Caro Francesco,
credo che Lei non abbia colto a pieno il mio messaggio, pienamente inclusivo della sua osservazione.
"Rifugiato politico", ossia persona avente diritto a chiedere asilo politico, non è solo chi fugge da un paese per ragioni politiche (ad esempio, perché dissidente o oppositore sottoposto a repressione o discriminazione) ma è, come sancito dalla Convenzione di Ginevra, chiunque fugga dal proprio anche da una guerra, da un regime illiberale o da qualsiasi forma di discriminazione (non solo politica).
Ovviamente non hanno la qualifica di rifugiati politici coloro che semplicemente partono in cerca di un lavoro e di una condizione di vita economica migliore (i cd migranti economici).
Con ciò io:
né nego il loro diritto ad un’opportunità di vita migliore
né, obiettivamente, posso chiedere al mio Stato di aprire indiscriminatamente le frontiere e consentire l’accesso a milioni di persone che agognerebbero l’ingresso in Europa.
Occorre un equilibrio:
anzitutto regolarizzare tutti i clandestini già oggi presenti in Italia (si stima circa 650.000) che dimostrino di non rappresentare un pericolo sociale
per il futuro, controllare i flussi di accesso, stabilendo delle quote annue massime
infine, riformare la legge Bossi-Fini in modo da favorire la regolarizzazione piuttosto che la clandestinizzazione di chi viene in Italia.
Più facile a dirsi che a realizzarsi, come molte cose: non vedo, però, sinceramente alternative più plausibili...
Un saluto