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Turchia, i quattro assi di Erdoğan

Economia, Esteri, Difesa, Rappresentanza sono le punte di diamante su cui fa leva il presidente Erdoğan per il cammino del nuovo governo turco formato a neppure una settimana dalla sua riconferma.

Diciassette dicasteri, una sola ministra, Mahinur Özdemir Göktaş, alla Famiglia e Servizi sociali. Mehmet Şimşek, Hakan Fidan, Yaşar Güler, Cevdet Yilmaz i nomi degli uomini che lo sosterranno in quelle funzioni. Uomini fidatissmi che fanno dire ai politologi come il quartetto sia la chiave di volta per la Turchia del futuro. Poi si sa come le scelte del sultano siano sempre foriere di sorprese e ribaltoni, ma per ora le personalità scelte rispondono a necessità immediate. Mehmet Şimşek è stato già ministro delle Finanze dal 2009 al 2015 e pure vice-premier dal 2015 fino al 2018, quando a seguito della riforma presidenzialista la carica di primo ministro è stata abolita. Viene da un paesino della provincia di Batman, area e anima kurda nella sua stessa numerosa famiglia d’origine. Ha studiato economia alla Gazi University di Ankara per poi dedicarsi alla politica. E per offrire un contributo tecnico al partito di riferimento, l’Akp, ha avuto rapporti con Deutsche-Bender Securities e Ubs Securities. Fra il 2014 e il 2015 anni in cui il Paese registrò un rallentamento economico derivante anche dalle tensioni interne e soprattutto dalla caduta del valore monetario della lira verso il dollaro, Şimşek sostenne il governo ma ritenne che l’economia potesse ulteriormente oscillare. Certo, non s’oppose alle sontuose spese per la costruzione del nuovo palazzo presidenziale bollate dall’opposizione come un insulto alle criticità nazionali. Nel 2018 Erdoğan al vertice del ministero gli preferì il genero Albayrak, finito in una diatriba per speculazioni e poi defenestrato. Hakan Fidan è stato per oltre un decennio il gran capo del Mıt, i servizi d’Intelligence della Turchia dell’Akp. E’ laureato in Scienze politiche e proviene dall’esercito dov’era sottufficiale durante i governi liberisti del kemalismo. E’ stato il presidente a sceglierlo come consulente per la sicurezza per poi porlo al vertice dell’Agenzia. Sua la task-force che nel biennio 2010-12 ha tenuto i famosi ‘colloqui di pace’ nel supercarcere di İmrali col leader kurdo Öcalan lì detenuto. Per quei contatti alcuni membri della magistratura volevano incriminare Fidan. Nel 2015 per un breve periodo aveva abbandonato gli incarichi investigativi per entrare in politica nelle file dell’Akp, ma dopo un po’ desistette. Si vociferò che fosse lo stesso presidente a dissuaderlo, considerandolo più utile alla causa nel ruolo di esperto di spionaggio. Dopo il tentato golpe del 2016 si è interessato a ricostruire gli elenchi della rete gülenista presente fra apparati della sicurezza e delle forze dell’ordine che ha subìto l’epurazione del governo. Nel dicastero degli Esteri sostituisce un altro politico vicinissimo al sultano, il moderato Çavuşoğlu. Il più anziano del quartetto è Yaşar Güler, coetaneo del presidente, uomo del fare militare dunque attivo sui fronti bellici. Negli ultimi anni s’è occupato di quello siriano e iracheno con gli effetti geostrategici voluti da Erdoğan. Una vita trascorsa nell’esercito dove, dopo gli studi nell’Accademia militare, ha scalato vari livelli della carriera raggiungendo, dopo il comando generale del 4° Corpo d’armata, l’incarico di Capo dello Stato Maggiore. Anche Cevdet Yilmaz proviene dall’est, originario del distretto di Bingöl, che nel 2016 è stato teatro di attentati e scontri a fuoco fra militari e militanti del Pkk. E’ d’origine zaza dunque kurda ed è un tecnico prestato alla politica. Laureato in Scienze economiche e amministrative ha affinato negli Stati Uniti le relazioni internazionali, ma è da un quindicennio nell’agone politico, prima come deputato al Meclis, e dal 2011 al 2016 come ministro dello Sviluppo. Il compito di vice-presidente che Erdoğan gli assegna è sicuramente una vetrina interna, visto che il grande capo sarà spesso occupato nei consessi mondiali.

Enrico Campofreda

 

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