A me pare che, sinora, le scuole siano state ben strumentalizzate da altri che non dall’attuale dirigenza politica. Ragazzi "educati" a ripetere acriticamente - come potrebbero fare diversamente se ad imbeccarli sono proprio quelli che dovrebbero coltivarne il senso critico? - slogan e concetti fabbricati con mire politiche, talvolta, chiedo scusa per l’espressione trita, per "bassi interessi di bottega" (leggasi della classe docente, sovente contrapposti a quelli dei discenti); verità comunicate in modo apodittico, non sostenute da ragionamenti accurati; organizzazione del lavoro in modo più utile agli insegnanti che agli alunni; nessuna possibilità per le famiglie di effettuare scelte significative; burocratizzazione delle carriere, e quindi nessuna possibilità di selezionare il meglio per chi deve ricevere un’adeguata istruzione. E via dicendo.
Tempo fa, sulla legge Moratti, il mio nipotino, allora alle medie, aveva idee ben precise; tutte negative, naturalmente. Come si può pensare di formare, in un dodicenne, idee autonome e basate sulla ragione riguardo ad un progetto di legge che non è in grado assolutamente di capire nemmeno nei risvolti essenziali, come si può essere così cinici da ficcare in testa ad un bambino i risultati delle proprie personali elucubrazioni e dei propri punti di vista? Son questi i risultati della "pedagogia" progressista?
Altro che neutralità della scuola. Nel caso specifico si può usare una sola parola: indottrinamento, e anche di bassa lega.
Occorre ripristinare una cultura del rispetto degli studenti. Non quello, falso, basato solo sull’assemblearismo e l’agitazione semipermanente, ma quello del rispetto dei discenti come persone e non come semplici utenti. Rispetto di cui sono presupposti essenziale l’affezione ad una missione che è soprattutto quella di sviluppare la razionalità dell’individuo, più che di comunicare nozioni, e la distinzione dei ruoli tra chi insegna e chi riceve l’insegnamento. Distinzione che viene a mancare, ad esempio, quando si coinvolgono gli alunni in questioni di organizzazione della scuola di Stato, per non parlare di quegli insegnanti che non si curano di stabilire le condizioni minime per la fruizione dell’insegnamento, il minimo necessario di disciplina.
C’è bisogno, sì, di una scuola neutrale (ma preferisco dire: che rispetti la persona).
Non credo che questo sia un obiettivo raggiunto dalla nostra scuola. In mancanza, vogliamo dare alle famiglie almeno la possibilità, seppur minima, di effettuare una scelta tra una scuola pubblica, che può non piacere, e una privata? Altrimenti si richia di ottenere davvero una divisione di classe: quella tra chi può permettersi di far studiare i figli all’estero e chi non può.