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Luigi Tosti

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  • Di Luigi Tosti (---.---.---.114) 25 marzo 2011 17:32

    Egregio signor Mauro Martini,
    mi sono firmato Luigi Tosti non per vanità o per aspirazione professionale, ma perché sono Luigi Tosti, rimosso dalla magistratura con sentenza n. 88/2010 del CSM, confermata dalle Sezioni Unite della Cassazione civile con sentenza n. 5924/2011, depositata il 14.3.2011, che ha respinto il mio ricorso. Sono nato a Cingoli (MC) il 3.8.1948, risiedo a Rimini, Via Bastioni Orientali 38, cod. fisc. TSTLGU48M03C704G, tel. 0541 789323, cell.: 338 4130312, e.mail: [email protected] ([email protected]). Se vuole può telefonarmi o venirmi a trovare a Rimini, dove potrò ospitarla, oppure, se preferisce risparmiare, può comunicarmi un suo recapito telefonico per consentirmi di telefonarle. Non saprei quali altri dati identificativi comunicarle, se non il seguente numero della mia tessera sanitaria che scadrà il 28.12.2014 (ammesso che io sia ancora vivo per quella data): 80380000800069326991.

    Nel confermarle quanto scritto nel mio precedente intervento le rappresento che sia il CSM che le Sezioni Unite della Cassazione hanno affermato nelle loro sentenze che la circolare del Ministro fascista Rocco del 1926 (quella che impone l’ostensione dei crocifissi nei tribunali) è illegale e illegittima perché incompatibile col principio supremo di laicità e perché lesiva del diritto di libertà religiosa e di eguaglianza e non discriminazione di chi è costretto a lavorare sotto la sua incombenza. Io sono stato tuttavia rimosso dalla magistratura perché, a fronte di tale dichiarata ILLEGALITA’, i giudici hanno ritenuto che il “rimedio” idoneo non fosse quello di ripristinare la LEGALITA’ -di rimuovere cioè i crocifissi- ma quello di deportarmi e confinarmi in un’aula ghetto, nella quale avrei dovuto lavorare -si badi bene- sino al mio pensionamento. Come ho scritto nelle pagine 94-106 del mio ricorso per cassazione -che lei e chiunque lo voglia ha la possibilità di leggere nel mio blog (luigitosti.blogspot.com)- questa sconcia soluzione non solo era lesiva dei miei diritti di libertà religiosa e di non discriminazione, ma era anche vietata e criminale, perché la discriminazione per motivi religiosi e l’apartheid sono sanzionati penalmente dalla legge italiana e da convenzioni internazionali sottoscritte dall’Italia. D’altro canto, anche una persona fornita di capacità logiche largamente inferiori alla media sarebbe in grado di comprendere che, nell’ipotesi in cui esista una circolare (magari anch’essa dell’epoca fascista) che vieti agli ebrei e ai negri di salire sugli aerei, il rimedio idoneo, in caso di affermazione di ILLEGITTIMITA’ ed ILLEGALITA’ di tale circolare, non potrebbe essere quello di deportare e confinare questi soggetti nella stiva dei velivoli, bensì quello di consentire loro di viaggiare nella cabina passeggeri assieme a tutti gli altri esseri umani. La mia battaglia, in sintesi estrema, è tutta qui. Si tratterebbe di una battaglia banalissima e scontata, se vivessimo in un Paese civile e democratico: più non lo è in Italia, perché vi è una parte di cattolici (che francamente ritengo largamente minoritaria) che ritiene ancora che la propria religione sia “superiore” alle altre e che debba pertanto godere di numerosi privilegi, uno dei quali è appunto quello di “marcare”, in regime di monopolio, le pareti degli uffici pubblici che, in realtà, appartengono anche a chi non crede o crede in altre religioni, appropriandosi dunque degli spazi pubblici in un modo anche blasfemo, cioè riducendo i crocifissi al ruolo dell’urina con la quale cani, gatti ed altri animali “marcano” il territorio per tenere alla larga gli altri animali delle stessa specie. E allora è francamente ipocrita e falso che la Chiesa e i nostri augusti politici (di destra, di centro e di sinistra) affermino -pressoché in coro- che il crocifisso è un simbolo che unisce e accoglie anche coloro che cattolici non sono: il mio caso, il caso di Adel Smith, il caso del prof. Franco Coppoli ed il caso del prof. Luigi Girelli dimostrano l’esatto contrario, e cioè che il crocifisso divide, respinge e discrimina.

    Ora lei è libero di pensarla come vuole: ma anche io sono libero di condurre battaglie per far affermare il principio secondo cui anche una sporca negra -che ha pagato il biglietto per salire su un tram- ha il diritto di occupare il posto a sedere (che è uno spazio publbico) al pari e nella stessa misura in cui lo è consentito alle persone di pelle bianca che hanno pagato il biglietto. Non a caso l’art. 58 del regolamento penitenziario dispone che TUTTI i detenuti (e non soltanto quelli di fede cattolica) hanno il diritto di esporre (o non esporre) i simboli della propria religione sulle pareti della cella, attuando dunque un corretto rispetto del principio di eguaglianza. Io credo ancora in questa banalità giuridica, e cioè che qualsiasi essere umano abbia gli stessi diritti e che non possa essere discriminato a cagione del suo credo, delle sue opinioni, delle sue condizioni sociali o del colore della sua pelle. E per questo che non mi faccio da parte e lotterò ancora di fronte alla CEDH. Ciò che libera la coscienza (per chi ce l’ha e non la sottopone a periodici “lavaggi” con la confessione) è lottare e partecipare alle lotte di civiltà: non c’è nulla che uccida la democrazia più dell’indifferenza, della codardia, dell’egoismo e dell’opportunismo. Io potrò, con orgoglio, che “c’ero”.
    Cordialmente.

    Luigi Tosti

  • Di Luigi Tosti (---.---.---.114) 25 marzo 2011 10:14

    Egregio signor Mauro Martini,
    mi sono firmato Luigi Tosti non per vanità o per aspirazione professionale, ma perché sono Luigi Tosti, rimosso dalla magistratura con sentenza n. 88/2010 del CSM, confermata dalle Sezioni Unite della Cassazione civile con sentenza n. 5924/2011, depositata il 14.3.2011, che ha respinto il mio ricorso. Sono nato a Cingoli (MC) il 3.8.1948, risiedo a Rimini, Via Bastioni Orientali 38, cod. fisc. TSTLGU48M03C704G, tel. 0541 789323, cell.: 338 4130312, e.mail: [email protected] ([email protected]). Se vuole può telefonarmi o venirmi a trovare a Rimini, dove potrò ospitarla, oppure, se preferisce risparmiare, può comunicarmi un suo recapito telefonico per consentirmi di telefonarle. Non saprei quali altri dati identificativi comunicarle, se non il seguente numero della mia tessera sanitaria che scadrà il 28.12.2014 (ammesso che io sia ancora vivo per quella data): 80380000800069326991.

    Nel confermarle quanto scritto nel mio precedente intervento le rappresento che sia il CSM che le Sezioni Unite della Cassazione hanno affermato nelle loro sentenze che la circolare del Ministro fascista Rocco del 1926 (quella che impone l’ostensione dei crocifissi nei tribunali) è illegale e illegittima perché incompatibile col principio supremo di laicità e perché lesiva del diritto di libertà religiosa e di eguaglianza e non discriminazione di chi è costretto a lavorare sotto la sua incombenza. Io sono stato tuttavia rimosso dalla magistratura perché, a fronte di tale dichiarata ILLEGALITA’, i giudici hanno ritenuto che il “rimedio” idoneo non fosse quello di ripristinare la LEGALITA’ -di rimuovere cioè i crocifissi- ma quello di deportarmi e confinarmi in un’aula ghetto, nella quale avrei dovuto lavorare -si badi bene- sino al mio pensionamento. Come ho scritto nelle pagine 94-106 del mio ricorso per cassazione -che lei e chiunque lo voglia ha la possibilità di leggere nel mio blog (luigitosti.blogspot.com)- questa sconcia soluzione non solo era lesiva dei miei diritti di libertà religiosa e di non discriminazione, ma era anche vietata e criminale, perché la discriminazione per motivi religiosi e l’apartheid sono sanzionati penalmente dalla legge italiana e da convenzioni internazionali sottoscritte dall’Italia. D’altro canto, anche una persona fornita di capacità logiche largamente inferiori alla media sarebbe in grado di comprendere che, nell’ipotesi in cui esista una circolare (magari anch’essa dell’epoca fascista) che vieti agli ebrei e ai negri di salire sugli aerei, il rimedio idoneo, in caso di affermazione di ILLEGITTIMITA’ ed ILLEGALITA’ di tale circolare, non potrebbe essere quello di deportare e confinare questi soggetti nella stiva dei velivoli, bensì quello di consentire loro di viaggiare nella cabina passeggeri assieme a tutti gli altri esseri umani. La mia battaglia, in sintesi estrema, è tutta qui. Si tratterebbe di una battaglia banalissima e scontata, se vivessimo in un Paese civile e democratico: più non lo è in Italia, perché vi è una parte di cattolici (che francamente ritengo largamente minoritaria) che ritiene ancora che la propria religione sia “superiore” alle altre e che debba pertanto godere di numerosi privilegi, uno dei quali è appunto quello di “marcare”, in regime di monopolio, le pareti degli uffici pubblici che, in realtà, appartengono anche a chi non crede o crede in altre religioni, appropriandosi dunque degli spazi pubblici in un modo anche blasfemo, cioè riducendo i crocifissi al ruolo dell’urina con la quale cani, gatti ed altri animali “marcano” il territorio per tenere alla larga gli altri animali delle stessa specie. E allora è francamente ipocrita e falso che la Chiesa e i nostri augusti politici (di destra, di centro e di sinistra) affermino -pressoché in coro- che il crocifisso è un simbolo che unisce e accoglie anche coloro che cattolici non sono: il mio caso, il caso di Adel Smith, il caso del prof. Franco Coppoli ed il caso del prof. Luigi Girelli dimostrano l’esatto contrario, e cioè che il crocifisso divide, respinge e discrimina.

    Ora lei è libero di pensarla come vuole: ma anche io sono libero di condurre battaglie per far affermare il principio secondo cui anche una sporca negra -che ha pagato il biglietto per salire su un tram- ha il diritto di occupare il posto a sedere (che è uno spazio publbico) nella stessa misura in cui lo è consentito alle persone di pelle bianca che hanno pagato il biglietto. Non a caso l’art. 58 del regolamento penitenziario dispone che TUTTI i detenuti (e non soltanto quelli di fede cattolica) hanno il diritto di esporre (o non esporre) i simboli della propria religione sulle pareti della cella, attuando dunque un corretto rispetto del principio di eguaglianza. Io credo ancora in questa banalità giuridica, e cioè che qualsiasi essere umano abbia gli stessi diritti e che non possa essere discriminato a cagione del suo credo, delle sue opinioni, delle sue condizioni sociali o del colore della sua pelle. E per questo che non mi faccio da parte e lotterò ancora di fronte alla CEDH. Ciò che libera la coscienza (per chi ce l’ha) è lottare e partecipare alle lotte di civiltà: non c’è nulla che uccida la democrazia più dell’indifferenza, della codardia, dell’egoismo e dell’opportunismo. Io posso dire, con orgoglio, che “c’ero”.
    Cordialmente.

    Luigi Tosti


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