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Venezuela: la dittatura a giorni alterni e l’isolamento così così

E così, dopo i socialdemocratici di AD, anche la destra di Voluntad Popular di Freddy Vargas e del “prigioniero politico” Leopoldo López, ha rotto i patti con il MUD, la coalizione delle forze di opposizione in Venezuela, e parteciperà alle prossime elezioni amministrative nel Paese, compiendo un passo (scellerato per alcuni) che come minimo decanta la tensione. Dittatura o no?

Pensate quello che vi pare, ma dal voto costituente in qua la politica sta riprendendo spazio sulla violenza. È una buona notizia, salvo che per quei propagandisti che da mesi rappresentano Nicolás Maduro come il Pol Pot dei Caraibi.
 
Sono quegli stessi che avevano dato per scontato, e ripetuto come un mantra, che la Costituente fosse un espediente per dissolvere il Parlamento. In realtà entrambe le assemblee continueranno a funzionare (poco e male entrambe, temo, ma nessuno serio nega la crisi gravissima del Venezuela, ascoltate Aristobulo Isturiz, leader afrodiscendente oggi all’ANC, foto).
 
Tutto ciò si può leggere nella stampa caraqueña, l’Universal, il Nacional, disponibile in tutti i chioschi del paese come il resto della stampa di destra, come nelle reti sociali, ovunque, dove l’opposizione si esprime liberamente nonostante sia noto, come si legge da quasi vent’anni sui nostri giornali, che in Venezuela (la stessa dittatura dove l’opposizione ha liberamente realizzato un referendum informale dove avrebbero votato in milioni) non ci sia libertà di espressione.
 
Tutto ciò mentre l’ONU (e ben più umilmente chi scrive da anni) attesta che la violenza non è esclusiva delle guardie rosse e della NKVD stalinista, come da mesi millantano i giornali che indefettibilmente caricano il 100% delle morti all’autista d’autobus Maduro (il modo classista con il quale il ben nato Capriles lo insulta da anni), ma è tristemente condivisa con i sicari e gli squadristi pagati dai leader dell’opposizione per seminare il caos e, quando serve, gettare cadaveri sui desk delle redazioni.
 
Anche sul fronte dell’isolamento non è così chiara questa narrazione del Venezuela come la Corea del Nord sull’Orinoco. Nel continente americano l’isolamento viene da parte di fior di democratici come Trump, Santos, Cartes, Macri, Temer, Peña Nieto. Sono i paesi chiave, e non è poco, ma stringereste la mano a uno di questi signori? Il meno peggio è Trump, per capirci.
 
L’Uruguay ha resistito per settimane con garra charrua alle pressioni di Buenos Aires e Brasilia (se la storia e la geopolitica contano qualcosa), poi l’ha buttata in calcio d’angolo, accettando la sospensione ma evitando l’espulsione del Venezuela dal Mercosur, che Macri aveva promesso a Trump. Soprattutto però c’è l’Europa, che non è così unanime come raccontano. Non parliamo di Mélenchon o degli spagnoli di Podemos, tutti chavisti irredimibili. Perfino Zapatero manca all’appello, ma sopratutto, per il disgusto dei “veri democratici del pensiero unico”, ci si è aggiunto Jeremy Corbyn che, solo per le fortissime pressioni della destra del suo partito, che bilanciavano i sindacati britannici pro-chavisti, si è limitato all’equidistanza, condannando la violenza da entrambe le parti. Insomma, nebbia nella Manica, il Continente isolato.
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