Zegna plays Monk
Riccardo Zegna, ‘Monk-a-ning. Riccardo Zegna plays Monk’, (incipit records, distribuzione Egea).
E’davvero un piacere riascoltare il pianista piemontese, di cui da tempo
non si sentiva parlare. Zegna si butta a capofitto ad interpretare con gusto
e sensibilità personali 13 composizioni del pianista del North Carolina.
Scorrendo la scaletta, accanto a pezzi parecchio frequentati, come ‘Straight no chaser’, ‘Reflections’, ‘Misterioso’, Zegna ne seleziona alcuni di raro ascolto, come l’iniziale ‘Children’s Song’ o la penultima ‘Skippy’.
La ‘canzone dei bambini’ è di una dolcezza unica e ci viene da pensare che forse anche Chick Corea deve averne tratto ispirazione nelle ‘Piano improvisations’ dei primi anni ’70. Zegna coglie l’essenzialità di Thelonious, note scarne prive di magniloquenza e di inutili orpelli e come per ogni musicista attraverso la scrittura monkiana gli accade di scoprire alcune cose di sé stesso, di cui forse prima non si era accorto.
Ma suonare Monk significa anche immergersi nella storia del jazz, dallo straight allo swing, al Bebop, pensando ai propri idoli. E Zegna se ne accorge e lo confessa nei brevissimi appunti stilati per ogni brano, quando ad esempio nell’interpretare ‘Bye ya’, si accorge di aver pensato stilisticamente a Fats Waller e a Jaki Byard, due artisti, assieme ad Ellington, citato per l’ultima traccia,’Let’s cool one’, verso i quali si sente debitore. Zegna è abile inoltre a non far riconoscere subito pezzi famosi come ‘Straight no chaser’, cui dedica, quasi girandovi intorno, poco più di due minuti, sufficienti, in sintesi, a far capire la grandezza dell’Autore. E’ quasi la continuazione di un’improvvisazione su ‘Monk’s mood’, ‘Another mood’, l’unico brano originale, che ben conferma il
senso del termine ‘mood’, sinonimo di atmosfera tenera di un’improvvisazione o di una composizione, che fa breccia nell’animo.
La rigidità di un ascolto passivo o distratto cade di getto e da questo momento
avvertiamo tutto il calore che Zegna è in grado di trasmetterci. E ancora, è
impossibile non citare ‘Misterioso’, uno dei 12 blues registrati dal ‘genius of modern music’, come spesso veniva definito anche per motivi promozionali. Zegna procede lentamente nell’esposizione, sottolineando le dissonanze che conferiscono un originale dinamismo alle composizioni.
La malinconia, infine, ci assale nell’esposizione lentissima del tema di ‘Let’s cool one’, in cui come dice il pianista “si avvertono echi ellingtoniani”.
La melodia si insinua, languida, dentro la nostra pelle e, quando il lettore CD si spegne, non ci resta altro da fare che ripartire dall’inizio, per scoprire particolari magari più nascosti, i quali ad un primo ascolto, ci erano sfuggiti.
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