Mi chiamo Nazire Bakrak, sono una donna Kurda e mi sono trasferita in
Italia nel 2006, per permettere a mio figlio talassemico di poter
ricevere cure mediche migliori, visto che la Turchia non offre cure
adeguate. Durante questi anni i miei parenti rimasti là hanno sempre
avuto ripercussioni sociali per via della nostra etnia, quella Kurda.
Mio fratello Mehmet Salih è un giovane ragazzo che da sempre ha avuto a
cuore la nostra causa, partecipando attivamente alla vita del partito
HDP (Partito degli Attivisti Kurdi). Un giorno durante l’ennesima
manifestazione pacifica organizzata dal Partito, lui e altri ragazzi
vengono arrestati dalla Polizia Turca. Avendo solo 17 anni venne portato
nel Carcere Minorile di Adana Pozanti, dove rimarrà per circa 1 anno;
durante questo arco di tempo verrà a conoscenze di un fatto scandaloso:
gli addetti alla sicurezza del carcere, con la copertura dei
responsabili ai piani alti, conducevano i ragazzi in zone segrete per
sottoporli a violenze sessuali e fisiche.
Una volta raggiunta da Mehmet la maggiore età, il tribunale di Adana ha
emesso la sentenza nei suoi confronti, condannandolo alla pena di 4 anni
per sostegno al terrorismo. Dopo l’emissione della sentenza viene
trasferito nel Carcere di Antalya. Una volta arrivato nel nuovo carcere
decide di riportare per iscritto tutto quello che accadeva nel Carcere
Minorile di Adana, descrivendo per filo e per segno le sofferenze che
tutti i giovani vivevano una volta arrivati in quell’Inferno. Recapitò
questa lettera ad un’Associazione dei Diritti Umani che ha sede a
Istanbul. L’associazione, una volta ricevuta la lettera, manda due
avvocati per parlare con lui della questione che aveva rivelato.
Gli avvocati gli dissero che l’unica possibilità era quella di fare
causa alla Prigione Minorile, e automaticamente andare contro il sistema
carcerario Turco che copriva tutti questi soprusi.
Mehmet Salih, che nel cuore ha spazio solo per la giustizia e la
democrazia, decise di fare causa, con la consapevolezza di andare
incontro ad un suicidio giudiziario.
Il processo cominciò con lo Stato turco come colpevole sul banco degli
imputati ma grazie ad una serie di imbrogli la situazione venne
completamente ribaltata. Infatti, da processo nei confronti dello Stato
divenne un processo nei confronti di Mehmet Salih. Vennero imputati a
lui altri numerosi reati, come l’aver partecipato a manifestazioni
urlando slogan contro il Governo; aver cantato delle canzoni dei
Partigiani Kurdi, canzoni molto simili alla classica Bella Ciao
italiana, e infine l’accusa più grave, quella di promuovere il
terrorismo, e aver convinto altri giovani a seguirlo nella causa Kurda.
Il processo si concluderà con una sentenza che dimostra a tutto il
mondo, quello che è la Turchia, e quello che è il sistema giudiziario
Turco: una condanna a 18 anni di reclusione. Per cosa?
Per aver semplicemente usato la propria voce come arma contro la
Dittatura Turca. Ogni anno che passa vengono tirate fuori altre accuse
contro Mehmet, che portano a un nuovo processo nei suoi confronti,
faccendogli accumulare altri anni di carcere.
La storia, lo racconto a malincuore, non termina qua. Mehmet Salih in
questi anni si ammala di una grave forma di tumore all’intestino, che lo
porta a vivere in condizioni ancora più disumane. Il suo sistema
immunitario è praticamente inesistente, e questa forma tumorale ha
portato ad altre gravi malattie, come la tubercolosi e l’artrite.
Il tumore era tenuto sotto controllo grazie ad un farmaco che veniva
distribuito dalla Stato, ovviamente senza una frequenza regolare, ma
almeno era distribuito. Nel marzo 2020 lo Stato ha bloccato la distribuzione di questo farmaco, come di altri farmaci di cui necessitano i prigionieri.
A questo punto Mehmet decide di fare richiesta al carcere di far
acquistare il farmaco dall’esterno, dai parenti in Turchia o da noi in
Italia. Il tutto gli è stato negato senza alcuna motivazione, in poche
parole lo stanno condannando ad una MORTE LENTA E DOLOROSA.
La sua vita può finire in qualsiasi momento, senza che nessuno faccia qualcosa per salvarla.
In questo periodo della vicenda Covid-19 lo Stato Turco ha deciso di
svuotare le carceri, liberando circa 100.000 prigionieri tra cui
criminali comuni, assassini e spacciatori; ad eccezione dei prigionieri
politici.
Io mi chiedo se nel 2020 uno Stato così vicino all’Unione Europea possa
commettere tutte queste ingiustizie contro un giovane ragazzo di soli 24
anni, senza che nessuno faccia qualcosa per fermare questa tirannia.
Chiediamo ad alta voce alle autorità competenti, e a chiunque
possa alzare una voce autorevole, di poter far qualcosa per smuovere
questa tragica situazione.
Nazire Bakrak, 31 marzo 2020
http://www.labottegadelbarbieri.org/salviamo-la-vita-a-mehmet-salih-bakrak/
Appello sottoscritto da Rete Kurdistan Sardegna e ASCE (Associazione
Sarda Contro l’Emarginazione)
per contatti: [email protected]