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Entanglement. Fra Chronos e Aion

 

Colgo l’occasione della critica di un lettore al mio articolo 3/4 D-svelamento pubblicato su http://www.agoravox.it/3-4-D-svelam..., per ritornare su di un aspetto cruciale della mia riflessione.

Sempre a proposito di quella Coerenza di Sistema cui si riferisce il mio primo intervento su AgoraVox, mi riservo di tornare sulla questione dell’entanglement sottolineata dal titolo, cercando di integrarne i nessi con gli approcci teoretici di Emanuele Severino e di Frank Tipler. 

A titolo puramente indicativo, fatto salvo l’implicito costante rimando a quanto scrivo in CortocircuitOne, sull’entenglement si può intanto consultare l’omonimo testo di Massimo Teodorani pubblicato nel 2007 da Macro edizioni. 

 
 


Caro Ascanio, 

 

non te ne voglio affatto per le tue ’rimostranze’, anzi ti ringrazio della critica spassionata e ne approfitto per ’rilanciare’... Quanto allo stile sai, ogni ‘artista’ ha il suo. Non puoi comparare Michelangelo a Kandinsky; il secondo è più astratto del primo e, senz’altro può non piacere. Tuttavia quello che li accomuna è molto probabilmente la diversa traduzione formale di uno stesso essenziale problema che sta sempre, parafrasando il titolo di un libro di Ilya Prigogine, Fra il tempo e l’eternità.

 

Visto poi che affermi di capire il 50% di quanto dico, mi permetto di rinviare anche te, come ho fatto con gli altri interlocutori che hanno sollevato le loro più che legittime perplessità, all’insieme di ciò che ho fin qui ’raccontato’ su AgoraVox. Il problema sta forse tutto nell’altra metà che manca all’’appello’... 

Spero che tu possa unirti a quanti, al detto appello, rispondano finalmente in modo consono, svegliandosi da un sonno la cui ragione infinita non interessa solo un Morfeo fra gli altri illustri dormienti.

 

Tanto per non perdere il vizio, a proposito dell’esistenza solo concettuale del tempo che tu confermi, provo ad integrare la tua limpida precisazione con qualche ulteriore ’torbida’ osservazione. Del resto, se non capisco male, mi sembra che il problema di comunicazione che sollevi stia forse nella diversa prospettiva dalla quale vediamo la cosa. 

 

La mia è una prospettiva ontologico/filosofica che dichiaratamente vuole analizzare la convergenza forte del ‘più centrale’ Senso per mostrare come sussista una chiave interpretativa (la cosiddetta dialettica) attorno alla quale si aggregano storicamente gli aspetti semantici che dominano ed ‘informano’ la visione del mondo dal vertice della piramide o dal centro della sfera culturale e sociale. Il tutto, a ‘cura’ di quella Noblesse d’Etat della quale ci diceva un libro di Pierre Bourdieu. 

 

Nel generale tea-trino, ritengo che la concezione del tempo giochi a sua volta un ruolo essenziale. Tempo reale e Anno zero, sono ad esempio metafore forti di quello che Hegel chiamava appunto lo spirito del tempo. Occorre però ben comprendere la relazione storico/culturale fra spirito e tempo. In quella che Pier Aldo Rovatti ebbe occasione di definire “la posta in gioco” e che io chiamo guerra della verità, che il tempo si caratterizzi nei classici termini cronologici o si connoti come una sostanziale ‘illusione’, ha delle implicazioni più rilevanti di quanto possa sembrare. E ti posso assicurare che la detta guerra, che di recente un qualche non meglio identificato ‘vertice/centro’ di un certo rilievo ha voluto infinita, non l’ho inventata io. Io cerco piuttosto di decifrare per così dire la psicologia storica e le tecniche strategico/comunicative che informano l’interessente diatriba fra guerra e Verità.

 

Se è vero che attraverso la gestione forte del modello dialettico/triadico si fa storia e se da quel modello di fatto non si esce, risulta forse opportuno che ciascuno si renda conto della sua portata e delle sue implicazioni, affinché se ne possa eventualmente ritradurre il presunto senso in modo diverso. E, a ben vedere, la guerra del senso è quella che combattono tutti i sapientoni, sotto le mentite spoglie delle loro discipline di settore; altrimenti che gusto ci sarebbe? In ‘materia’ basta chiedersi dove vanno a ‘parare’ i milioni di pagine scritte, qual è la loro risultante dal punto di vista della teoria dell’informazione e di quello delle statistiche e delle intellighenzie elettorali. Cosa si enuncia veramente? E chi ‘paga’ di più per quello che si dice?

 

 

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Tu rilevi come tutto quanto si aggiunge alla semplice constatazione sull’assenza del tempo abbia effetto fuorviante. Allora pare davvero che a fuorviare siamo in parecchi. Vediamone qualcuno fra i più rilevanti.

 

 

Nel testo di Tipler dal quale ho riportato l’estratto, oltre a parlare di “confine di tutto il tempo futuro” e del “limite di tutte le sequenze temporali” (pag. 110), l’autore sviluppa guarda un po’ un paragrafo dedicato al rapporto fra la concezione del tempo, la filosofia di Heidegger ed il Nazismo (pag. 72-83). Fra le altre amenità, Tipler racconta anche delle sue ‘scornate’ con il collega Roger Penrose (l’autore de La mente nuova dell’imperatore) a proposito del confine-c futuro, ma lascio a te di proseguire l’indagine su questo illuminante testo di difficile reperibilità tradotto da Mondadori nel ‘95. 

 

In Le cose e i loro nomi, Giuliano Toraldo di Francia (fisico della Normale di Pisa), ancorché da un lato metta in discussione la ’realtà’ del tempo, afferma che le rivoluzioni legate ad esso sono le più difficili da assimilare e peraltro conferma sostanzialmente il senso della cosiddetta freccia temporale, dunque di una oggettiva direzione storica dei fenomeni. 

Il testo di Toraldo di Francia è interamente caratterizzato da un approccio filosofico alla questioni trattate, ivi compresa quella dell’heideggeriano rapporto fra Essere e tempo, come titola una delle opere più famose del filosofo tedesco. A proposito di Heidegger, di Sein e di Zeit gli ’addetti ai lavori’ sanno anche come, nel 1933 sullo ’spirito’ di quella particolare question si sia innestata l’ideologia nazista (non a caso Tipler sviluppa certe associazioni che tu definiresti fuorvianti e arzigogolate).

 

Nella quarta di copertina di Le leggi del caos Ilya Prigogine (premio Nobel per la fisica), si ’schiera’ a sua volta per la storicità dei fenomeni, precisando come l’eternità (intesa come assenza del tempo) possa essere associata solo alla morte. La cosa interessante è che, in quelle stesse righe, Prigogine associa strettamente la condivisione dell’idea della freccia temporale al suo rigetto della concezione teocratica. Nella dedica che nel ’96 mi fece sul libro citato, Prigogine scrisse in francese "Leggi con coscienza". Ed è appunto quello che cerco di fare; fino in fondo.

 
Infine, a puro titolo di cronaca mi limito a registrare che Enrico Bellone, negli anni in cui assunse la direzione di Le Scienze, pubblicò presso Boringhieri Il mito della freccia temporale. Con riferimento alle interpretazioni contrastanti della fisica quantistica Le Scienze all’epoca pubblicava peraltro anche articoli sui viaggi nel tempo.

 

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Anche in ’ragione’ di quanto ho qui sopra sommariamente richiamato, non concordo dunque con la tua (sotto)valutazione e, a fronte della tua preghiera, sempre se ci riesco, cerco di chiarire il senso del mio arcizirigoggolaggio circa una piucchepresente dimensione che non ritengo affatto sia così semplice come tu sostieni, né tantomeno siano “senza significato e senso alcuno”, come tu ritieni, le riflessioni che si fanno intorno ad essa. Sembrerebbe piuttosto che sia in particolare in relazione a quella temporale dimensione che si gioca la più ’divina’ partita. Ivi compresa quella della più o meno apocalittica fine della Storia. 

 

Vengo ora all’obiettivo di cui mi chiedi.

 

Come ribadisco costantemente in ciò che scrivo, una cosa è cianciare genericamente della convergenza forte del potere, della sua concentrazione in ’Uno’ e via discettando, altra cosa è cercare di mostrarne il complesso stratificato effetto di realtà. Chi ha la pazienza di leggermi sa come io ritenga che sia una stessa forma mentis a determinare il senso delle discipline che ’contano’, la loro ‘parallela convergenza’ e la prassi storica che ne discende. La creatio ex nihilo della teologia, il cacciariano geo-filosofico Ni-ente, il Big Bang della cosmologia e la relativa singolarità della fisica, insieme a tutta la serie delle loro derivate concettuali giù giù fino alla pubblicità delle merendine, hanno in comune una matrice semantica fondamentale riconducibile in toto a quel monolitico pensiero unico che alcuni hanno motivo di criticare. Laddove Gadamer scrisse Verità e metodo occorre precisare come i ‘piani alti’ del sapere e del ‘suo’ potere, pretendano di associare la Verità ad un determinato aproccio, quello stesso che Sir Popper sosteneva essere l’unico metodo. E’ a quel metodo che Paul Feyerabend contrapponeva il suo “against” ed il suo anarchismo epistemologico. Da parte mia, non ritengo che quella matrice fondamentale del Senso possa essere superata, per quanto mi concerne essa è anzi la stessa tanto in Hegel quanto nel Tao o nel dualismo della Maya induista. Ritengo però che quella stessa figura debba essere diversamente gestita anche in relazione alla concezione del tempo che, come noto, nella versione corrente è ormai soggetto a totale misura e relativa monetarizzazione. Dunque, se il tempo non c’è, tanto meglio, prendiamone atto in relazione al senso del divenire, non abbiamo neanche più bisogno di fermarlo per scendere... Ma attenzione, se il tempo non c’è, come accade nella pubblicità della Vodafone, Tutto è già fin d’ora “intorno a te”: si dà solo un presente infinito da svelare, un totale onnipresente entanglement che Tutto lega. Come nel paradosso EPR e come si auspica implicitamente nel sottotitolo di www.eprouverture.com

 

Riflettere sul cosiddetto pensiero unico significa perciò, da un lato cercare di mostrare come convergono culturalmente in Uno (e trino) il senso di una concezione fisica, quello di una teologica e quello della pubblicità di un prodotto, dall’altro riproblematizzare il ‘totalitarismo’ di quel senso dominante (il modello della dialettica il cui simbolico triangolo campeggia anche sulla copertina del libro del biologo Richard Dawkins L’illusione di Dio), offrendone una diversa lettura. Nel libro citato, della questione Tipler sviluppa anche l’aspetto temporale, riproponendo in chiave fisico/matematica, accanto a quella dell’eternità, la concezione dell’Aevum già propria della filosofia scolastica.

 

Circa il divenire (e dunque anche il senso del tempo), ne La struttura originaria Emanuele Severino ha fondato logicamente un’ipotesi secondo la quale tutti gli enti sono eterni. Ho discusso l’ipotesi di Severino in CortocircuitOne. Storia di un’astrazione fatale, dove rilevo fra l’altro come egli, che definisce illusorio l’approccio di Tipler, oltre avere liquidato con troppa fretta gli argomenti del fisico americano, in materia non abbia nemmeno dedicato sufficiente attenzione alle prospettive metafisiche delle tradizioni filosofiche orientali. A mio avviso, Tipler e Severino, come del resto il sottoscritto, alla resa dei conti si collocano sulla stessa ‘frontiera’ teoretica, sulle cui implicazioni ritengo vada ecologicamente superata la weltanschauung dominante, alla ’luce’ di quella che chiamo Coerenza di Sistema.

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Qual è il mio obiettivo dunque? Come ho espressamente dichiarato in CortocircuitOne e come risulta dalla mission di EPRouverture,quello di coniugare vertice e base della ‘perversa’ piramide della conoscenza, di non lasciarne a pochi ‘intimi’ la titolarità dei flussi informativi e la relativa gestione del loro senso; o anche, citando il libro di Jerome Cottin, di mostrare il nesso fra Dieu et la pub, vale a dire di svelare gli arcani che dominano l’economia, il mercato e la ‘loro’ creatrice D-istruzione; o ancora, detto con uno slogan politico d’accatto, di ‘mandare a casa’ (nei simbolici panni del famigerato only real pd), quanti, ipocriti tromboni di ogni sorta, tengono ben stretta la presunta chiave D Uno stesso nero Senso, per fornirne a ciascuno ‘copia conforme’. 

 

Visto la storia da incubo che viviamo, mi si lasci almeno coltivare un sogno parallelo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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