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Venezia, Teatro La Fenice – dopo più di 30 anni torna Ernani di Giuseppe Verdi

I fondi ricavati dall’acquisto dei biglietti per la prima recita dell’opera saranno devoluti all’acquisizione e alla successiva valorizzazione della casa-museo di Giuseppe Verdi a Sant’Agata di Villanova sull’Arda da parte dello Stato.

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Aperta da Falstaff, la Stagione del Teatro La Fenice segna il suo percorso, che si concluderà con I due Foscari, con la messa in scena di Ernani, altro titolo verdiano, a celebrare la grandezza musicale del maestro di Busseto. Ernani è un’opera significativa per La Fenice: fu il primo ingaggio del Maestro per un teatro diverso dalla Scala di Milano e a questa commissione si deve anche l’incontro del compositore con il poeta muranese Francesco Maria Piave, sodalizio da cui nacque una profonda amicizia. La musica è puro Verdi, musica per grandi masse corali, ma non solo, arie appassionate e travolgenti concertati scolpiscono i grandi sentimenti dei protagonisti.

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Questo nuovo allestimento, realizzato in coproduzione con il Palau de les Arts Reina Sofía di Valencia, vede la regia affidata ad Andrea Bernard. Il regista decide di lasciar scorrere sulle note del preludio un video in bianco e nero di Rocafilm in cui vengono resi espliciti i traumi del passato di Ernani: scene che mostrano le “rovine della sua memoria”, tra cui la perdita prematura del padre al quale si ricongiungerà solo con la morte “unico evento finalmente in grado di garantirgli la pace a lungo cercata” come riferisce Bernard. A parte questa prima idea, tuttavia, l’aspetto registico si è rivelato carente di invenzioni, segnato da alcune ingenuità quali sedie gettate a terra nei momenti di tensione e continue spade sguainate negli accesi contrasti o gigli ostentati a significare purezza virginale fino a sfiorare la banalità nell’entra ed esci delle masse pressochè statiche. Per non parlare dell’angelo guerriero a rappresentare il padre defunto.

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Belle le scene di Alberto Beltrame, originali pur nel rispetto della tradizione ed evocative. Gli elementi scenici calano dalla graticcia: i lacerti bianchi del castello di Silva e porzioni architettoniche luminose per la cripta di Carlo Magno, rovine per l’ultima scena. Suggestivo il levarsi dello stendardo con l’aquila bicefala imperiale degli Asburgo per celebrare Carlo V imperatore, sul grande coro “Si ridesti il Leon di Castiglia”. I costumi di Elena Beccaro non hanno aggiunto molto per la loro genericità, mentre le luci di Marco Alba hanno contribuito a rendere la tinta sinistra dell’opera.

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Buone notizie invece sul versante musicale. Anastasia Bartoli, figlia di Cecilia Gasdia, ha la voce di solido soprano drammatico di agilità che richiede la parte e la presenza scenica per incarnare la bella Elvira contesa dai tre uomini. Piero Pretti, Ernani, ha sfoderato una sicura voce di tenore lirico spinto, donando intenzione alle sfumature del carattere del personaggio con voce omogenea e ottima gestione del fiato. Meno fluido nell’emissione Ernesto Petti nel ruolo di Don Carlos, mentre svetta su tutti Michele Pertusi che regala il giusto carattere al personaggio di Silva con la prorompente incisività di voce di basso di gran classe. Hanno completato il cast Rosanna Lo Greco come Giovanna, Cristiano Olivieri come Don Riccardo e Francesco Milanese come Jago.

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Ottima la prova del coro del Teatro istruito dal maestro Alfonso Caiani.

La direzione di Riccardo Frizza ha impresso all’ Orchestra del Teatro una lettura vivace ed incalzante dell’opera.

Teatro pieno, applausi calorosi anche a scena aperta a testimoniare il successo.

Marina Bontempelli

Questo articolo è stato pubblicato qui

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