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The imitation game (l’uomo e la macchina che sa ingannare l’uomo)

Di roberto basile (---.---.---.173) 11 maggio 2015 20:32

"Una macchina è diversa da una persona e pensa in modo diverso." 

questa è una affermazione altrettanto stupida della domanda precedente, per il semplice motivo che contiene un verbo sbagliato: "pensa".
Senza tirare in ballo questioni filosofiche o religiose, artificiali ed artificiose, la questione è meramente tecnica: chiunque abbia una conoscenza diretta del funzionamento di un computer, sa che le macchine non "pensano"; semplicemente, si limitano ad eseguire istruzioni che vengono loro fornite dall’uomo.
Sono costruite per funzionare così, ed un computer soggiace alle stesse regole di un meccanismo come ad es. un orologio: fa quello che i suoi ingranaggi gli fanno fare, ne più ne meno. 
Anche tutta la letteratura fiorita nei tardi anni ’70 e fino a tutti gli anni ’90, sulla cosiddetta "Intelligenza Artificiale", è stata sempre banalizzata dai media con un sensazionalismo il cui obiettivo non era informare, ma vendere copie e fare audience. L’obiettivo della IA non è mai stato quello di creare un alias dell’essere umano: si è cercato, anche con un certo successo, di programmare il computer in modo tale che possa riconoscere una situazione nuova, purchè in qualche modo nell’ambito di uno specifico contesto previsto dal programmatore, associarla ad una già prevista e trattarla secondo le stesse istruzioni e modalità.
Tutto questo viene spacciato per "imparare"; ma il più sofisticato dei programmi, capace di accorgersi di una nuova parola usata dai terroristi internazionali nelle comunicazioni telefoniche ed aggiungere quella nuova parola all’elenco di quelle da tenere sotto attenzione, tanto per fare un esempio concreto dei giorni nostri, non potra’ mai "accorgersi" di un possibile collegamento tra gli effetti di due diversi farmaci, ad es., perchè argomento e contesto non sono "descritti" nelle sue istruzioni.

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