Gentile signora Antonella,
non apprezzo i discorsi sessisti e discriminatori in genere. Per questo motivo il parlare di femminicidio m’infastidisce, perché è come dire che non è un omicidio ma qualche cosa di diverso. Allora potremmo parlare d’infanticidio, di handicappaticidio, di debolicidio, di pedonicidio: insomma, bisognerebbe coniare tanti termini per quante sono le persone e le situazioni in cui una persona è più debole di un’altra e per questo motivo può subire violenza.
Non sarebbe più giusto parlare di violenza, oppressione e omicidio in genere, fra esseri viventi di pari dignità? Non sarebbe più giusto allargare il discorso a qualsiasi essere vivente (o, per lo meno, umano), che dovrebbe essere tutelato da persone e/o situazioni che approfittano della sua debolezza? Ponendo l’accento (già solo con una parola: femminicidio) sul tipo particolare di persona, si mette quella persona in un ghetto, in una categoria a parte. Non è giusto, e probabilmente non aiuta. Nessuno vieta di parlare della condizione di una parte precisa di popolazione (le donne), ma voler coniare termini e leggi ad hoc per quella parte, significa anche voler in qualche modo ignorare le altre categorie deboli (e mi si perdoni, le donne non sono TUTTE deboli e gli uomini non sono TUTTI persecutori).
Ha ragione Persio Flacco quando dice che una donna perseguitata non dovrebbe essere lasciata sola. Ma io estenderei il concetto: bisognerebbe non lasciare solo nessun essere umano che subisce oppressione, sia egli un uomo, una donna, un bambino. Per fare questo mancano un po’ i mezzi, così come mancano i mezzi per pagare una pensione adeguata a tutti coloro che se la meritano.
Trovo anche un po’ infelice il tirare in ballo la storia del marito della signora Mussolini. Sessualità con e prostituzione di minorenni sono temi già trattati dalla legislatura italiana, mentre tradimento e perdono attengono alle singole coppie. Se la signora Mussolini ha deciso di perdonare il marito, avrà fatto quello che riteneva giusto per lei - presumo (e non è detto che non c’entrino valutazioni che poco hanno di sentimentale); so però di altre donne che non l’avrebbero fatto: non tutte le donne si sentono madri del proprio marito (e fanno bene). Probabilmente c’è una tendenza di fondo che porta gli uomini ad apprezzare le giovani donne, e le donne mature a perdonare i loro compagni, ma non possiamo cambiare questo per legge; anche perché ci sono donne che tradiscono i mariti, e ci sono mariti che perdonano le loro donne.
Ho l’impressione che la battaglia femminista tenda a essere troppo vittimista e categorica, e che questo non aiuti.
Comunque il problema da lei esposto esiste, e sono d’accordo con lei che abbiamo tanto da fare per rendere il mondo un posto più civile.
Cordiali saluti,
Gottardo