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Venezia: un mito sentimentale al Teatro Malibran

Cefalo e Procri, in dittico con la musica di Silvia Colasanti si rivela una sorpresa inaspettata.

Nella storica e prestigiosa cornice del Teatro Malibran di Venezia, nell’ambito della Stagione Lirica e Balletto 2016-2017, abbiamo assistito al dittico Eccessivo è il dolor quand’egli è muto di Silvia Colasanti, brano composto per l’occasione e messo in scena assieme a Ciò che resta, e Cefalo e Procri di Ernst Krenek, su libretto di Rinaldo Küfferle, che aveva visto il suo esordio nel 1934, proprio qui a Venezia, al Festival internazionale di musica contemporanea alla Biennale.

La vicenda è desunta dalle Metamorfosi di Ovidio che nel settimo libro racconta la storia di Cefalo che in seguito alle insinuazioni di Eos, Aurora, dubita della fedeltà di Procri e la mette alla prova tentandola sotto mentite spoglie. Küfferle concentra in trenta minuti il rapido sviluppo della storia discostandosi tuttavia dal mito nel finale che, in questo caso, prevede la riconciliazione dei protagonisti.

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L’intenzione del regista, Valentino Villa, è quella di creare una messa in scena non discontinua tra le due parti, Colasanti e Krenek, che sono in relazione pur da due punti di osservazione in contrasto: quello emotivo, della melodia che si leva dalla morte della fanciulla e che emerge dall’universo sonoro della Colasanti, e quello invece dell’eliminazione della morte nell’opera di Krenek-Küfferle e il conseguente “lieto fine”.

Villa ci consegna un’immagine delle divinità chiamate in campo in quest’opera, Diana, Cronos, Eos, più metafisica che spirituale, vale a dire come persone in grado di trasformare la realtà, dotate del potere di intervenire sullo scorrere della storia fra Cefalo e Procri manipolati e agiti e dunque sminuiti nella loro volontà di esseri senzienti.

La scena di Massimo Checchetto è semplice e ingenua: uno scenario da cartone animato per i due protagonisti e anche i costumi di Carlos Tieppo appaiono senza coerenza tra i personaggi e il mito, forse proprio volutamente visto quanto appena osservato. Appropriato il disegno luci di Vilmo Furian.

La compagnia di canto è di prim’ordine. Su tutti, tuttavia, spicca Silvia Frigato, Procri, in grado di dare una prova magistrale di tecnica di canto barocco nel prologo dal Lamento di Procri di Francesco Cavalli rielaborato da Silvia Colasanti, la quale ne rispetta l’originale attualizzandolo nelle note dolenti della sua riscrittura, ma Sivia Frigato risulta poi dalla vocalità convincente anche per l’ibrido neoclassicismo dodecafonico di Krenek.

Leonardo Cortellazzi, Cefalo; Francesca Ascioti, Diana; Cristina Baggio, Aurora e William Corrò, Crono formano un cast coeso vocalmente con doti tecniche e interpretative assolutamente apprezzabili.

Sul podio Tito Ceccherini che svela una lettura della parte molto accurata, il maestro riferisce di aver lavorato soprattutto sulle apparenti “irregolarità” della scrittura di Krenek che gli hanno permesso di avvicinarsi al modo di pensare e al “carattere” dell’autore, mentre del lavoro di Silvia Colasanti ha saputo valorizzare il gusto “materico” del suono e la ricchezza di registri e livelli compositivi.

Non più di un’ora complessivamente per questa produzione molto azzeccata che ha saputo colpire nel segno della cultura e alla quale il pubblico ha tributato il meritato consenso.

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