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Alemanno, il Pincio e quelli che ci...

Alemanno, il Pincio e quelli che ci credono

Ieri mattina, Bar "da Carletto" all’olgiata. Sfoglio sonnacchiosamente "Repubblica", che ho deciso di acquistare nel quadro di una precisa strategia antisbriciolamento da cornetto. Di solito in queste circostanze, come si fa da piccoli, mi limito a "guardare le figure". Ma stavolta vengo attratto dall’articolo in prima pagina di Gianni Alemanno, che si dichiara contrario alla realizzazione del megaparcheggio nella storica collina del Pincio. Senti senti, leggiamo un pò...

Intanto complimenti a chi glielo ha scritto: una prosa leggera e fluente, quasi da elzeviro. Ecco l’esordio: "Comincio dalla volontà politica del sottoscritto: io non ritengo che sia opportuno procedere alla costruzione di questo parcheggio. Questa convinzione discende da una corretta applicazione del "principio di precauzione" che deve sovrintendere a tutte le decisioni in materia di tutela ambientale, artistica e archeologica." E chi è, Argan? Mi stropiccio gli occhi.


Passiamo oltre: "Andate oggi a vedere come è ridotto il lato del Galoppatoio investito dall’intervento: una landa desolata in cui la presenza sotterranea del parcheggio è fin troppo manifesta non solo attraverso le prese d’aria ma anche dall’emersione dal sottosuolo della massa di calcestruzzo." Giusto, penso io, sempre più incredulo. Ma ancora non mi fido: in fondo è lo stesso sindaco che si è prodotto in una ferma condanna degli aggressori dell’Ostiense che tanto somigliano ai suoi amici di gioventù, o meglio del Fronte della (sua) Gioventù. E quindi - incredibile per un sabato mattina - continuo a leggere.

"In più, nel definire l’equilibrio del buonsenso e della precauzione, c’è la non indispensabilità dell’opera pubblica progettata: i 700 posti auto pertinenziali possono essere utili per diminuire il numero delle auto parcheggiate nel Tridente, ma la loro realizzazione non risulta risolutiva per la mobilità di questa zona di Roma, obbiettivo che può essere perseguito con soluzioni alternative forse ancora più efficaci come l’ampliamento del parcheggio del Galoppatoio..."

Ah, ecco dove voleva andare a parare! L’errore non è quello di incentivare il mezzo privato, spingendo i cittadini a parcheggiare a Piazza del Popolo (cioè dentro il Pincio) o a Via Veneto (cioè sotto il Galoppatoio). Il punto è dove esattamente collocare tutte queste macchine da parcheggiare in centro: non dentro il Pincio, ma ancora di più sotto il Galoppatoio, che è quindi da ampliare.

Non una parola sul fatto che il parcheggio del Galoppatoio, capace di più di 2000 posti, è sempre semideserto, anche nelle ore di maggior afflusso verso il centro. E che quindi ampliarlo di 700 posti significherebbe renderlo deserto per tre quarti. Non una parola sulle strategie di tutte le grandi capitali d’Europa che disincentivano l’impiego del mezzo privato finanziando i sistemi dei trasporti pubblici che già in partenza sono infinitamente migliori dei nostri. Ora è tutto chiaro, ora tutto torna. Spero come minimo che abbia le sue personalissime buone ragioni.

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