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Caso Schettino: l’oblio del perdono

Di (---.---.---.96) 5 febbraio 2012 05:43

Diciamo che io non avrei parlato di perdono, ma di rispetto. Perché perdono spesso è confuso con impunità, mentre anche nel momento della punizione un essere umano merita rispetto. Lo merita proprio perché viene punito, lo merita perché la giustizia dovrebbe essere un sereno attribuire responsabilità e chiederne conto, non un rabbioso e catartico rito volto alla demolizione altrui.

Infatti in tribunale non si userebbero mai toni e argomentazioni tipiche della piazza, non è un caso che la tortura non sia prevista dal nostro ordinamento. Società civile.

In quest’ottica vedo molti collegamenti con la Maddalena. Schettino, forse qualcuno di voi lo dimentica, non è colpevole. E’ un reo confesso, allo stato dei fatti indagato. Le colpe le stabiliscono i giudici, come i PM i capi di accusa. Quindi non sta agli uomini comuni gettare pietre, perché se andassimo a scavare nel passato di ognuno di noi, avremmo tutti la nostra bella lapidazione subita o scampata per mera fortuna. 

La giustizia non è vendetta, o moto di pancia, ma razionale applicazione di leggi. Perché ci sia una colpa ci deve essere un capo d’accusa, tecnico e codificato, e in questo caso c’è sicuramente e ci sarà sicuramente una condanna, ma forse dovremmo ricordarci che i processi li fanno magistrati e giuristi, in nome nostro, e noi dovremmo stare solo a guardare aspettando, fiduciosi nella giustizia, l’esito del procedimento.

Che i media abbiano sviscerato tutto che importa? Ammesso che sia vero, i processi si fanno nelle aule di giustizia o in televisione? Virtualizzazione del diritto, nuova frontiera della tecnologia. Dopo anni di trasmissioni tipo Forum o Uomini e Donne, finalmente il popolino si sente giudice legittimo, perché lo dice la tv, e scavalca i poteri degli organi inquirenti. Finalmente nel senso che ci sono riusciti a rimbambirci sul serio, ce l’hanno fatta. Gaber direbbe "lo avevo detto io". 

http://www.youtube.com/watch?v=0Ff3QFES8RA

Avrei una proposta per risolvere la crisi in cui versa la giustizia: facciamo fare i processi a Maria De Filippi, Santi Licheri e la D’Eusanio. Una puntata una condanna, col pubblico in studio che mette i sassolini nei piatti della bilancia.

Io non parlerei neanche di perdono, perché solo i parenti delle vittime hanno da perdonare, a me non è stato fatto niente, non ho dita da puntare. E soprattutto il perdono dovrebbe essere uno scatto mentale personale, da non pretendere assolutamente, che ha dei tempi propri quando avviene, insindacabili. E che invece spesso viene preteso nelle vittime o parenti, in nome di un’etica perdonista che spesso si associa alla punibilità. Il perdono non è legato alle condanne, ma alla ricerca di una serenità personale e come tale non può essere imposto o richiesto.

Chissà quanti Schettino ci sono tra quelli che gli puntano il dito contro, tra i fan di De Falco. Considerando i meccanismi psicologici alla base della catarsi, è lecito pensare che i più accesi accusatori disprezzino proprio ciò che non ammettono in se stessi, per la teoria dello specchio.


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