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Commento di Francesco Finucci

su Racket sulla Salerno-Reggio Calabria Una talpa avvertiva la 'ndrangheta delle indagini


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Francesco Finucci Francesco Finucci 30 giugno 2012 01:36

In Italia i progetti costano il triplo rispetto agli altri paesi UE, e questo articolo da la panoramica del perché. Continuiamo la politica industriale suicida della crescita ipertrofica delle infrastrutture, una cosa che faceva Stalin nell’URSS, costruendo fabbriche su fabbriche invece di innovare quelle esistenti, per fare tutti operai, e sappiamo com’è finita l’industrializzazione dell’Unione Sovietica. Questo da anche la cifra delle criticità (ormai crepe) della politica di "crescita e sviluppo" del governo attuale. Sappiamo bene che ciò che ci affossa è la corruzione, che tra criminalità organizzata, evasione e mazzette ci costa in termini di doppia cifra sul Pil. Costruire ancora in un terrotorio devastato dalla cementificazione selvaggia è un po’ come quei produttori di Hollywood che decidono di girare un film a Springfield, finendo in collasso finanziario perché chiunque, dall’amministrazione ai negozianti ai cittadini li frega appena può. La satira dei Simpson, anche in questo caso, insegna cose che i manuali di economia politica sembrano ignorare.
Si ignora che accrescere i fondi per un’amministrazione corrotta non fa che aumentare la corruzione stessa.
Si ignora che se si fa passare un’autostrada in un paese straniero, come sono i territori mafiosi (perché non esiste stato ma l’autorità è la mafia) si paga inevitabilmente un prezzo. Con i sovrani stranieri si giunge ad un accordo. Con le cosche non serve che uno stato efficiente, una polizia determinata e una popolazione convinta (che poi è il risultato delle altre due) che una speranza esista.
Si ignora che una politica alla Roosevelt, datemi un’infrastruttura e curerò ogni vostro male fa ridere in un paese terziarizzato come il nostro, dove la manodopera operaia è ridotta. Di più. Si fonda su una prospettiva di crescita, perché presume di poter prendere risorse dal paese stesso per ridargli slancio (soldi dello stato + manodopera salariata= crescita endogena). Invece quello che all’Italia manca, ripetuto fino alla nausea, sono gli IDE, gli investimenti diretti esteri da parte degli altri paesi che non spenderebbero neanche una lira fuori corso in un deserto come il nostro (magari anzi fosse deserto, almeno lo si potrebbe coprire di specchi per l’energia solare, invece...). Le risorse interne, purtroppo, scarseggiano, e questo perché, con certezza, l’Italia è in recessione e lo sarà almeno per il prossimo biennio. E’ un po’ come prendere una pianta e invece di innaffiarla metterla sotto il torchio per ottenerne la linfa. La pianta non se la passerà bene. Come può l’Italia?


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