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Eluana e io

Di Surigatt (---.---.---.237) 7 febbraio 2009 22:12


Io abito in un paese del Lago di Como e per anni, alla stazione di Lecco, ho visto salire sul treno per Milano giovani belle, brillanti e ambiziose come Eluana, dirette alle facoltà di Economia o Giurisprudenza. Non faccio fatica a immaginarla, splendida ventunenne di una buona famiglia della piccola borghesia lombarda, con una madre riservata e religiosa che l’accompagnava al catechismo e un padre non credente ma onesto e lavoratore, spesso in viaggio per affari. So anche quanto sia difficile per i padri accettare gli handicap dei figli, soprattutto in presenza di alte aspettative, per cui non mi permetto di esprimere giudizi. Vi propongo però una scomoda ma a mio avviso necessaria riflessione di Mario Palmaro, comparsa sull’ultimo numero del mensile “il Timone” (gennaio 2009).

 

«Vogliono provocare la morte di Eluana sostenendo che la ragazza è ormai ridotta a un vegetale, che non capisce più nulla e non avverte ciò che le accade. Vi sono molti dubbi che le cose stiano davvero così. Ma concediamolo per un momento. Se così fosse, allora non sarebbe Eluana ad avere bisogno urgente di essere uccisa. Chi infatti è incosciente non desidera nulla, né in bene, né in male. Sono quelli che le stanno intorno che vedono, pensano, soffrono, piangono.

 

Ecco emergere una verità terribile: i pazienti come Eluana devono essere eliminati perché costituiscono uno scandalo insopportabile per quelli che stanno bene, per i familiari, per il personale medico, per la società intera. La modernità ha convinto milioni di uomini che si può vivere benissimo senza Dio, senza Chiesa, senza giudizio, inferno e paradiso.

 

L’impostura regge fintantoché le cose vanno bene: il portafoglio è pieno, la giovinezza regala vigore, gli affari vanno bene. Quando però il vento della sorte gira, l’uomo scopre tutta la sua solitudine e la sua debolezza. La malattia e la morte rappresentano il culmine di questa drammatica presa di coscienza. Per questo motivo, il capezzale di un malato, e ancor più di un moribondo, sono il luogo dove da secoli molte anime si riconciliano con Dio, chiedono di confessarsi, ricevono il viatico.

 

Testamento biologico ed eutanasia sono due potentissimi antidoti alle grazie che la sofferenza porta con sé. Bisogna convincere l’uomo moderno a “scegliere” la morte prima che egli possa fare i conti con la sua coscienza».

 

A questo proposito, ho notato che sia il medico responsabile della morte di Eluana che suo padre, nelle interviste rilasciate, hanno parlato più di sé stessi, di quanto fossero sconvolti da tutta la vicenda, del loro desiderio che finisca presto per tornare a una vita normale, della loro situazione di “vittime”, che della giovane e del suo attuale stato.

 

Per chi volesse approfondire la questione, suggerisco due articoli estremamente significativi:

 

http://www.tgcom.mediaset.it/cronaca/articoli/articolo440590.shtml?1

http://www.avvenire.it/Commenti/QUELLA+TOSSE+SQUASSA+LE+PRIME+COSCIENZE.htm


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