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Commento di Renzo Riva

su Avvocati precari: un popolo numeroso e senza voce


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Renzo Riva Renzo Riva 17 novembre 2010 22:08

Invece di avvocati perché non ingegneri termomeccanici, lettrotecnici, elettronici ecc.?
Oppure anche operai?

Ecco qualcosa d’analago scritto tempo addietro.

Sabato 11.12.2004
Sezione lettere de "Il Gazzettino" del Fiuli, pagina XVI

UDINE
Troppa gente
alle dipendenze
dello Stato

Bisogna ridurre il personale in esubero nell’amministrazione pubblica, per 
liberare le risorse necessarie al finanziamento delle politiche per la 
riduzione dell’insostenibile pressione fiscale, per la ricerca e lo sviluppo. 
Bloccare il turnover quale toccasana per conseguire i risultati sopraddetti è 
velleitario e propagandistico. Il fattore "tempo" è sfavorevole, perché la 
dinamica del turnover è troppo lenta nel produrre i benefici ricercati, poiché 
i risultati si conseguiranno solo nel lungo termine. Inoltre le necessità di 
reperire le nuove professionalità sconsiglia quella che potrebbe configurarsi 
come una nuova rigidità nel mercato del lavoro.
Ricordo che durante il governo dei sinistri "Prodi-D’Alema-Amato", l’apparato 
alle dipendenze statali fu sfoltito di 290.000 unità, alla chetichella, senza 
contrasti sindacali, perché le stesse unità furono poste sul groppone del 
contribuente, lavoratore o detentore di capitali; nella migliore continuità 
dell’Iri di Prodiana memoria, con prepensionamenti e incentivi. Si doveva 
invece licenziare e dare un reddito minimo di sussistenza, come normalmente 
assicurano molti Stati nostri competitori, europei o extra-europei e taluni 
anche senza corrispondere alcunché.
Invece, fino ad oggi, questo governo ha assunto circa 119.000 unità 
d’impiegati statali (non so se lavoratori). L’industria privata non assistita, 
che compete nel mercato mondiale, sarebbe fuori mercato qualora applicasse la 
ricetta statale.
Ripeto: chiunque sia al governo dovrà tagliare le spese improduttive per 
liberare risorse finanziarie, indispensabili per l’innovazione dei nuovi 
processi produttivi e la ricerca, i soli che possano permettere la competizione 
nel mercato internazionale e che potranno coadiuvare politiche di riduzione 
della pressione fiscale. Invece si continua nel vecchio malvezzo 
dell’assistenzialismo ad attività fuori mercato, con costi grandemente maggiori 
delle politiche di sussistenza per chi sarà interessato dalla chiusura delle 
stesse. E intanto il mercato del vero lavoro langue; quello assistito prospera, 
compreso l’intra- e l’extra-comunitario.
Un appunto alle sofferenze industriali del nostro Friuli.
Le odierne vicende delle cartiera Burgo di Tolmezzo ed Ermolli di Moggio 
Udinese, che operano fuori mercato. In Finlandia sono prodotte bobine di carta 
con un fronte di 11,60 metri (hanno materia prima, acqua a volontà, centrali 
nucleari). E giù a far finta di finanziare depuratori che poi non sono 
realizzati; una maniera surrettizia di finanziare i livelli occupazionali. 
Altro per l’ex-Manifattura di Gemona.
Ricordiamo ancora i nomi: Cumini? Comello? Patriarca? Dilapidarono miliardi di 
Lire d’intervento pubblico, per poi chiudere. E poi ci vengono a dire che serve 
importare manodopera! Facendo mente alla Zona Industriale di Osoppo, dicono 
niente le esperienze industriali dei gruppi Pittini e Fantoni? Nel "Gruppo 
Pittini" nell’ anno 1973 si producevano circa 180.000 tonnellate di vergella; 
nell’anno 1979 circa 360.000 tonnellate, con circa 1500 unità lavorative; 
nell’anno 1989 circa 700.000 tonnellate con circa 1100 unità lavorative; oggi 
anno 2004 circa 1.000.000 tonnellate con circa 700 addetti. Per non dire di 
tutte le piccole aziende che operano senza particolari aiuti.
Nell’apparato statale invece, nonostante "pensionati baby", scivolamenti, svii 
e deragliamenti, procedure informatizzate ed altre diavolerie moderne, 
prosperano i "lavori socialmente in-utili". Sempre per la nota teoria:
poi chi vota chi?
Renzo RIVA
Buia


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