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Commento di paolodegregorio

su Alcoa di Portovesme: quando l'Italia dismette il suo passato


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paolodegregorio 16 febbraio 2010 19:09

caro Piccinini,

senza dubbio l’angoscia per il futuro è tanta, e dalla miniera alla fabbrica è stato un tragitto duro e a suo tempo una conquista.
Ma oggi la crisi impone di cercare altre vie. 
E ricordiamo che le fabbriche di Portovesme hanno anche inquinato territori notevoli e questo viene taciuto in questo momento, la crisi non consente di parlarne.
Se vai a fare una ricerca approfondita nella zona, oltre alla disperazione dei lavoratori, trovi nella zona una agricoltura segnata dall’inquinamento. Tanto che si è parlato di sostanze trovate nel pregiato vino di Santadi. Ho letto un libro sulla storia della vicina Carloforte e questi problemi ci sono stati.
Purtroppo, in Sardegna, anzichè indirizzare tutto il territorio verso l’autosufficienza agricola e, adesso che è possibile, verso l’autosufficienza energetica con le rinnovabili, si sono fatte scelte industriali folli.
Ho sentito raccontare dai protagonisti che a Olbia negli anni ’60, era stata offerta la possibilità di una industrializzazione con installazione di impianti chimici e petroliferi e il sindaco di allora rifiutò questa destinazione. E ancora oggi lo benedicono.
Invece a Porto Torres, Sarroch e Portovesme le lusinghe degli industriali hanno avuto successo.
Sono stati così sacrificati, rovinati completamente ,territori bellissimi e ora con la crisi c’è il rischio che restino solo trutture industriali orrende, che fanno pensare all’inferno dantesco.
Se a questo aggiungiamo i vasti territori che lo Stato utilizza come servitù militari, ne deriva una immagine dei passati politici sardi, che hanno consentito tali scelte,assolutamente negativa.

Per tornare agli operai di Portovesme ritengo che devono chiedere il SALARIO SOCIALE, di importo adeguato, per tutto il periodo di disoccupazione.
 E perchè non pensare a unirsi in cooperativa chiedendo alla regione di finanziare loro e non le multinazionali, per fare la conversione delle fabbriche magari per costruire pannelli fotovoltaici (in Sardegna non ce ne sono) e magari impegnarsi per il disinquinamento del territorio che consentirebbe di tornare ad una agricoltura non avvelenata.?

un saluto
paolo


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