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Festival della felicità! L’Italia è contenta… nonostante tutto!

A Pesaro c’è il “Festival della Felicità”, fino al 5 giugno dieci giorni di incontri, confronti, spettacoli, su una tematica interessante: l’opportunità di sostituire il concetto di PIL con un indice che meglio rappresenti lo stato di benessere di una Nazione. Anche in Italia intellettuali, economisti, filosofi, opinion leader, si stanno confrontando in proposito mentre però esplodono due nuove figure: i workaholic (alcolizzati da lavoro) e i Neet (una nuova generazione di disillusi).

Il Festival della Felicità ci racconta di un’Italia divisa tra una doppia personalità: se domandiamo ad un imprenditore italiano come va la sua azienda, il più delle volte risponderà: “non c’è male”. Se poi gli chiediamo come va il suo settore e il suo Paese dirà: “va a rotoli”. La doppia personalità è insita in noi e fotografa l’ultimo paradosso italiano: “la realtà cambia nella nostra percezione a seconda della scala in cui la osserviamo – afferma Nando Pagnoncelli, presidente dell’Ipsos al Venerdì di Repubblica – più il contesto è personale ed intimo più siamo soddisfatti. Ma se volgiamo lo sguardo a ciò che è più distante da noi allora il quadro diventa fosco!”. Insomma, il clima di sfiducia verso la politica non si riflette nella vita privata che è più appagante di quanto si immagini: il 15% degli italiani dichiara di essere estremamente felice, il 46% molto felice, il 30% felice con qualche riserva. Chi si dichiara poco felice rappresenta meno di un italiano su dieci.

Ma gli ottimistici dati dell’Ipsos sono in controtendenza rispetto a quanto emerso dalle ultime ricerche Istat che, del mondo giovanile, fotografano una situazione inquietante: 2 milioni di giovani compresi tra i 15 e i 29 anni (con un maggiore concentramento al sud) sono disillusi, depressi, insoddisfatti e demotivati: non studiano, non lavorano, non frequentano corsi e non sono in cerca di alcuna occupazione. E’ la generazione NEET, acronimo che sta a significare: Not Employment, Education and Training, ne abbiamo parlato in questo articolo.

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Ai Neet si aggiungo i Workaholic: una nuova generazione in carriera, raccontata da Andrea Castiello D’Antonio nel suo nuovo libro “Malati di lavoro”: dipendenti dalla scrivania, del lavoro ne hanno fatto uno stile di vita e una patologia, non riuscendo facilmente ad allontanarsi dalle proprie occupazioni professionali. L’autore spiega come distinguere e gestire questa dipendenza per poi illustrare le caratteristiche di tale patologia: elevata ambizione professionale, necessità di avere tutto sotto controllo, perdita del concetto di privacy, incapacità nel rilassarsi, disturbi nel sonno e rigidità comportamentale.

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Eppure, nonostante tutto, il Festival della Felicità fa ben sperare e propone di staccarsi dall’ansia che rovina il nostro buon umore, innanzitutto liberandoci dall’ansia legata alla carriera e dalle catene del PIL che “non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia o la solidità dei valori familiari, l’intelligenza del nostro dibattere o l’onestà dei nostri pubblici dipendenti. Non tiene conto né della giustizia nei nostri tribunali, né dell’equità nei rapporti fra di noi. Il Pil non misura né la nostra arguzia né il nostro coraggio, né la nostra saggezza né la nostra conoscenza, né la nostra compassione né la devozione al nostro paese. Misura tutto, in breve, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta…”.

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