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USA: il 3° millennio arriva con 8 anni di ritardo

"If there is anyone out there who still doubts that America
 is a place where all things are possible... tonight is your answer"
.


— Barack Hussein Obama,
44° Presidente eletto degli Stati Uniti d’America


Alle volte le parole non possono descrivere l’importanza di un momento.
Ce ne rendiamo conto, anche noi che con le parole ci viviamo, negli istanti topici della nostra vita. Quando veniamo a sapere della morte di una persona amata. O di un tradimento da parte di chi aveva la nostra fiducia. O come è successo ieri notte, a una vecchia signora afro-americana intervistata dalla CBS quando la rete ha assegnato il terzo "swing state" a Obama: il New Mexico - stato occidentale e pieno di Latinos - a lui, dopo Ohio e Pennsylvania, significava che Obama aveva vinto la Casa Bianca al 99,99%. A quel punto solo l’aritmetica non condannava McCain, che per vincere le elezioni si sarebbe dovuto imporre in California: una eventualità praticamente impossibile.

Quella donna, anziana ma non certo sprovveduta, l’aveva capito in pieno. Così come l’avevano compreso tutti i supporter di Obama attorno a lei, nel quartier generale del candidato democratico a Chicago. Quella donna, intervistata in diretta nazionale, ha cominciato a piangere davanti al microfono della CBS. E ha pianto, poi pianto e ancora pianto. E poi, dietro l’insistenza della giornalista, ha detto: "Questo è un momento storico per noi afro-americani, per gli USA e per il mondo". Poi ha ripreso a piangere.

Obama deve molto alla forza, alla determinazione, alle lacrime, alla rabbia e alla speranza delle vecchie signore afro-americane. Non è un caso che il momento più bello del suo discorso sia stato quando ha spiegato la storia di Ann Nixon Cooper, una delle sue elettrici nere, che come molti altri, ha pensato bene di usufruire dell’early vote per esprimere il suo appoggio a Obama. Solo che Ann Nixon Cooper ha 106 anni.

E Obama ha detto: "Immaginate quanto cambiamento ha visto nella sua vita. Lei, che quando aveva 18 anni non poteva proprio votare per due ragioni: in quanto donna e per il colore della sua pelle. Lei, la cui mamma è vissuta ai tempi della schiavitù. Lei che è vissuta ai tempi della segregazione. Lei, che ha visto due guerre mondiali. Lei che ha preso parte alla marcia su Washington di Martin Luther King. Lei, che oggi vede il primo Presidente afro-americano eletto. Proviamo a immaginare: se i nostri figli potranno vivere 106 anni, quali saranno i cambiamenti che ci auguriamo potranno vedere nella loro vita? Questo è quanto ci dobbiamo chiedere oggi, perché questo è quanto vogliamo realizzare. L’America ha dimostrato di essere un Paese che sa cambiare. E questa è la più grande delle nostre forze".

Obama ha tanti pregi: determinazione, pazienza, educazione, istruzione, tolleranza, bellezza, età, retorica e sapienza organizzativa. Ha snocciolato questi lati del suo carattere a uno a uno, in diretta tv o nei mille comizi fatti. Ha messo insieme una fantastica squadra per organizzare la sua campagna e ha condotto una strategia elettorale nuova e aggressiva che sarà studiata nelle facoltà di Scienze politiche per decenni, soprattutto a livello di come s’è messa in piedi la raccolta di fondi. Alla fine, Obama ha speso più di ogni altro candidato alla Casa Bianca di sempre, perché è stato sommerso di quattrini da parte della gente della classe media. Piccole donazioni, inferiori ai 200$. Ma milioni di piccole donazioni.

Non si è concentrato sugli Stati chiave o su quelli che potevano passare di mano, i cosiddetti swing states. Ha saputo mettere in piedi un esercito di sostenitori e militanti che si sono spostati, prendendo giorni di ferie, da uno stato all’altro, dividendosi anche per gli Stati considerati minori. Obama stesso è apparso in città che non avevano mai ascoltato un comizio presidenziale.

Allo stesso tempo, la campagna di McCain è stata infarcita di errori. In questo video potete sentirne un elenco. Il non avere previsto l’entità della crisi economica è stata la mazzata più forte, assieme alla scelta sbagliata della vice-presidente, una donna che ha all’inizio esaltato il voto degli estremisti di Destra, ma che, a forza di affermazioni sprovvedute e inopportune e di piccoli scandali personali, ha lentamente convinto i Repubblicani moderati e gli indipendenti a votare in massa per l’avversario di McCain.

Eppure, McCain non esce con le ossa rotte da questo confronto, a conferma del fatto che la sua candidatura era di base ottima, e che la sua persona gode di vastissima stima nell’elettorato statunitense. La cifra fino a questo momento, di 338 a 141 grandi elettori, è un risultato più severo del dato proporzionale. McCain ha perso un numero di Stati per un pelo: Indiana, Virginia, Florida, Ohio, West Virginia, North Carolina: lo scarto è ovunque meno del 2%, e alcune volte è appena dello 0,2%, mentre laddove McCain ha vinto, la vittoria è stata rotonda, con l’eccezione di Missouri e Montana. In termini di voti, infatti, la differenza è davvero poca: 51,7% a 47,1%. E tuttavia è una differenza sufficiente a farci dire che è finita (o molto incrinata) la "maledizione" di Lyndon Johnson, il presidente Democratico che combattè frontalmente la segregazione contro i neri negli Stati del Sud, e per questo nel 1968 disse: "La mia battaglia per i diritti civili ci porterà a perdere il Sud per almeno una generazione. Ma la mia battaglia è giusta e ha dimostrato cosa sono veramente gli Stati Uniti d’America e il Partito Democratico".

Obama sa che nonostante questa splendida vittoria - i Democratici si sono assicurati il controllo anche dei due rami del Congresso - avrà bisogno dei Repubblicani tipo McCain se vorrà dare davvero un’impronta da III millennio al suo mandato presidenziale.

Per una volta, la speranza del progresso, del diverso, del negletto, ha vinto. Ora speriamo che il nuovo Presidente sia in grado di affrontare le difficili sfide che ha davanti e che sappia, anzitutto, mettere in piedi un governo buono almeno quanto il suo staff elettorale.

Buona fortuna, Obama. E grazie per aver finalmente messo il ’900 dietro le spalle degli USA.

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