Ecco invece una lettera comparsa ieri sul Messaggero Veneto di Udine di tutt’altro tenore rispetto a quanto scrive Patané di una insegnante dell’ITST "Savorgnan di Brazzà" di Lignano Sabbiadoro (UD).
In primo piano
Scuola, riorganizzazione e riordino inevitabili
Ancora un autunno caldo per la scuola italiana; ancora manifestazioni e scioperi della fame da parte di precari perché la riforma Gelmini ha causato dei tagli che, a detta di molti, sono indiscriminati, ma che, a ben vedere, sono in realtà necessari in un contesto di risparmio collettivo della spesa pubblica. La Gelmini ha avviato nella scuola un piano di razionalizzazione come in tutti gli altri settori pubblici di servizi, un piano che prevede in tre anni dal 2009 al 2012 un taglio di 87.000 insegnanti e 44.500 bidelli e impiegati. Sono tagli necessari in quanto l’intento non è solo quello di risparmiare, ma anche di snellire, di semplificare una macchina scolastica farraginosa che non funziona per renderla più incisiva e moderna; tagli che servono a limitare lo spreco del denaro pubblico che, in questi ultimi anni, si è perso in mille rivoli di sperimentazioni e di progetti vari. Basti pensare che nella scuola secondaria superiore gli istituti tecnici sono stati riordinati da 10 settori e 39 indirizzi di prima in soli 2 settori e 11 indirizzi esaustivi tutti i campi dell’economia e della tecnologia, tagliando i doppioni e lasciando il meglio delle sperimentazioni. La Riforma Gelmini è la prima riforma organica dai tempi della Legge Gentile che porta nella scuola regole, rigore e che ci mette in linea con l’Europa. Non si dimentichi che l’Ocse ha bocciato la scuola italiana. Nonostante il sistema scolastico italiano fosse molto costoso, i risultati prodotti da esso sono stati decisamente scarsi in quanto i nostri studenti non reggono il confronto con gli altri coetanei e invece di primeggiare nelle varie performance internazionali come degni continuatori ed eredi della cultura greco-latina, risultano agli ultimi posti dei Paesi dell’area Ocse. Sola eccezione per gli studenti del Nord-Est del Veneto e del Friuli Vg che hanno raggiunto punteggi analoghi a quelli della Svezia e Finlandia. Pertanto un approfondito restyling del sistema scolastico era inevitabile vista la situazione di non efficacia. Il precariato è un problema storico. Siamo solidali con i 232.000 precari che aspirano al posto fisso o a una supplenza annuale. La loro situazione è veramente pesante e intollerabile in una società ben organizzata, ma è il frutto della cattiva politica e del cattivo sindacato degli ultimi decenni che ha perseguito il motto: «Lavorare tutti lavorare di meno». Per molto tempo la scuola italiana è stata considerata un ammortizzatore sociale senza stabilire quanti insegnanti fossero davvero necessari. Il precariato è stato da sempre, con tutti i governi di sinistra e di destra, l’ossatura della scuola italiana perché con esso lo Stato risparmia. Per anni si sono fatti corsi abilitanti Ssis o addirittura on-line come Forcom-Pegaso... corsi che sono serviti solo ad alimentare infinite graduatorie di precari divisi in tre fasce e infinite illusioni, ma soprattutto un mercato per organizzatori e docenti universitari. Un vile espediente per diminuire i buchi di bilancio delle varie università italiane. Per anni si è giocato sulle spalle dei precari. Per risolvere la situazione del precariato basta bloccare tutti i corsi di abilitazione, di specializzazione e assorbire gradualmente i precari abilitati man mano che si liberano i posti. In futuro bandi di concorso solo per i posti realmente disponibili. Ma c’è la volontà governativa di porre fine al precariato? Auspichiamo che gli 8 miliardi risparmiati con una giusta razionalizzazione siano riutilizzati nella scuola per potenziare il merito, la ricerca, le sicurezza degli edifici scolastici e soprattutto per avere un corpo docente motivato. La scuola ha bisogno di bravi insegnanti che veramente si identifichino come artigiani della cultura e dell’educazione, ma perché sia così gli stipendi devono essere adeguati a quelli dell’Europa. I docenti italiani devono avere una contrattazione specifica e una carriera legata al merito e non solo agli scatti di anzianità. Lottiamo per avere una scuola pubblica di qualità, un decentramento regionale della gestione complessiva del sistema scolastico con risorse umane finanziarie, per una pluralità di scuole e di università di diversi modelli pedagogici, per la libertà dei genitori e degli studenti di scegliere la scuola più idonea nel fermo principio che qualsiasi scuola statale, autonoma o paritaria dovrà essere scuola di tutti e per tutti.
Lauretta luretig
ITST "Savorgan di Brazzà"
Lignano Sabbiadoro (UD)