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L’Alta
Corte di Londra ha posto un limite alle tante “piroette” che hanno costellato
la tragica vicenda del piccolo CHARLIE.
In mancanza di una celere INTESA genitori-medici
il povero corpicino finirà il suo calvario presso un Centro di assistenza per
malati terminali.
Un finale purtroppo scontato. Breve sintesi.
DOPO l’infausto consulto
di diversi specialisti (tra cui l’americano portatore di una cura
“rivoluzionaria”) i genitori sono tornati alla prima richiesta di trasferire il
figlio presso la propria abitazione. INVERSIONE a U dovuta, stando al padre,
alla troppa “lentezza” dell’iter legale che ha portato la patologia del bimbo a
un punto di non ritorno. Come dire che i tempi della Burocrazia hanno prevalso
su scienza e fede.
Per contro. L’Ospedale
Great Ormond Street di Londra, insieme al corpicino, dovrebbe trasferire l’intero
sistema di supporto vitale facendosi carico dei rischi e delle ifficoltà senza
avere l’attuale autonomia gestionale del protocollo sanitario.
Da qui la
decisione del Giudice.
Che sia per una intesa
alfine raggiunta o per il trasferimento presso un Centro “terminale” il
calvario del piccolo Charlie deve finire.
Morale.
Un essere umano, per quanto
piccolo, non è solo un tenero “bambolotto”.
Non può essere la “preda” di quanti
(soggetti comuni, ma anche molto ALTOLOCATI) hanno speso fiumi di parole e di “sacrali”
pronunciamenti per non far staccare la spina e “difendere la vita umana”. Fino
a proporre il piccolo Charlie come “cavia” da laboratorio per cure sperimentali
mai validate.
Un corpicino che da tempo “vegeta”, non in autonomia, non è
meritorio di più dignità e rispetto?
Alternativa. Credenti o meno, può venire di
conforto pensare che lo spirito di Charlie sia già volato in cielo e che da
lassù sorrida guardando alle “frenesie” terrene di chi si aggrappa all’emotività
umana.
Magari suggerisce di sospettare dell’impatto mediatico di Pantomima e
Rimpiattino …