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Commento di Elia Banelli

su Pacifici e la falsa solidarietà


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Elia Banelli 11 gennaio 2009 19:00

Caro Agorà, ti ringrazio per gli auguri che ricambio.

Non m’interessa per niente il ruolo di opinion leader "alla buona", perchè non ne sarei all’altezza.
Ho inteso soltanto nel mio articolo riportare fatti e dichiarazioni, prendendo spunto da un precedente pezzo pubblicato da Il Manifesto e sistematicamente ignorato dalla maggioranza dei media.
Cercherò di non farmi trascinare nelle polemiche personali al quale evidentemente i tuoi commenti aspirano, nel tentativo di sviare l’attenzione dal fulcro centrale del discorso.
Io non so come interpreti la lingua italiana, ma il corsivo di Pacifici che hai gentilmente riprodotto non fa che confermare il resto ed il senso dell’articolo, ovvero che la "buonafede" di Pacifici dimostrata nel comunicato ufficiale, perde di sostanza nelle mail pubbliche a Shimon Fargion. La decisione umanitaria come mezzo di sostegno per una campagna mediatica a favore di Israele e l’annuncio che la Comunità Ebraica di Roma non avrebbe neanche sborsato un euro, contraddicendo il contenuto del comunicato, sono evidenti e traspaiono dalle parole dei protagonisti.
Mi sembra evidente che la strategia mediatica, fatta di gesti, simboli, parole e azioni, ha molti collegamenti con una classica manovra di marketing o, se la parola t’infastidisce, di "abbellimento dell’immagine all’esterno".
Questi sono fatti, il resto mi sembrano chiacchere, come l’accusa gratuita di "antisemitismo", tanto per attaccare senza una minima conoscenza personale dell’interlocutore.
Ma è una tendenza diffusa purtroppo quando si toccano tabù o si criticano anche gli eccessi e gli errori "della parte giusta".
Se ti piace lo stile giornalistico di Gianni Riotta è una tua libera scelta personale, ognuno ha i suoi modelli di riferimento umani e professionali. Di certo c’è differenza tra un articolo focalizzato su un singolo episodio minore e un dibattito aperto in tv allargato al conflitto israelo-palestinese.
Magari apriremo anche noi un dibattito simile su Agoravox, spero con maggiori libertà di un direttore di telegiornale troppo attento a non uscire dai binari delle decisioni governative.





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