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Commento di Renzo Riva

su Scuola un dramma infinito: le superiori di secondo grado


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Renzo Riva Renzo Riva 1 ottobre 2010 19:20

Ecco invece una lettera comparsa ieri sul Messaggero Veneto di Udine di tutt’altro tenore rispetto a quanto scrive Patané di una insegnante dell’ITST "Savorgnan di Brazzà" di Lignano Sabbiadoro (UD).

In primo piano

Scuola, riorganizzazione e riordino inevitabili

Ancora un autunno cal­do per la scuola italia­na; ancora manifestazioni e scioperi della fame da parte di precari perché la riforma Gelmini ha causato dei tagli che, a detta di molti, sono indiscriminati, ma che, a ben vede­re, sono in realtà necessari in un contesto di risparmio col­lettivo della spesa pubblica. La Gelmini ha avviato nella scuola un piano di razionalizzazione come in tutti gli altri settori pubblici di servizi, un piano che prevede in tre anni dal 2009 al 2012 un taglio di 87.000 insegnanti e 44.500 bi­delli e impiegati. Sono tagli ne­cessari in quanto l’intento non è solo quello di risparmia­re, ma anche di snellire, di semplificare una macchina scolastica farraginosa che non funziona per renderla più incisiva e moderna; tagli che servono a limitare lo spreco del denaro pubblico che, in questi ultimi anni, si è perso in mille rivoli di sperimenta­zioni e di progetti vari. Basti pensare che nella scuola se­condaria superiore gli istituti tecnici sono stati riordinati da 10 settori e 39 indirizzi di pri­ma in soli 2 settori e 11 indiriz­zi esaustivi tutti i campi del­l’economia e della tecnologia, tagliando i doppioni e lascian­do il meglio delle sperimentazioni. La Riforma Gelmini è la prima riforma organica dai tempi della Legge Gentile che porta nella scuola regole, rigo­re e che ci mette in linea con l’Europa. Non si dimentichi che l’Ocse ha bocciato la scuo­la italiana. Nonostante il siste­ma scolastico italiano fosse molto costoso, i risultati pro­dotti da esso sono stati decisa­mente scarsi in quanto i nostri studenti non reggono il con­fronto con gli altri coetanei e invece di primeggiare nelle varie performance internazio­nali come degni continuatori ed eredi della cultura greco-la­tina, risultano agli ultimi posti dei Paesi dell’area Ocse. Sola eccezione per gli studenti del Nord-Est del Veneto e del Friuli Vg che hanno raggiunto punteggi analoghi a quelli del­la Svezia e Finlandia. Pertan­to un approfondito restyling del sistema scolastico era ine­vitabile vista la situazione di non efficacia. Il precariato è un problema storico. Siamo solidali con i 232.000 precari che aspirano al posto fisso o a una supplenza annuale. La loro si­tuazione è veramente pesante e intollerabile in una società ben organizzata, ma è il frutto della cattiva politica e del cat­tivo sindacato degli ultimi de­cenni che ha perseguito il motto: «Lavorare tutti lavorare di meno». Per molto tempo la scuola italiana è stata conside­rata un ammortizzatore socia­le senza stabilire quanti inse­gnanti fossero davvero neces­sari. Il precariato è stato da sempre, con tutti i governi di sinistra e di destra, l’ossatura della scuola italiana perché con esso lo Stato risparmia. Per anni si sono fatti corsi abi­litanti Ssis o addirittura on-line come Forcom-Pegaso... cor­si che sono serviti solo ad ali­mentare infinite graduatorie di precari divisi in tre fasce e infinite illusioni, ma soprattut­to un mercato per organizzato­ri e docenti universitari. Un vi­le espediente per diminuire i buchi di bilancio delle varie università italiane. Per anni si è giocato sulle spalle dei pre­cari. Per risolvere la situazione del precariato basta bloccare tutti i corsi di abilitazione, di specializzazione e assorbi­re gradualmente i precari abi­litati man mano che si libera­no i posti. In futuro bandi di concorso solo per i posti real­mente disponibili. Ma c’è la vo­lontà governativa di porre fi­ne al precariato? Auspichia­mo che gli 8 miliardi risparmiati con una giusta razionalizzazione siano riutilizzati nella scuola per potenziare il merito, la ricerca, le sicurezza degli edifici scolastici e so­prattutto per avere un corpo docente motivato. La scuola ha bisogno di bravi insegnanti che veramente si identifichi­no come artigiani della cultu­ra e dell’educazione, ma per­ché sia così gli stipendi devo­no essere adeguati a quelli del­l’Europa. I docenti italiani de­vono avere una contrattazio­ne specifica e una carriera le­gata al merito e non solo agli scatti di anzianità. Lottiamo per avere una scuola pubblica di qualità, un decentramento regionale della gestione com­plessiva del sistema scolasti­co con risorse umane finanzia­rie, per una pluralità di scuole e di università di diversi mo­delli pedagogici, per la libertà dei genitori e degli studenti di scegliere la scuola più idonea nel fermo principio che qualsiasi scuola statale, autonoma o paritaria dovrà essere scuola di tutti e per tutti.

Lauretta luretig
ITST "
Savorgan di Brazzà"

Lignano Sabbiadoro (UD)


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