismo Partecipativo non ha padroni come invece hanno i giornalisti mainstream spesso lottizzati.
 
 
A.M. Questa forma di fare giornalismo, intesa come processo di democratizzazione dell’informazione, sembra che trovi al momento come unico luogo di espressione soltanto la rete, è possibile che in un futuro il Giornalismo Partecipativo possa offrire il suo contributo anche agli altri media tradizionali?
 
G.C - Succede già, stanno crescendo televisioni che vanno via satellite, perfino su Sky, oppure sulle radio, pensiamo al circuito delle radio universitarie. Non stiamo inventando nulla, solo abbiamo oggi uno straordinario strumento in più.
 
 
A.M. - Una volta immaginavamo il grande giornalista nelle vesti di inviato di guerra o comunque direttamente presente sul campo, cioè “nella notizia”. Oggi questo lavoro può svolgersi comodamente seduti da casa davanti a uno schermo di un computer. Perchè dovrebbero essere disposti ad investire in viaggi e reportage gli editori se comunque c’è sempre qualcuno disposto a mettere a disposizione di tutti il suo contributo direttamente dal luogo dove ha luogo la notizia anche non essendo un giornalista nel senso classico del termine?
 
G.C. - Questo è un problema drammatico. Il modello economico del giornalismo mainstream non regge più. Finora stanno tagliando i costi e la qualità. Cosa succederà poi?
 
 
A.M. - Lei è docente di Storia del Giornalismo presso la Facoltà di Scienze della Comunicazione dell’Università di Macerata, che consiglio si sente di dare ad un giovane che voglia intraprendere oggi la carriera di giornalista?
 
G.C - Di consolidare la propria autorevolezza con lo studio indipendentemente dal media per il quale lavora o aspira a lavorare. Solo così potrà mantenere quote d’indipendenza.
 
 

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.230) 13 febbraio 2009 12:43

    interessante intervista a un grandissimo giornalista, semi-ignorato dai mainstream.
     m.c.

  • Di Paolo Praolini (---.---.---.82) 13 febbraio 2009 23:01

    Avere su AV Gennaro Carotenuto è una garanzia di fedeltà dell’informazione.
    La filosofia portata avanti da lui e dal suo blog, sono un po’ la genesi di Agoravox, per cui lo ringraziamo per il suo contributo diretto d indiretto.
    Rimarrà un primario riferimento il suo articolo sul ’Giornalismo partecipativo’.

  • Di Freedom Pentimalli (---.---.---.156) 24 febbraio 2009 16:14

    Quella di questo giornalista è una lotta contro l’unificazione dell’informazione collusa al potere politico (ed economico di conseguenza) che non può che giovare all’intera società e, per quanto possibile, credo debba essere sostenuta!

  • Di Normanna (---.---.---.129) 24 febbraio 2009 21:37

    Grande Gennaro, equilibrato, autentico, indipendente, intellettualmente onesto. Informazione, non deformazione.

  • Di Albert (---.---.---.14) 8 settembre 2009 08:32

    Riguardo l’argomento trattato in questo articolo,sono apparentemente d’accordo con il Signor Gennaro Carotenuto,che a mio parere, riserva al lettore un aspetto concreto del giornalismo italiano.
    Mi fa pensare ,inoltre ,il fatto che ,se tutti facessimo giornalismo partecipativo per comodità,ho paura che le informazioni ,verrebbero storpiate.E’ ovvio che ciò rimane sempre e solo un dubbio ,ma se dovesse verificarsi ,sarebbe grave,per tutta la popolazione.
    Resta il fatto che non sono contrario al giornalismo partecipativo ,anzi,favorevole,poichè ,se non esistesse,non vi sarebbe nemmeno il parere del cittadino.Per quanto riguarda lo scrivere sul web o su carta stampata ,è per me,un aspetto indifferente.
    Sono inoltre d’accordo con il Signor Carotenuto,riguardo l’ultima parte dell’articolo : sarebbe più corretto che,gli aspiranti giornalisti,studiassero giornalismo facendo la normale "trafila",per divenire ,un giorno reporter di successo.Al fine di godere la bellezza del proprio sogno nel cassetto.

     Grazie per l’ascolto e la possibilità di scrivere 
     concessami.
     Mano Albert

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