Acqua: crisi idrica e speculazioni miliardarie
Il nostro paese è quello che al mondo ha qualitativamente la migliore acqua, grazie anche alle importanti risorse idriche naturali di cui disponiamo.
Eppure, statisticamente, gli italiani sono i maggiori consumatori al mondo di acque minerali.
Fino ad alcuni mesi fa la preoccupazione dell’opinione pubblica è stata indirizzata verso il continuo aumento del prezzo del petrolio, che è arrivato a sfondare la soglia dei 150 dollari al barile; molto probabilmente a causa delle speculazioni finanziarie delle grandi compagnie petrolifere: delle sette sorelle, come le definiva Enrico Mattei.
Subito, a giustificare tali aumenti, si levarono alte voci di eminenti scienziati i quali ci spiegarono dettagliatamente cose che sappiamo bene: cioè che quella petrolifera non è una risorsa inesauribile.
Oggi il costo di un barile di petrolio si mantiene significativamente al di sotto dei 50 dollari, colpa della crisi economica che investe i più importanti mercati finanziari, da quello asiatico a quello europeo e statunitense.
Il boom del prezzo del petrolio dello scorso anno è dovuto molto probabilmente al fatto che i ’grandi speculatori’ avevano sentore della crisi che si stava profilando all’orizzonte, ed hanno cercato in quei mesi di realizzare quanti più guadagni possibili a spese di intere fascie sociali.
C’è però un’altra risorsa, primaria per l’umanità, che oggi è a forte rischio speculativo e di cui quasi non si sente parlare: l’acqua!
Di tutta l’acqua presente sul nostro pianeta solo il 3% è potabile, e di questa il 2,7% è sfruttata nel settore agricolo e industriale: rimane quindi solo lo 0,3% a disposizione dell’intera popolazione mondiale.
Si può pertanto dire, senza temere di sbagliare, che a questi ritmi ciò che ci attende a breve è una vera e propria crisi idrica, tenendo presente il fenomeno della desertificazione che investe intere aree del pianeta, e che provaca un’aumento delle migrazioni di interi popoli.
Solo in Italia i dati relativi al settore acque minerali sono sconfortanti, ma danno un’idea della speculazione in atto:
177 imprese
287 marchi
3 miliardi di euro di giro d’affari
11 miliardi di litri d’acqua imbottigliati all’anno
190 litri procapite di consumo annuo
10 miliardi di bottiglie prodotte (naturalmente di plastica)
I costi sono poi insostenibili sotto tutti i punti di vista:
- costi aziendali: le aziende produttrici di acque minerali utilizzano, ovviamente, bottiglie di plastica, riducendo il più possibile i costi di produzione, rispetto all’uso di bottiglie di vetro, riciclabile all’infinito;
- costi agricoli: il settore agricolo non paga l’acqua in base ai consumi effettivamente realizzati, ma molto spesso paga in base ad un regime di forfettizzazione annuo, molto inferiore rispetto ai veri consumi;
- costo ambientale: l’utilizzo della plastica nei processi produttivi crea un problema inquinamento incalcolabile, in assenza di un perfetto ciclo dei rifiuti;
Padre Alex Zanotelli, impegnato da sempre nel sociale e in tutte le lotte che vedono in primo piano la dignità dell’uomo e il suo benessere, ha più volte sostenuto: ’l’acqua è un diritto fondamentale umano, che dev’essere gestito dalle comunità locali, dai comuni, con totale capitale pubblico e con il minor costo possibile per l’utente’.
L’acqua, insomma, non è solo un bene che dev’essere messo a disposizione di tutti, ma è un diritto universale dell’uomo: in tal senso bisogna prestare la massima attenzione, e vigilare affinchè si renda accessibile ad ogni fascia di popolazione.
Per non parlare poi della cronaca giudiziaria di questi giorni a Parma dove, nel corso del processo Parmalat, è venuta fuori un’indagine circa l’acquisto dell’azienda di Collecchio della Ciappazzi, azienda di acqua minerale di Terme Vigliatore a Barcellona pozzo di gotto, in provincia di messina, di proprietà di Giuseppe Ciarrapico, attuale senatore della Repubblica Italiana.
L’ipotesi della magistratura è che l’acquisto nel 2002 della Ciappazzi da parte di Parmalat per 15 milioni di euro, e poi rivenduta nel 2006 per un milione e mezzo, sia avvenuto per fare un favore a Cesare Geronzi, all’epoca presidente della Banca di Roma, interessato al rientro dall’esposizione verso Ciarrapico per una cifra che si aggirerebbe intorno ai 988 miliardi di vecchie lire.
L’ipotesi investigativa è che la Banca di Roma abbia ricoperto un ruolo di mediatore interessato nell’acquisto della Ciappazzi proprio per rientrare da quest’enorme buco finanziario.
Un bene come l’acqua non può essere, a mio avviso, al centro di vicende giudiziarie che vedono quali attori principali presunti corrotti e corruttori, non possiamo stare in silenzio innanzi allo sfruttamento immorale di una risorsa tanto vitale.
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