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Commento di maurizio carena

su AgoraVox, libertà d'espressione ma non d'insulto


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maurizio carena maurizio carena 7 febbraio 2009 16:33

 Forse per la prima volta da quando lo "conosco" non sono d’accordo con Francesco Rossolini e la cosa mi dispiace da un punto di vista umano, oltre che lasciarmi perplesso da quello culturale. Ma forse e’ solo questione di cercare di capire.
 Mi spiego.
 Ad una prima chiave di lettura i concetti dell’autore paiono pienamente condivisibili; nessuno dovrebbe insultare nessuno e non solo in questa sede. Cio’ e’ evidente; e’ come se io dicessi "sostreniamo le nostre truppe" oppure "paghiamo le tasse". Tutti d’accordo e io per primo.
 Eppero’.
 Ci possono essere guerre "sbagliate" e tasse "ingiuste". In tempi recenti, coloro che osano sostenere tali posizioni non fanno piu’ la fine di Socrate, di Gesu’, di Giordano Bruno, anche se vengono "fatti fuori" con altri mezzi.
 E’ vero, Bertrand Russell, per la sua obiezione di coscienza alla prima GM, fini’ in galera, Martin Luther king, per la sua disobbedienza civile fini’ ammazzato. In Italia don Milani, per la sua mancanza di ortodossia, venne sbttuto in una chiesetta sperduta tra le montagne, per soffocarne la voce.
 Potremmo risalire a Thoreau, l’anarco-liberale americano che fini’ in galera per il suo rifiuto di pagare le tasse, poiche’ il suo Paese stava invadendo il Messico. Potremmo scomodare persino Antigone, il piu’ antico ed eterno esempio di liberta’ di coscienza.

Ma non credo risolveremmo il problema.

 E il problema, a mio modesto avviso, e’ il seguente: chi stabilisce (e come) i "limiti" della liberta’ di espressione? Come si stabilisce cos’e’ l’insulto? Socrate, di ogni cosa, anche la piu’ evidente e banale, soleva domandarsi: " cos’e’ questo?" E la domanda e’ la stessa anche per noi, oggi.
 ...........................

 Tutti sappiamo che la netiquette di internet e’ una racolta di intenti che non vincola formalmente nessuno, fermo restando che ogni "rete sociale" com’e’ anche Agora vox" puo’, e al limite deve, darsi delle regole.
 Le redazioni dei mainstream hanno "codici deontologici" di autoregolamentazione.
 Gli stati hanno i codici penali (e quelli meno raffinati le pallottole, per i giornalisti "rompicoglioni")
 Gli stessi antichi greci stabilivalo le "regole" il nomos, i limiti ideali della polis, prima ancora della costruzione delle mura stesse della citta’.

 Nulla puo’ esistere senza dei limiti (ovvero regole). Ma essi sono la cosa, credo, piu’ difficile da stabilire, perche’ non esiste un criterio oggettivo per distinguere il bene dal male.
 Non e’ come in matematica. 
 Possiamo, piu’ o meno temporaneamente, accordarci su qualcosa, ma sapendo che, un domani, quel certo sentire, quel certo valutare, potra’ essere radicalmente modificato. E io, per quel che vale, credo sia giusto cosi’.
Ma il punto e’ un’altro. Noi non sappiamo cos’e’ l’ "insulto", nel campo della liberta’ d’espressione, specie nel web.
 O meglio, crediamo di saperlo benissimo, all’unica condizione di rinunciare alla liberta’ di espressione. E’ un po’ come la definizione di "terrorismo", non la si trova perche’ i tuoi eroi sono i miei "terroristi" e viceversa.

 Tutti aborriamo gli insulti e pochi pensiamo che all’aumentare del tono della voce aumenti anche la consistenza delle nostre argomentazioni (semmai e’ il contrario).
 Tutti vorremmo che gli "altri" la pensassero piu’ o meno come noi, specie in politica, religione, etica, nazionalismo etc... e tutti saremmo propensi a considerare "insulti" le cose che non ci garbano.

 Salman Rushdie e’ ritenuto colpevole dal miliardo di islamici di aver offeso Maometto, mentre altri "miliardi" la pensano all’opposto. Come la risolviamo? Con la guerra, come sempre...? (sic)

 Shopenauer scrisse il suo celebre libello "l’arte di insultare", in Shakespeare vi e’ un campionario praticamente infinito di "insulti".
 Mi pare di ricordare anche un Oxford dictionary dedicato al tema. Aristofane nelle sue "nuvole" prendeva in giro un po’ tutti. 
 I giornalisti di mezzo mondo vengono incarcerati col pretesto di "offesa al re". 
 Lo stesso Di Pietro e’ stato or ora denunciato dall’unione camere penali (mi pare) per "offesa al presidente della repubblica" per l’accostamento di Napolitano alla mafia (a tirare per i capelli la categoria del "framing")

 Con questo voglio tentare di mettere in luce che la stessa cosa, che in una parte del mondo e in una certa epoca, ti conduce a premi e studi televisivi, in un’altra parte di mondo ti puo’ condurre alla gogna o al patibolo.
 
 Io, ancora oggi , non so quale sia il limite da mettere alla liberta’ di espressione, ma credo che essa coincida, semplificando provocatoriamente molto, con la liberta’ d’insulto, nel senso che siccome non possiamo stabilire cos’e’ l’insulto, dobbiamo tollerarlo; e’ il prezzo da pagare, alto, lo so.

 In pratica secondo me, se si vuole la liberta’ d’espressione, si deve lasciar parlare proprio chi ci fa orrore, nella sostanza. La forma mi pare pretestuosa e relativamente priva di importanza.
 E’ piu’ grave un "vaffanculo" al personaggio pubblico di un povero "uomo della strada", poco scolarizzato e molto scoglionato, oppure, il negazionismo di alcuni professori e/o scrittori, che arrivano a negare la shoah? Io, credo sia molto peggio la seconda posizione, eppero’ sui mainstream, fatti apposta per tenere il popolino sottomesso, vale il contrario. Ma credo che per internet, che e’ un medium antitetico ai media di potere, valga l’esatto contrario. Non so se ho ragione, forse no. Ma non riesco a pensarla diversamente. A meno di non volere la censura.
 I boss vogliono andare su facebook? che ci vadano.
 I nazi o i fasci vogliono tenere conferenze sul furer o su Almirante? benissimo. Mi fanno orrore, ma se vogliamo la liberta’ di parola devono poter parlare anche loro. Soprattutto loro (sic)

 Ecco perche’ non sono d’accordo con Francesco, pur essendo nello stesso tempo d’accordo. Detesto gli insulti e le menzogne e l’ipocrisia ma purtroppo estirpando loro si rischia di butare via il bambino (la liberta’ d’espressione) con l’acqua sporca. Non so se riesco a spiegarmi.
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 I recenti atti di vandalismo sui pezzi relativi a Soru e le elezioni sarde, evidente opera di prezzolati elettorali, sono, forse, la causa del pezzo di Francesco Rossolini. Sotto questo aspetto le sue intenzioni sono piu’ che legittime e condivisibili oltre che moralmente elevate.
 Pero’ bisogna spiegarsi bene, perche’ i principi, in teoria tutti molto edificanti e nobili, poi si scontrano con la realta’ e si sa che, con le buone intenzioni sono lastricate le strade dell’inferno.
 Non vorrei che un domani, sulla base degli stessi (pur nobili) principi, il nostro governo semi-fascista o il nostro stato tutelare, ci limitasse drasticamente la liberta’ d’espressione. (e’ gia’ successo e succedera’ ancora).
 
 Io ci ho pensato. Cosa fare quando un debosciato intellettuale, un vile prezzolato cialtrone e infame viene a sputare e infangare il lavoro di un reporter che magari ci ha messo 5 ore a buttare giu’ il suo pezzo?
 Io ci ho pensato, ma non ho trovato alcuna soluzione, se non quella contingente e abborracciata, da me proposta (e ringrazio la redazione per averla accolta) della "moderazione" dei commenti e della loro eventuale (mi si contorcono le budella a scriverlo) "eliminazione"
 E questo in nome di un unico principio: l’onesta’ intellettuale.

 Non gli insulti ma l’onesta’ intellettuale dovrebbe secondo me segnare l’unico spartiacque tra cio’ che si puo’ scrivere e cio’ che e’ solo feccia da eliminare.

Ogni tipo di filtraggio e’ una fortissima censura e anche la moderazione lo e’. Certo, convengo che una qualche regola ci dev’essere, ma giudicare e’ sempre il compito piu’ difficile.
 E insulto puo’ essere un’iperbole, una sineddoche, un semplice accostamento, un non detto. Ci sono centinaia, forse migliaia di modi di insultare, con sfumature e gradazioni infinite. Esse servono ai governi per controllare la popolazione ma noi non dovremmo cadere nell’equivoco, autocensurandoci.

 Solo l’onesta’ intellettuale dovrebbe essere la sola discriminante. Ma non Cchiedetemi cos’e’, ve ne prego.
Credo che essa dovrebbe essere esercitata da tutti i partecipanti di qualsiasi rete sociale e dovrebbe essere valutata e misurata caso per caso.

 Il "Deutsches requiem" di Borges (L’Aleph) una vera e propria apologia del nazismo, cio’ che piu’ io ho sempre odiato, e’ una pagina di letteratura eterna, che farei imparare a memoria ai miei figli, se ne avessi.
Perche’ e’ scritto con l’anima e tutti possiamo, se siamo sinceri, capirlo.

 Uno scritto prestestuoso, volgare, provocatorio, anche se privo di parolacce, e anche se inneggiante al "partito delle liberta’ " puo’ essere invece molto piu’ che offensivo e insultante; esso puo’ rivelarsi intellettualmente disonesto, ed e’ solo, in ultima analisi, sulla base di questo principio che dovrebbe essere...censurato (ecco, ce l’ho fatta a scrivere la maledetta parola, la vera parolaccia).
 
 Ma non chiedetemi cos’e’ la disonesta’ intellettuale. Lo so finche’ non me lo si chiede.
 Per questo dobbiamo stabilirlo caso per caso, volta per volta. Magari sbagliando. Ma senza certezze, senza sottrarci alla fatica di porci le domande, quelle domande che dovremmo porci sempre se vogliamo avere dare un qualche significato a cio’ che scriviamo. Perlomeno, cosi’ e, nel mio piccolo.

 Non so se cio’ che ho scritto possa avere un senso, ma lo sento profondamente, e non tanto come qualcosa di "vero", quanto come qualcosa di "giusto" e chido quindi scusa a tutti per la mia presunzione.
m.c.






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