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Alluvione di Genova, mezzo secolo di nulla assoluto

Da allora tante parole ma nessuna soluzione, tante promesse cadute nel vuoto ma solo fondi sperperati o bloccati per presunte ruberie o cavilli burocratici.

“I cataclismi non conoscono misteri, gli esperti li hanno esaminati e spiegati da tempo: servono 4 mila 850 miliardi in trent’anni per un’efficace difesa del suolo e 200 miliardi erano necessari subito due anni fa. Ma per l’Italia che frana e scivola sott’acqua sono stati spesi gli spiccioli e già si sa che nessun piano organico d’intervento è previsto. Lo dice un’esperienza fatta di studi rimasti sempre tali e provvedimenti legislativi mai approvati. Un bilancio tutto negativo, al quale oggi si aggiunge il disastro di Genova.”

Queste parole non sono di due giorni fa o di tre anni fa, ma sono state scritte ben 44 anni fa da Livio Zanotti in un articolo de La Stampa dopo l’alluvione che colpì Genova nell’ottobre del 1970.

Da allora tante parole ma nessuna soluzione, tante promesse cadute nel vuoto ma solo fondi sperperati o bloccati per presunte ruberie o cavilli burocratici. E’ cambiato il vocabolario, ora va di moda l’efficace e apocalittica definizione di “bomba d’acqua”, sono cambiate le amministrazioni e i nomi dei responsabili, che puntualmente si rimpallano in modo meschino la colpa, ma l’atteggiamento nei confronti della minaccia idrogeologica – sempre più drammatica – non è mutato per nulla; nel migliore dei casi le opere di messa in sicurezza si iniziano ma vengono poi bloccate perché “inspiegabilmente” si sono esauriti i fondi, perché questo o quell’amministratore è stato arrestato per corruzione, ma tutto resta sempre fermo, tragicamente immobile davanti a una colpevole e consueta indifferenza che assume proporzioni sempre più drammatiche.

Rispetto a quarant’anni fa è cambiato anche l’atteggiamento dei media, i quali ora prediligono riempire i palinsesti per quattro o cinque giorni con ampollosi e inutili approfondimenti che non contribuiscono in alcun modo a “smuovere” le istituzioni davanti a disastri di tale portata, anzi, si adoperano alacremente per spalleggiarle ripetendo sino alla noia le retoriche dichiarazioni del presidente del consiglio Tizio e del ministro Caio di turno.

Non esiste più spirito critico nei confronti dell’evidente incompetenza di chi ci governa, è stato rimpiazzato da un’acquiescenza irritante, oramai giunta ad un parossismo che, in casi come questo, assume sempre più le fattezze di un ridicolo e aberrante nervo scoperto.

Dopo l’alluvione del 1970 Pertini, allora presidente della Camera, camminava con le lacrime agli occhi davanti alla tragedia di Genovaora le istituzioni se ne guardano bene dal raggiungere i genovesi; dopo le contestazioni al sindaco Doria, tutti restano lontani da una cittadinanza messa in ginocchio da mezzo secolo di scempi e ritardi.

Il presidente Napolitano è quasi in silenzio, forse troppo impegnato dalle sue personali vicende giudiziarie, il ministro della difesa Roberta Pinotti si è presentata con la garanzia dell’esercito, pronto a dar man forte ai soccorritori, e Renzi, ben al sicuro a Palazzo Chigi, si spreca in slogan inutili che non avranno certamente seguito, e da gran buonista loda gli Angeli del Fango”, figure di certo straordinarie ma che in un paese serio dovrebbero essere una risorsa in più non certo l’unica speranza. Anche il genovese Grillo ha preferito far sbollire la cosa, preferisce andare a Genova a bocce ferme, con il principale intento di aizzare ancora di più gli animi dei suoi concittadini già provati contro la casta. La tragedia è una risorsa e vince chi sa sfruttarla meglio. Insomma, chi conta preferisce sollazzarsi e rotolarsi nel fango, piuttosto che spalarlo.

Non esiste testata giornalistica e televisiva, partito o istituzione che non abbracci il nuovo dramma per approfittarne; sembra quasi che il disastro sia opportunamente inserito nel meccanismo propagandistico, come ci insegna il Berlusconi del terremoto de L’Aquila.

Il tragico evento è un’ appetitosa occasione mediatica, non solo è contemplato ma deve anche tornare utile: se ne parla per una decina di giorni – casomai sottolineando che è arrivato il momento dei fatti e non delle parole, ma anche queste restano solo parole – durante i quali ci si spreca in vane promesse, casomai si abbozza d’urgenza anche un bel disegno di legge che immancabilmente sbloccherà fondi che andranno in tasca a chissà chi per poi poi marcirà in silenzio tra le maglie di una burocrazia disinteressata, e passato l’effetto tutto verrà fatto cadere nel dimenticatoio. In fondo si è fatto sempre così, anche se a dire il vero ora si sta un po’ esagerando.  

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