Non è proprio la stessa cosa. Senza voler giudicare, per il rispetto dovuto a tutti (Welby, Englaro, etc.) perché si tratta di casi delicatissimi, serenamente si dovrebbe distinguere (e non per questioni semantiche) tra rinuncia all’accanimento terapeutico ed eutanasia (ripeto che non è mia intenzione esprimere giudizi su alcuno!).
Riporto parzialmente un articolo da Quotidiano Nazionale:
"la rinuncia all’accanimento terapeutico non vuol dire procurarsi la morte o procurare la morte ad una persona. Si accetta semplicemente di non poterla impedire. Spetta al paziente, se ne è cosciente, in dialogo con il proprio medico e con le persone che lo assistono, decidere quando e come sospendere determinati trattamenti o non iniziarne altri all’approssimarsi del termine della propria esistenza terrena"
"Da quanto ha dichiarato" il medico personale del Cardinal Martini, "il professor Gianni Pezzoli, si è verificata un’ultima crisi particolarmente grave a seguito della quale è stata prospettata l’eventualità di una alimentazione per via enterale, attraverso un sondino, e il cardinale ha scelto di non farsi praticare questo trattamento considerato l’avvicinarsi ormai imminente del termine della sua vita"
"l’accanimento terapeutico si configura come un intervento medico non più adeguato alla reale situazione del malato, perché ormai sproporzionato ai risultati che si potrebbero sperare, oppure perche’ appare troppo gravoso per le sue condizioni"
"nel caso della giovane Eluana, essa versava in una situazione clinica che era del tutto differente; non era in agonia, né stava per entrarvi, e per il suo stato clinico, la nutrizione enterale era perfettamente appropriata. Anche nel caso di Piergiorgio Welby, su richiesta dello stesso paziente, il respiratore gli venne staccato ben 45 anni dopo l’inizio della patologia; anche in questo caso, Welby, non si trovava in prossimità della morte. Si è dunque trattato di un’eutanasia volontaria".
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giuseppe