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Un perdono senza vergogna

"Non ci sono scusanti per quello che hanno fatto, ma anche loro (Olindo Romano e Rosa Bazzi) sono vittime. Se il cappellano delle carceri in cui sono detenuti mi darà conferma di un vero pentimento, sarò pronto ad andare a trovarli". (Carlo Castagna, 12/9/2009)
 
Questo è l’ultimo esempio di Perdono, di Perdono vero, con la P maiuscola, che ricordo sempre con piacere e che oggi ho voglia di ricordare.
 
Il Perdono di un marito, di un padre e di un nonno a cui hanno ucciso moglie, figlia e nipote; un uomo, Carlo Castagna, che a 3 anni dalla strage che coinvolse la sua intera famiglia, ebbe il coraggio di dire, parlando degli assassini: "Anche loro sono vittime".
 
Ho parlato di coraggio.
Perché ho capito che per perdonare c’è bisogno di tanto coraggio.
 
Nelle Sacre Scritture si parla di "Perdono Cristiano": il sacramento del perdono è descritto come una conversione a Dio attraverso la fede. Qualcuno ricorderà quel classico "Porgi l’altra guancia", scritto nel Vangelo di Matteo.
 
Ma perdonare vuol dire cancellare il passato.
E cancellare il passato può essere una continua lotta con sé stessi.
 
Un esempio di "Perdono Cristiano" è Papa Benedetto XVI: il 17 agosto, con solo dieci parole("Autorevole protagonista della vita nazionale italiana e uomo di fede") è stato in grado di difendere, perdonare ed assolvere Francesco Cossiga.

"Nel senso che le forze dell’ordine non dovrebbero avere pietà e mandarli tutti in ospedale. Non arrestarli, che tanto poi i magistrati li rimetterebbero subito in libertà, ma picchiarli e picchiare anche quei docenti che li fomentano". (Francesco Cossiga, 23 ottobre 2008)
 
Ecco, questo è l’autorevole "Uomo di fede" che la settimana scorsa ha compianto la guida pastorale della Chiesa Cattolica: al Papa son bastate 10 parole a cancellare un passato.
 
Ma parallelamente ad un "Perdono Cristiano", esiste un "Perdono di Stato": un perdono è anche un’assoluzione, cioè una libertà concessa da un giudice in seguito ad un processo penale.
 
Dopo 37 anni vissuti fra carcerazioni, fughe, latitanze, arresti domiciliari, semilibertà, soggiorni obbligati, libertà vigilate e restrizioni varie, Felice Maniero da alcuni giorni è un uomo nuovo: dopo un patto con la giustizia, e dopo che altre 15 persone si sono pentite dopo di lui, ha smantellato la sua banda ed ha permesso l’arresto di oltre 400 persone.

"Oggi mi dico che era tutto sbagliato. Non è facile spiegare la mia delusione: avevo tutto, guadagnavo miliardi, potevo soddisfare ogni capriccio. Eppure tutto mi era divenuto indifferente." (da un’intervista a Famiglia Cristiana del 2/7/1997) .

"Senza la confessione di Felice Maniero probabilmente la Mala del Brenta sarebbe ancora attiva", avrebbe dichiarato la Pm che per ultima ha affrontato le vicende dell’ex-Boss.

Ecco, questo invece è un esempio di perdono di Stato: alla Giustizia Italiana non interessa quante persone tu abbia ucciso o quante feroci rapine tu abbia fatto, cioè diciamo che non importa tu cosa abbia fatto di Male, è importante cosa tu abbia fatto dopo per rimediare al Male.

La differenza tra "Perdono Cristiano" e "Perdono di Stato" forse non esiste: nel primo si rievoca la devozione a Dio, nel secondo alla Legge. In entrambi si cancella il passato.

A Sakineh Mohammadi-Ashtiani
 ad esempio, non basterebbe quel "Oggi mi dico che era tutto sbagliato", come dichiarò l’ex-Boss di Campolongo Maggiore a Famiglia Cristiana.

E non le servirebbero nemmeno non dico dieci, ma quattro parole ("Autorevole donna di fede")pronunciate da Ratzinger, magari tra un Angelus e l’altro.

Sakineh forse nella sua vita non è stata né devota a Dio né alla Legge, né al Papa né ai Bossma dal carcere scrive al mondo e dice: "Ma come fanno a prepararsi a mirare al mio viso e alle mie mani, a lanciarmi delle pietre? Perché? Sono Sakineh Mohammadi-Ashtiani. Dite a tutto il mondo che ho paura di morire".

E cosa avrebbe fatto di tanto grave?
 
Avrebbe tradito il marito, dopo di che sarebbe stata accusata anche di essere stata complice del suo omicidio. In Iran l’adulterio si paga con la lapidazione, cioè attraverso il lancio di pietre, pena che ora sembra le sia stata commutata nell’impiccagione.
 
Allora penso: ma a Sakineh non servirebbe né un Perdono Cristiano, se a perdonarla fosse il nostro Papa, né un Perdono di Stato, se a perdonarla fosse la nostra Giustizia.
 
A Sakineh basterebbe un marito vivo, un Perdono senza vergogna, un uomo che parlasse all’Iran e dicesse: "Oggi la odio. Ma fino a ieri, voi come me, l’avreste amata lo stesso".

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