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Una lettera aperta ai cittadini italiani

In questi giorni l’autorità italiana per le comunicazioni vuol far passare la sua politica di censura di internet. E proprio in questi giorni l’Italia potrebbe raggiungere nella classifica della libertà d’espressione paesi come la Cina, la Tailandia o altri regimi repressivi, permettendo un controllo top-down sul flusso d’informazione e di comunicazione in internet. La cosa che rende l'Italia differente da queste nazione è che i governi, lì, hanno almeno la decenzia di essere onesti verso la popolazione sulle proprie politiche. Così, come in molti altri casi, le autorità italiane camuffano questo sforzo rivendicando che la regolamentazione è necessaria per proteggere la violazione del materiale protetto da copyright.

Questo articolo mira a spiegare l’assurdità della censura dovuta a ragioni di copyright, e perché questa mossa instaurerà anche una censura politica in un paese che ha bisogno, più di qualunque altro in Europa, di una maggiore trasparenze di governo e in che modo questo e i futuri approcci devono essere combattuti ad ogni costo – nell’interesse di un’Italia democratica con cittadini liberi e ben informati.

Avremmo voluto qualcuno in grado di regolare Gutenberg?

Ci sono poche rivoluzioni nella storia dell’umanità che possono essere comparate a quella cominciata con internet. Il problema principale che abbiamo con questa cosa di internet è che molti di noi non lo capiscono e di conseguenza non capiamo cosa significhi per noi e per il futuro.

Una simile rivoluzione è succesa poche centinaia di anni fa, quando, con l’invenzione del libro stampato, Gutenberg ruppe un paradigma esistente. La copia dei libri, la loro distribuziopne e la successiva istruzione dei lettori erano, in precedenza, esclusivamente a disposizione di un ristretto numero di persone, molti dei quali appartenenti al ricco clero.

Questa limitazione della via della conoscenza e dell’istruzione era ciò che divideva il mondo in due. Era ciò che ha tenuto il mondo in un’epoca di oscurità e schiavitù attraverso la mancanza di conoscenza, permettendo a pochi di espandere i propri orizzonti e di sfruttare la propria posizione per governare su tutti.

L’invenzione di Gutenberg ha rotto questo paradigma, e in pochi decenni ha permesso ad una maggioranza di persone di aver accesso alla conoscenza. Ha spianato la strada all’epoca dei lumi di lì a poco, un’epoca di intenso progresso tecnologico, che è divenuta, infine, uno dei pilastri della società moderna.

Negli anni successivi alla sua invenzione, a poco a poco le persone hanno iniziato a capire quale sarebbe stato il grande impatto che questa cosa avrebbe avuto sul loro futuro. Con internet ci siamo trovati in una situazione simile, la maggior parte di noi non sa cosa significherà questa rivoluzione per noi.

La bugia del copyright e la necessità di spostare il paradigma

Per comprendere l’attuale situazione del copyright, usato dal legislatore italiano per sostenere la regolamentazione, dobbiamo, ancora una volta, ritornare alla storia. Mentre l’invenzione Gutenberg era geniale, e la possibilità di condividere, copiare, i libri era diventata molto più agevole, il processo di stampa, in quanto tale, era possibile solo per coloro i quali avevano mezzi economici per permetterselo. Nel corso degli anni il costo di questa tecnologia è sceso e stampare è diventato un processo comune, ciò ha permesso alle opinioni di diffondersi e un dibattito più aperto nella società.

All’inizio del XX secolo abbiamo assistito all’introduzione della radio come un’altra pietra miliare nella storia della propagazione del contenuto. Questa tecnologia ha segnato un altro importante cambiamento di paradigma. Un paradigma elaborato dal Prof. Lawrence Lessig, che cercherò di parafrasare qui.

Anni fa era abitudine comune per le persone uscire in strada durante le calde notti estive, accompagnati dalla radio, per cantare le canzoni popolari. Le persone interpretavano canzoni di vario genere e nel modo che più li aggradava. Il concetto di copyright non era conosciuto in quel tipo di società. Quelle canzoni erano popolari ed era proprio “il popolo” a cantarle, copiarle e proprio attraverso questo processo creativo acquisivano valore. Questo è ciò che le ha rese popolari e di successo. Copiare una canzone era un segnale di rispetto e ammirazione per il lavoro dell’artista (si pensi alle cover italiane di canzoni straniere, ndr). Quella società era una società leggi e scrivi, fatta di creativi e persone che rielaboravano quella creatività, persone che non erano meri consumatori.

La radio aveva introdotto il concetto di cultura “in sola lettura” sulla scia di come la società si rapportava alla creatività. Improvvisamente il concetto di copyright acquisì importanza. La capacità di trasmettere divenne un valore e le persone divennero “consumatori”. Ci fu sottratta la possibilità di essere dei creatori. La capacità creativa delle persone fu messa in una scatola e invalidata.

Internet ha riportato indietro questo paradigma, siamo tornato ad una società “read-write che ci permette, non solo di essere “consumatori”, ma anche di essere creatori e di diffondere la nostra creatività. Possiamo essere ancora una volta creativi. Se non capisci ciò che voglio dire, vai su YouTube (finché potete) e guardate [...]. [Per esempio, guardate il video della Sora Cesira "The Arcore's nights" ndr]

Ci sono molti esempi oggi di artisti che scelgono strade alternative per sostenersi e molte di queste strade sono altamente vantaggiose per l’artista. Tagliar fuori gli intermediatori ha senso, oggi, per gli artisti. La band tedesca Deichkind, ad esempio, ha deciso di annullare i contratti con i propri produttori e ha cominciato a prodursi da sola. Tutto il loro catalogo è disponibile in free download, in questo modo la band ha aumentato la propria popolarità e ora vivono di concerti e merchandising, guadagnando di più che in precedenza. Sono solo un esempio di cambiamento di paradigma per l’artista.

Questo cambiamento di paradigma è ciò di cui ha paura l’industria dei media che esiste solo grazie al principio secondo il quale essi hanno il monopolio del lavoro creativo. Essi sono come l’élite che prima dell’invenzione della stampa da parte di Gutenberg, deteneva la capacità di copiare i libri, solo questa élite stabilisce chi è artista, chi vale la pena ascoltare o vedere e come il lavoro creativo di questi artisti viene diffuso. E’ un’industria costruita sul monopolio del potere, sulla capacità di controllare completamente la creatività. Con internet c'è la possibilità di produrre lavori creativi economici ma di qualità professionale. Questa è una cosa stupenda per la specie umana e il suo potenziale creativo.

Al di là del copyright: il caso italiano

Lo sforzo attuale, in Italia, di creare una legislazione e delle infrastrutture al fine di censurare internet al primo accenno di violazione di copyright ha due origini principali: prima di tutto il fatto che l’industria preme per il suo smantellamento. Si tratta di un dinosauro che rifiuta di capire che la sua era è finita. Possiamo vederlo in tutto il mondo, e attentati del genere vengono regolarmente fatti in questa direzione. In Francia l’HADOPI, la cosiddetta regolazione in tre passaggi (email di diffida, quindi raccomandata e infine lettera di comparizione davanti a un giudice) è uno di questi esempi. Le Nazioni Unite hanno recentemente dichiarato che non esiste un interesse riguardo il diritto d’autore che possa giustificare una censura di internet. Successivamente l’ONU tramite un suo commissario speciale ha dichiarato che Internet dovrebbe essere regolato il minimo indispensabile per salvaguardare il libero scambio di informazioni. In modo simile, il parlamento europeo ha dichiarato che l’accesso a internet è la base stessa per la partecipazione, ed in quanto tale non deve essere stabilito da nessuno. La legge francese deve essere revocata. E persino le più grandi aziende musicali si sono ormai pronunciate contro il blocco d’accesso ad internet.

In secondo luogo, e questo è il motivo per il quale un’azione del genere è così pericolosa in Italia, voi avete permesso all’uomo che guida il vostro paese di possedere la maggior parte dei media italiani. Quello che veniva considerato il quarto potere indipendente, il forte e impetuoso termine di controllo e di equilibrio del potere, è largamente diventato nient’altro che un agente di quello stesso potere. Ciò è specialmente vero per quei poteri “di sola lettura” che sembrano attrarre molti di voi a colpi di Silicone e Botox. Oggi - un fatto ben propagandato dalla vostra stampa - sembrano contare molto di più il Silicone e il Botox che il cervello, il talento e l’importanza dei contenuti.

Non riuscite proprio a immaginare come mai il potere, mentre continua a tenervi occupati con tutta questa spazzatura, voglia poter censurare l’unico media il cui messaggio non riesce a controllare?

Un quadro più ampio

Ciò che dovete capire è che i governi di tutto il mondo non si fanno nessuno scrupolo ad utilizzare la propaganda né per giustificare tale dura regolamentazione, né riguardo la possibilità di filtrare internet. In Germania ed Australia abbiamo visto compiersi sforzi in tal senso già nel 2009. Filtri alla Rete per fermare la diffusione della pornografia infantile. Certamente si tratta di una ben più nobile causa che non il proteggere gli interessi d’affari di un’industria, ma una causa che conteneva comunque numerose crepe nei suoi principi. Fu detto che il sistema non sarebbe stato utilizzato se non per filtrare i contenuti che presentavano pornografia infantile, ma già molte aziende sgomitavano per fare pressioni sul governo affinché la legge passasse. 

Non avvenne grazie all’importante lavoro di attivisti tedeschi che, tramite la società civile, scatenarono un vasto ed informato baccano contro quella legge. Oggi, due anni dopo, abbiamo la stessa pressione da parte dei nuovi arrivati al potere. Stavolta si tratta di fermare il gioco d’azzardo “illegale” su internet. Non ce la faranno.

La questione principale comunque è su cosa sia illegale, e su cosa lo diventerà in futuro. Oggi viviamo in un tempo nel quale abbiamo accesso a questa grande tecnologia che Internet rappresenta, ma sostanzialmente non siamo ancora preparati ad essa. Internet è uno strumento della società globale, una società che non ha confini, nel senso in cui li conosciamo. E’ uno strumento di quel mondo futuro che stiamo cercando di sviluppare. Se oggi andiamo a rilento, se oggi zoppichiamo, domani sarà più difficile il nostro sviluppo verso una società globale illuminata. Non dobbiamo permettere che questo accada. 

Ora che le Nazioni Unite sono sul punto di sancire l’accesso ad internet come uno dei diritti dell’uomo alla luce della sua importanza per la democrazia e per il futuro in genere, siete davvero convinti di voler andare nella direzione opposta? Difendere i vostri diritti per comunicare liberamente e condividere informazioni può essere così facile – avete il mondo intero alle vostre spalle a difendervi da quel piccolo uomo che cerca di mantenere un controllo totale sopra di voi, la gente. Noi saremo dalla vostra parte. 

Tutto ciò che dovete fare è compiere il primo passo e dire “no” il 6 luglio 2011.

 

Qui la versione originale in inglese

Commenti all'articolo

  • Di Matteo RadioBozen (---.---.---.129) 21 luglio 2011 13:14
    Matteo RadioBozen

    Lawrence Lessig è veramente uno dei maggiori critici (kritein=distinguere) del sistema del copyright. La sua grandezza si esprime anche nel suo essere propositivo e fornire un’alternativa praticabile. Questa alternativa consiste nel sensibilizzare le nuove generazioni ad un uso consapevole della creatività. In breve: ci sono cose per cui tutti devono pagare perchè è giusto dato che fornisce l’incentivo alla creazione, dall’altra bisogna abbattere la gran parte di legislazione sul copyright perchè non ci rende liberi di ri-produrre la nostra cultura (canzoni, poesie etc..).
    Per spiegare questo concetto e far capire che questo tipo di economia funziona vorrei far notare come funziona il sistema open-source: il pool delle creazioni (software e soluzioni software) viene pagato dal’1% che ne fa un uso commerciale mentre il resto è libero di essere preso, manipolato, re-distribuito. Insomma pagheremo alcuni autori (tutti noi li pagheremo per avere accesso alle loro opere) ma tutto il resto sarà libero dal controllo e quindi sarà liberamente consultabile, usufruibile, manipolabile e condivisibile.

    Concludo con una breve considerazione su questi "Signori" del copyright che hanno dimenticato che (parafrasando Lessig) il loro compito è quello di non produrre danno ("do not harm") e non quello di difendere degli interessi costituiti. Anzitutto perchè questi interessi costituiti non sono il bene comune ("the greater good") ma meri aggregati affaristici e in secondo luogo perchè, in un regime di libero mercato (come ci ostiniamo a chiamarlo, e guardate bene che si tratta di un eufemismo), bisogna non garantire la rendita di monopoli, duopoli o oligopoli ma la libera concorrenza per il benessere della collettività e il progresso materiale e civile della società.

    Lunga vita ai resistenti, coloro che dicono NO perchè vogliono creare qualcosa di migliore.

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