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“Down with NGO thieves”, scrivono sui muri d’Haiti

Note da Haiti nell'anniversario del terremoto. Spesi qualche miliardo di euro, crescono i campi profughi, resistono le rovine nelle strade, dimenticati i villaggi. A Natale una "boat people" affonda con 112 haitiani in fuga dalla Repubblica delle ONG.

Da Haiti scrive Francesco, è l’anniversario del terremoto, sono stati spesi miliardi di euro dalle oltre 10.000 ONG e dalle decine di enti nazionali e internazionali dell’industria dell’assistenza. Risultati: incredibilmente inferiori agli investimenti e al rumore della grancassa del aid marketing. Lo dicono tutti, anche gli organi ufficiali. Nel frattempo, mentre tutte queste immense risorse erano dispiegate, 7000 morti di colera.

La povertà gestionale, la spiega dai campi profughi Francesco, volontario, fuori dal sistema:

La mia paura, come quella della gente, è che si ripeta quanto accaduto in tante parti del mondo dove i campi profughi sono diventati un business. Per l’industria dell’assistenza che continuava a procacciarsi denaro per mantenerli; per gli operatori che bivaccano e guadagnano fior di soldi; per i governi che trattengono parte dei fondi; per la mafie che si creano per spartirsi gli aiuti e per gli abitanti più furbi che approfittano dei soldi che girano. Qua sta ripetendosi quanto denunciato in altre situazioni analoghe. Basti pensare che solo Save The Children spende USD 200.000 al giorno di stipendi per funzionari locali; si calcola che almeno 15.000 haitiani lavorino, nelle forme più diverse per le ONG e tanti per fare nulla all’interno dei campi. Per i donatori dei messaggini questi sono soldi spesi per la ricostruzione di Haiti.

Quanta gente c'è ancora nei campi profughi è difficile stimarlo nell’approssimazione generale, si pensa almeno 650 mila persone in 800 campi che da provvisori stanno diventando brutte baraccopoli, senza servizi, senza sicurezza, senza prospettive per gli abitanti. L’ultima moda è quella di costruire delle casupole di compensato (costo euro 7000) destinate a sfasciarsi con le piogge e a dare l’impressione di stabilità dove tutto dovrebbe essere solo una sistemazione d’emergenza, per ricostruire le case e dare opportunità alla gente rifugiata di tornare alle loro attività, nella capitale e nei villaggi.

Nel 2011 sono stati spesi USD 1.500 per ogni rifugiato, il doppio o il triplo del reddito pro-capite annuo. L’economia degli aiuti e dell’assistenza (invece che dello sviluppo) sta annullando l’economia agricola dell’isola e ha indotto i contadini a venire nella capitale ad allargare il numero dei rifugiati che, nel gran marasma della distribuzione d’aiuti, almeno riescono a sbarcare il lunario.

Pochi i soldi investiti nei villaggi e fuori dalla capitale per sostenere economia e servizi per le persone nelle comunità d’origine. Si spendono milioni di euro ma anche a Port au Prince rimangono macerie nelle strade ed il simbolo dell’inefficienza degli aiuti, il diroccato palazzo presidenziale. Hai ragione se devo fare una stima su 100 progetti che ho visto (quasi tutti concentrati sull’educazione e la sanità) solo una decina hanno un senso, sono in fase di completamento, non sono costati cifre iperboliche.

L’eccellenza è qui minima, come l’impegno serio verso i beneficiari anche da parte degli operatori internazionali. Per mantenere in piedi la baracca di uffici, macchine, stipendi, case, viaggi aerei degli espatriati va via oltre il 30% dei soldi che arrivano qui (già al netto di quelli trattenuti per i costi amministrativi in Italia o negli altri paesi), più c’è tutto il personale locale, la corruzione, i costi sovrastimati.

I cosiddetti operational costs, in un industria privata raramente superano raramente il 22%. Gli affitti nella capitale sono saliti alle stelle, le jeep bianche delle organizzazioni internazionali sono il mezzo più diffuso, i bar dove gli espatriati s’inciuccano e trovano prostitute sono le altre, uniche, nuove fonti di business per gli haitiani. Questo è accaduto ovunque, in Kenia, Congo, etc. dove tante organizzazioni umanitarie hanno trovato fonti di reddito.

Tu avevi citato il libro-denuncia della Linda Polman, L’industria della solidarietà, anche qui tutto è come sempre. Non sorprende che sulla strada verso l’aeroporto sia comparsa la scritta “Down with NGO thieves”, che dovevo fotografare".

Ho letto della storia scandalosa dei 2 o 9 milioni scomparsi dal Consorzio Agire (che già aveva cercato di soffiare la pubblicità della costruzione di un ospedale alla seria Fondazione Rava) ma l’accaduto, a parte il truffone, non è differente da tante altre organizzazioni. Il terremoto d’Haiti è stata la grande, e forse ultima dato il disincanto dei donatori, occasione per l’industria dell’assistenza di fare il pieno di soldi pur non avendo le capacità e competenze per spenderli, per di più una raccolta, forse superiore, alle reali esigenze.

Per molti è stato il modo per salvare i bilanci per almeno un decennio, per altri d’investirli e cavare profitto per mantenere le strutture. Qualche giorno fa, qualche centinaio di persone, funzionari delle ONG e beneficiari coscritti sono sfilati nella capitale per chiedere maggiore trasparenza nella gestione dei fondi internazionali. La cosa curiosa è che uno degli organizzatori era Action Aid, uno dei membri fondatori e dirigenti del Consorzio Agire.

Che, posso dire, non è un simbolo né di efficienza né di trasparenza. Marco De Ponte, burocrate di Action Aid ha dichiarato:

La fiducia nei grandi donatori internazionali è stata tradita”. Lui è presidente e legale rappresentante del Consorzio Agire che ha dato 9 milioni di euro per la gente di Haiti ad un promotore finanziario radiato dall’albo.

Sono andato un po’ a verificare quanto racconta Francesco dal campo e mi sono imbattuto sul Web in tante considerazioni simili. "Our concern is that we are using up the relief funds faster and longer than we anticipated”, dice Sam Worthington, presidente di InterAction, un ombrello di ONG americane.

“The cost of running camps is enormous. It is a massive and costly enterprise. The United Nations Development Program and the World Food Program also spent $60 million hiring Haitian camp dwellers to do odd jobs. Doctors Without Borders dichiarano che "transportation alone cost $19 million”; World Vision, dichiara di aver speso $24 million in costi di gestione e ”program management”.

"That’s about 22 percent of the money the group spent here. If you come to Haiti now, it looks like the earthquake happened yesterday,’‘ ha dichiarato Karl Jean-Louis, di Haitiaidwatchdog.org e aggiunge “To me, the money went to expatriate operational costs. If you can’t see it, it’s going somewhere”.

Le Monde scrive che ad Haiti sono passati oltre euro 5 miliardi (fra donazioni di stati e privati), molti, come abbiamo scritto non sono mai arrivati, il governo haitiano ha ricevuto 1 centesimo di ogni euro stanziato ed è, di fatto, escluso dalla ricostruzione. L’articolo ha come titolo “La ricostruzione avanza al passo di una tartaruga”, intanto la gente inizia a scappare.

Una boat people con 112 persone è naufragata, proprio sotto Natale.

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.194) 2 febbraio 2012 10:58

    A che serve creare uno spazio per i commenti se poi li rimuovete????

    Come responsabile comunicazione di AGIRE- Agenzia Italiana per la Risposta alle Emergenze (www.agire.it) ho risposto a questo articolo in cui sono contenute - oltre a punti di vista condivisibili sulla situazione ad Haiti - pesanti inesattezze relative all’organizzazione che rappresento.
    Il mio commento, con link a documenti che correggono oggettivamente le informazioni da voi erroneamente riportate, è stato cancellato!

     Il vostro "citizen journalism" come voi stessi lo definite, è così fazioso da ammettere solo il punto di vista che decidete di prendere in considerazione, magari senza nemmeno verificare le fonti? Che ne è del diritto di replica? E dell’etica dell’informazione?
    Giornalismo partecipativo non significa rimozione del dovere di verifica delle fonti né libertà di diffondere false informazioni.

    Inutile pubblicare altri documenti che probabilmente farebbero la stessa fine. Ancora una volta vi invito a verificare le notizie che pubblicate e a contattarmi per chiarimenti: [email protected]

    Maddalena Grechi - Responsabile Comunicazione di AGIRE

  • Di (---.---.---.152) 3 febbraio 2012 20:56

    Non so perchè il commento è stato tolto, comunque è presente nel sito originario crespienrico

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