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Tranquilli, Twitter non è morto

Un articolo apparso su The Atlantic “A Eulogy for Twitter”, “Encomio per Twitter”, sta facendo molto discutere su quale sarà il futuro della piattaforma a 140 caratteri, in evidenti difficoltà. Twitter non sparirà, ma dovrà certamente rivedere subito il suo modello, per non smarrirsi

Quando si parla di “encomio” di fatto si narrano e si esaltano le gesta di personalità di fronte ad un vasto pubblico. Ecco, The Atlantic ha fatto l’encomio di Twitter di fronte al grande pubblico che è la Rete con il post “A Eulogy for Twitter“, elencando le gesta, le caratteristiche che hanno reso celebre la piattaforma da 140 caratteri, ma sostanzialmente sostenendo la tesi che Twitter non sia più la piattaforma che tutti abbiamo conosciuto, sta cambiando e rischia di sparire, per come lo abbiamo appunto conosciuto e apprezzato fino ad oggi. Per quello che ci riguarda, non siamo molto d’accordo con questa idea. Twitter non è morto, anzi, come si direbbe in questi casi “è vivo e lotta insieme a noi!”.

Tutto il dibattito sul futuro di Twitter, val la pena di riepilogarlo, è nato con lo sbarco della società a Wall Street e con i primi numeri finanziari che si sono succeduti. Numeri che evidenziavano un calo nella crescita degli utenti e un aumento delle perdite, nonostante i ricavi si sono sempre dimostrati superiori alle attese. Twitter, è abbastanza evidente, ma anche questo va più volte sottolineato, non è Facebook e, forse non lo sarà mai, nel senso che non riuscirà mai ad emulare la forza del più grande social network che si manifesta in tanti modi. Ma ha comunque una sua forza, una sua specificità che ha reso possibile che un piattaforma basta su 140 caratteri riuscisse addirittura ad arrivare a Wall Street. E il vero problema sta proprio in questo passaggio.

Tutti voi ricorderete lo sbarco in borsa di Facebook, grande entusiasmo al debutto, ma nel giro di poche settimane il titolo crollò vistosamente arrivando a toccare anche i 17 dollari per azione, di fatto un fallimento. Inoltre man man che si sbloccavano stock di azioni, anche gli stessi manager di Facebook vendevano le proprie azioni. Sembrava una sorta di “salviamoci prima che la barca affondi!”. Ma non era così, in effetti. Facebook si era messa sul mercato, aveva degli investitori che chiedevano cambio di strategia, di seguire una strada che fosse orientata a marginalizzare prima possibile, senza aspettare troppo. E chiedere questo ad una società che sbarca in Borsa senza un vero modello di business, ma sostanzialmente con un’operazione esclusivamente finanziaria, è al quanto rischioso, quindi suscettibile di variazioni repentine. A quel punto Zuckerberg e i suoi danno ascolto agli investitori, cambiano strategia e i risultati ce li abbiamo di fronte ai nostri occhi, oggi. Titolo oltre i 67 dollari e una capitalizzazione forte da mettere Facebook tra le aziende più potenti del mondo.

Più o meno la stessa cosa sta succedendo a Twitter. Necessita (e subito) di una strategia che soddisfi le richieste degli investitori, per chiarirci, sono quelli che ci mettono i soldi, e quindi vogliono vedere i frutti e subito, perchè loro sono abituati così. Ma, tornando a quanto si diceva prima, Twitter non è Facebook. Negli ultimi mesi, nel tentativo di rincorrere la strategia ottimale e soddisfare gli investitori, Twitter ha adottato misure che hanno quasi disorientato la (piccola) community, andando verso modelli già visti. Già, piccola community, perchè Twitter non ha gli utenti di Facebook. Dagli ultimi dati sono “solo” 255 milioni gli utenti attivi e le visualizzazioni sulla timeline stanno calando. Secondo Dick Costolo, CEO di Twitter, “le visualizzazioni risentono delle recenti modifiche”. Bene, allora caleranno di più perché di altre modifiche ci sarà bisogno per cercare di trattenere più a lungo gli utenti sulla piattaforma e invitarli ad essere più attivi, se è vero come è vero che il 44% degli utenti non ha scritto neanche un tweet!

Per non parlare, anche se di fondamentale importanza della strategia da sviluppare, e che sta partendo, per aumentare i profitti via advertising. MoPub sarà molto utile via mobile per aumentare le entrate, anche se bisogna davvero vedere se i numeri saranno quelli di cui si parla.

Twitter è una piattaforma complessa ad un primo sguardo, non è facile orientarsi subito, questo è evidente. non è una piattaforma “generalista”. Ed evidente che, sempre ad un primo sguardo non è facile orientarsi in un fiume in piena come è la timeline, con un flusso di messaggi in 140 caratteri che ti investe e ti trascina via, se non hai un minimo di nozioni su come funzione e su cosa bisogna fare appena arrivati. Molti vedono Twitter come fosse un “notiziario”, arrivano e si limitano solo a leggere le notizie, ma poi vanno via. Vanno alla ricerca di piattaforme “più coinvolgenti”. È questo che dovrà fare Twitter, essere più coinvolgente, per usare una parola che piace molto ai marketers “be more engaging“, da engagement, la parola d’ordine per eccellenza. E come fa una piattaforma come Twitter che ha puntato molto (anche in modo inconsapevole) sull'immediatezza e sulla velocità, a conciliare i tempi per un maggiore engagement? Semplice, rallentando, modificando e adattando tutta la piattaforma a dinamiche più adatte a trattenete gli utenti. Non c’è altra soluzione. Se non quella che vogliono Twitter come già morto! Niente di più falso.

The Atlantic sostiene che: “Twitter ha cambiato il social pubblishing come Aol ha cambiato il modo delle email, solo che ora nessuno ha più un account su Aol”. Di fatto lo ritiene spacciato, ma Twitter non sparirà, anzi, riuscirà a trovare un nuovo modello e saprà rialzarsi. Forse, ne siamo certi, scontenterà qualcuno, ma ricordiamoci che stiamo parlando di aziende che devono fare profitti. Ora più di prima.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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