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 Home page > Attualità > Cronaca > Omicidio di Federico Aldrovandi: la condanna definitiva

Omicidio di Federico Aldrovandi: la condanna definitiva

E’ stata confermata dalla Corte di Cassazione la condanna a tre anni e sei mesi per “eccesso in omicidio colposo” dei quattro agenti di polizia che nel corso di un fermo a Ferarra, il 25 settembre del 2005, hanno brutalmente ucciso Federico Aldrovandi, appena diciottenne. Sono Enzo Pontani, Luca Pollastri, Paolo Forlani e Monica Segatto. Probabilmente non faranno mai il carcere ed è deprecabile che ancora siano in servizio, anche se in un altra città.

“In una sorta di delirio, agendo come schegge impazzite, anziché come responsabili rappresentanti delle forze dell’ordine, gli agenti ritennero di trovarsi davanti a un mostro dalla forza smisurata che aveva solo tirato un calcio a vuoto, e lo hanno immobilizzato, percosso fino a farlo ricoprire di ematomi”. Così ha descritto quanto avvenuto il magistrato della Cassazione Gabriele Mazzotta.

Amnesty International nel suo comunicato emesso proprio dopo la sentenza scrive di un “lungo e tormentato percorso di ricerca di verità e giustizia” ribadendo la solidarietà alla famiglia di Federico. Nel comunicato dell’associazione internazionale per la difesa dei diritti umani si legge: “In un contesto caratterizzato dalla perdurante mancanza di un organismo indipendente di monitoraggio sui diritti umani e sull’operato delle forze di polizia, richiesto dagli standard internazionali e sollecitato da tempo da Amnesty International, questa sentenza deve interrogare le autorità italiane in merito alla formazione e al comportamento degli agenti di polizia e alla loro responsabilità circa la protezione delle persone. Amnesty International Italia coglie l’occasione di questa sentenza per ricordare la stringente necessità di adeguare l’ordinamento interno alle norme e agli standard del diritto internazionale, in primo luogo attraverso l’introduzione del reato di tortura nel codice penale e l’adozione di meccanismi di prevenzione dei maltrattamenti”.

Credo personlamente che a questo punto si rende urgente e necessario veramente un percorso di ricerca, monitoraggio e vigilanza sull’agire delle forze di pubblica sicurezza in Italia. I casi Aldrovandi, Cucchi, Brianzino, Stefano Gugliotta, Giuseppe Uva, solo per citarne alcuni, fanno pensare che non si possa soltanto parlare di “cellule impazzite” riferendosi agli assassini che vestono divise dello Stato, ma che veramente all’interno delle nostre istituzioni adibite alla difesa dell’ordine pubblico e della pubblica sicurezza, si sia dilatata pericolosamente l’accettazione e la tolleranza dell’uso della forza, spesso coperta da impunità e da cameratismo tra colleghi.

Ne avevamo parlato qui.

Questo è il blog del papa di Federico.

Vedi il documentario di Filippo Vendemmiati

Click here to view the video on YouTube.

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di Geri Steve (---.---.---.243) 22 giugno 2012 19:01

    Non replico quanto già scritto qui, ww.agoravox.it/Non-li-uccise-la-morte-ma-due.html#forum53392, in questa stessa pagina.

    Giustissimo considerare e punire il reato di tortura, ma perfettamente inutile se non si attiva davvero quel "percorso di ricerca, monitoraggio e vigilanza sull’agire delle forze di pubblica sicurezza in Italia" e se non si avvia una conseguente epurazione di personaggi indegni ai vertici delle istituzioni: i superiori di un torturatore possono essere innocenti e affidabili?

  • Di (---.---.---.5) 25 giugno 2012 22:45

    Certo che non lo sono. Per questo quando si parla di punire l’impunita’ si dice che bisogna farlo fino al vertice di quella che in America latina si chiama "cadena de mando" cioè’ letteralmente catena di comando. In poche parole fino al vertice dell’istituzione.

    Siamo ben lontani da questo caro Geri Steve... fino a quando verranno considerate "schegge impazzite". 
    Grazie per la riflessione e il commento. 
    Annalisa 
  • Di (---.---.---.79) 28 marzo 2014 15:06

    @209

    curioso esempio di due pesi e due misure nell’operare generalizzazioni e l’uso dei quantificatori...

    Mi spiace blablabla... ma A VOLTE prima di parlare.....bla bla bla la vita delle forze dell’ordine che SPESSO sono accusati ingiustamente... blablabla... un arresto su un soggetto così è SPESSO una persona che fa uso di sostanze stupefacenti... ANDIAMOCI PIANO con questi giudizi COSI’ FACILI, NESSUN poliziotto e NESSUN carabiniere....blablabla

    Cerchiamo di capirci: un delinquente (faccio un discorso generico, non parlo del caso in esame) è un delinquente, se sbaglia deve pagare. Un poliziotto è un dipendente dello stato che sta facendo il suo lavoro e non DEVE sbagliare: se anche aggredito non può infierire sul delinquente dopo averlo contenuto, oltre il minimo della legittima difesa. Se lo fa, DEVE pagare come il delinquente, anzi di più: non solo perché sta sbagliando al pari del delinquente, ma perché rappresenta lo stato mentre sbaglia, abusando di una posizione di potere concessagli dal ruolo.

    Ora: se QUALCHE fermato è aggressivo e si scaglia contro i poliziotti paga per il suo errore, ma questo non autorizza i poliziotti, né te, ad operare una generalizzazione e dare per scontato che siccome QUALCHE fermato è stato aggressivo, allora lo saranno tutti e comportarsi di conseguenza con chi non c’entra col comportamento del delinquente aggressivo. 

    Analogamente, non è corretto dare per scontato che TUTTI i poliziotti siano violenti, ma nemmeno che NESSUNO lo sia per principio, come da te scritto.

    In altre parole chiedi giudizi non facili, ma hai di fatto veicolato una doppia generalizzazione a favore dei poliziotti violenti. La prima è che sia lecito dare per scontato che un fermato possa essere violento solo perché qualcuno prima di lui lo è stato. La seconda è che nessun poliziotto o carabiniere picchia per il gusto di picchiare. Li conosci uno per uno?

    Massimo rispetto per i poliziotti e carabinieri che fanno il loro lavoro con coscienza, in continue condizioni di rischio della propria incolumità... ma dare per scontato che tutti siano così, e che tutti i delinquenti siano potenzialmente aggressivi non è molto razionale, e soprattutto svilisce proprio i rappresentanti delle forze dell’ordine che fanno bene il proprio mestiere.

    Certe differenze vanno coltivate e incoraggiate invece di fare di tutta l’erba un fascio, proprio a vantaggio di chi lavora bene e rappresenta con onore il nostro sistema.

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