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Commento di Paolo Calabrò

su In difesa di Pontifex


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Paolo Calabrò Paolo Calabrò 1 settembre 2010 15:35

Gentile Sandro Storri,
credo che alla base ci sia un equivoco. Le cose che cita Le sembrano offese, e dal Suo punto di vista sembrerebbe aver ragione. Il problema non è questo (se anche consentissi, a cosa gioverebbe?), ma è capire cosa intendono dire loro. Che parlano certamente in italiano, ma hanno una mentalità tanto diversa da quella - diciamo così - “comune” da risultare a volte incomprensibili.
Prendiamo ad esempio il “caso Nichi Vendola”: quelle che possono sembrare a tutta prima ingiurie gratuite e sovraccariche, possono essere ricondotte all’evangelico “colui che dà scandalo sarebbe meglio se non fosse mai nato”. E ancora: “meglio che si leghi una pietra al collo e si getti in mare”. Posso anche dissentire (e dissento) sull’interpretazione, ma chi applichi alla lettera queste parole, concluderà a proposito di Vendola: Vendola è un omosessuale dichiarato; l’omosessualità è bollata dalla Bibbia come “depravazione”, qualcosa che “rende l’uomo simile alle bestie”; Vendola (come tutti gli omosessuali) è (eticamente) un mostro (e un depravato).
Non c’è nessuna offesa. Per chi applica questo schema mentale, si tratta di una pura constatazione, la mera traduzione in parole di uno stato di fatto. Di più: non dirlo sarebbe reticenza, ove non addirittura apostasia. È un modo di pensare, molto più strutturato, cogente e in buona fede di quanto si potrebbe esser spinti a ritenere a una prima occhiata.
Ricordi inoltre che la Chiesa cattolica sta ancor oggi cercando a fatica di liberarsi dal suo proprio antisemitismo interno (fino a pochi anni fa la Chiesa cattolica romana pregava pubblicamente per i “perfidi ebrei”). È un problema storico, non contingente; della Chiesa tutta, non di Pontifex. Del resto, sul giornale si esprimo illustri prelati ad oggi in carica, non ragazzetti in vena di guasconerie a sfondo religioso. La questione riguarda una interpretazione del cristianesimo, non un atteggiamento giornalistico. Al di là di ogni giustificazione, capire questo può già servire a impostare un eventuale dialogo (ma anche solo a comprendere il fatto in sé) su un piano di parità.
Non dev’essere divertente - essendo omosessuale - sentirsi apostrofare, per ciò stesso, “depravato”. Ma, a parti inverse, anche loro - cui si dà nel migliore dei casi, del “bigotto” - si sentono offesi. Loro magari si ritengono cristiani nel senso più virile del termine (fino a sostenere la bontà delle crociate!), e poco si immaginano a paragone con una vecchietta ignorante che recita inconsapevolmente il rosario in latino. Loro sostengono di riportare la retta dottrina, e lo fanno a beneficio di questa propaganda, non a detrimento delle categorie bersagliate. Le categorie bersagliate sono quelle bersagliate dalla Bibbia: omosessuali, divorziati ecc. ecc. Loro non ce l’hanno con gli omosessuali in quanto tali: se la “retta dottrina” se la prendesse per qualche motivo con i venditori di angurie, loro si scaglierebbero contro questi ultimi. Per amor di verità. Niente di personale.
Se l’oscuramento di Pontifex sia un atto dovuto da parte delle autorità competenti, non saprei dirLe. Non spetta a me decidere. Così come non mi sembra che Pontifex sia il quotidiano più pacifico e moderato che abbia mai letto; ma che istighi all’odio, non mi spingerei ad affermarlo.
La richiesta di oscurare Pontifex non è una richiesta anticattolica: non tutti i cattolici pensano e parlano come Pontifex (io ne sarei un esempio). È però una richiesta antidemocratica, nella misura in cui Pontifex non delinque in alcun modo.
Come ho cercato di evidenziare, Pontifex non è un giornale omofobo. Né razzista: non ho mai letto commenti razzisti, ma solo strali contro le altre religioni (anche la Fallaci, negli ultimi tempi, si arrabbiava con chi le dava della razzista: “non sono razzista - diceva - io non me la prendo con gli arabi, ma con i musulmani. La mia è una questione di religione, non di razza”). E non è più antisemita di quanto lo sia (nel suo complesso, che è perennemente in itinere) la stessa Chiesa di Roma.
Cordiali saluti (e grazie per l’attenzione)


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