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"Capolavori digitali": le opere inedite di Warhol conservate su un floppy disk

Ritrovate sul floppy disk di un Commodore Amiga 1000 del 1985, diciotto opere digitali di Andy Warhol dimostrano l'apertura mentale e la sperimentazione costante del genio pop di Pittsburgh.

 
Spesso, un genio non si riconosce solo dalle sue abilità nel padroneggiare la tecnica o nella forza comunicativa delle sue opere. Un talento vero possiede una personalità diversamente ricettiva a determinati stimoli esterni, una sensibilità che lo porta ad aprirsi senza preconcetti alle novità del suo tempo.
 
Succedeva, ad esempio, nella seconda metà dell’Ottocento, quando la nascita della fotografia scombussolava l’ambiente pittorico e tra mille polemiche veniva rigettata da buona parte della classe artistica. Tuttavia, tra i suoi sostenitori c’erano alcuni nomi destinati a rivoluzionare l’arte moderna: Monet, Sisley, Pissarro colsero fin da subito il potenziale innovativo insito nel procedimento fotografico, apprezzato per la rapidità d’esecuzione e la precisione dell’obiettivo. Come si ricorda, la prima, storica mostra impressionista fu organizzata nel 1874 nello studio di un fotografo, Felix Nadar amico di Monet e Co.
 
Questa capacità di molti artisti di adeguarsi e abbracciare i cambiamenti tecnologici del proprio tempo si ripete nel corso della storia. E può accadere di trovarsi a studiare o scovare opere inusuali rispetto ai tradizionali supporti a cui l’arte fino agli anni sessanta ci aveva abituato. È quanto accaduto di recente, grazia alla scoperta di alcune opere inedite di Andy Warhol. Queste non erano stipate in qualche deposito nascosto o seppellite chissà dove, ma erano raccolte sul floppy disk di un Commodore Amiga 1000 del 1985, macchina potentissima e all’avanguardia per l’epoca che venne precocemente utilizzata da Warhol per i suoi lavori pop.
 
La nuova scoperta archeologico-digitale è avvenuta grazie ad un artista, Corey Arcangel che ha “studiato” i floppy dell’artista conservati all’Andy Warhol Museum di Pittsburgh e ha estrapolato il suo contenuto grazie a tre anni di intenso lavoro e all’aiuto del Computer Club della Carnegie Mellon University di Pittsburgh. Le opere sono in tutto diciotto, di cui dodici autografe, e richiamano i temi chiave della produzione warholiana: si va dalla famosa zuppa Campbell alla banana disegnata per l’album d’esordio dei Velvet Undergroud, passando per una rivisitazione pop della nascita di Venere e per un autoritratto dell’artista.
 
I 4096 colori dell’Amiga 1000 ricordavano molto la semplicità e l’intensità cromatica della grafica a cui Warhol era legato. Quel floppy dimostra come i tempi cambino e le nuove frontiere della ricerca artistica passino, oggi, per lo studio del digitale. E soprattutto ricalcano l’attitudine di Warhol alla sperimentazione: Andy è stato un pioniere anche nel ricorso alle nuove tecnologie informatiche e uno dei primi a sostituire il mouse al pennello e un dischetto da pochi byte di memoria alla carta e alla tela.
 
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