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Chi ha detto che Silvio ha perso?

Siamo in giorni concitati, il risultato schiacciante del Pd ha colto tutti di sorpresa ed ora c’è una nevrotica calca davanti al carro del vincitore; adesso tutti sono renziani da tempi non sospetti: una iperbole di convertiti che corre da Casini a Vendola, passando per l’anonimo Cuperlo e il penitente Fassina. In politica vige, in forma del tutto originale, uno dei più noti postulati euclidei, come per un punto passano infinite rette così tra le terga del vincitore passano infinite lingue.

Le forze sconfitte invece si leccano le ferite. Grillo corre a suicidarsi da Farage e nel frattempo si incorona di spine a mo di promemoria; il comico deve accelerare il lavoro di ridicolizzazione del suo movimento altrimenti rischierebbe di farla diventare una vera forza di opposizione, Monti è trapassato nel silenzio più assoluto, Alfano si tiene stretto il ruolo decisivo nel governo per evitare l’estinzione e Berlusconi, tra un catetere e Fitto – per i quali è complicatissimo trovare le venti differenze – chiude all’ipotesi delle primarie e lancia una campagna di donazioni per risanare i debiti di Forza Italia.

Nonostante ciò Forza Italia resta il terzo partito del paese e gli accordi presi al Nazareno con Renzi gli assicurano una dignitosa e autorevole sopravvivenza politica.

Credo sia un errore affermare che Berlusconi sia finito, perché in questo delirante periodo è doveroso fare un distinguo per non confondere Berlusconi col berlusconismo. Infatti il più grande danno politico italiano dopo il fascismo sopravvive ed ha evidentemente un ruolo notevole… è semplicemente la sua stagione politica a chiudersi.

In pratica Berlusconi ha sacrificato il berlusconismo, oramai stremato da una mungitura ventennale, per una “concordata” e personalissima “decrescita felice” senza traumatici scossoni.

È evidente che Berlusconi in questi mesi è stato trattato con i guanti e sono state soddisfatte tutte le sue richieste: anche se incandidabile e interdetto dai pubblici uffici ha potuto fare liberamente campagna elettorale, grazie a una condanna ai servizi sociali che ha l’acre sapore della farsa, inoltre mantiene stretto un ruolo decisivo nelle pericolosissime e anticostituzionali riforme di Renzi ed infine, nonostante una condanna definitiva, resta il capo indiscusso della terza forza politica del Paese. Dobbiamo ammettere che come dolorosa sconfitta non è poi così male!

Ovviamente questo trattamento – unico nel suo genere – avrà avuto un prezzo, e cioè prestare il destro a Napolitano e Renzi per un indolore passaggio di consegne del paese, ma in fondo era anche arrivato il momento.

Berlusconi sta dismettendo tutto il suo carrozzone al grido: “Io per me e Dio per tutti” e pian pianino assisteremo alla stessa lenta ed inesorabile trasmutazione trasformistica che ha caratterizzato la diaspora dei vecchi partiti durante la stagione di mani pulite. Ma con una sola differenza: in questo caso non esiste più una reale alternativa. Allo stato delle cose non c’è più nemmeno l’ombra di un bipolarismo reale o possibile, perché non esiste più una reale compagine progressista nel panorama politico italiano.

Si è creata dunque una nuova anomalia italiana che mette in seria crisi il processo democratico, un’anomalia che prende la forma del monopartitismo. Ora esiste una sola enorme forza caleidoscopica e trasversale con un’attrazione imponente ed intorno ad essa gravitano grame e sparute meteore senza sostanza e dalla vita breve.

Anche per questo risultato dobbiamo ringraziare il berlusconismo, il quale, prima di venir fagocitato dal nuovo mostro di Renzi, ha decostruito e monopolizzato per vent’anni il linguaggio politico del paese, ovviamente con il supporto di una sinistra tanto impotente quando arresa e asservita.

Renzi dimostra che per vincere bisogna parlare come Berlusconi, casomai con una maggiore dose di buonismo e moderazione, ma con la stessa strategia di tipo propagandistico pubblicitario. Se Berlusconi era la pubblicità dei condom, Renzi è quella del cornetto Algida, ma la canzone non cambia.

Si devono generare consensi grazie alle attese e alle aspettative e non attraverso i programmi. È il linguaggio a vincere su tutto, è la proposizione di un’offerta allettante a produrre numeri, non certo la noia deprimente del dato reale. La gente ancora non vuole soluzioni, ha pazienza, adora coltivare speranze.

Dunque chi si aspettava da Berlusconi un abbandono dalla vita pubblica, casomai per vederlo potare sul balcone piccoli Brunetta comprati da un giardiniere cinese, è rimasto e rimarrà deluso. Resta sempre l’ago della bilancia e il primo firmatario per le stupefacenti riforme renziane, ed è sempre al timone del terzo partito politico del paese; e appena tornerà libero possiamo star certi che si dichiarerà pronto a subentrare allegramente nella maggioranza di governo, se Alfano dovesse cominciare a fare i capricci.

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.115) 3 giugno 2014 16:08

    Fare un’analisi politica senza considerare che Berlusconi è garante di alcune forze economiche è risibile.
    Quelle forze economiche hanno scelto Renzi come delfino di Berlusconi, unico garante dei loro variegati interessi: niente di più e niente di meno.
    Da qui il 40% dei votanti: il PD ha preso in media più voti ai Parioli che nel resto di Roma, medici, avvocati, giudici, commercialisti di grido.
    Tutti a votare l’unico che non scalfirà i loro privilegi.
    Regards

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