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Torino: sarà lo Stato a ripagare lo stupro di una giovane

Lo stupro? Verrà risarcito dalla Presidenza del Consiglio. Così ha sentenziato la Corte d’Appello di Torino, sancendo un diritto che in Italia non aveva mai trovato spazio. In riferimento al caso di una giovane studentessa che nel 2005, appena compiuti i 18 anni, venne rapita e ripetutamente stuprata su un furgone da due giovani stranieri conosciuti ad una festa, il Tribunale della III sezione della Corte d’Appello presieduta dal giudice Paolo Prat, ha così deciso. Dopo gli arresti domiciliari infatti, durante il processo di primo grado, i due giovani, condannati in un secondo momento, rispettivamente alla pena di 14 e 10 anni di reclusione, sarebbero scappati.

Ora dunque spetterebbe allo Stato risarcire la vittima, tramite la somma, stabilita dalla stessa sezione del Tribunale, di 50 mila euro. Oltre al risarcimento morale dunque, ottenuto tramite la colpevolezza e la condanna dei due giovani, spetterà alla ragazza anche un risarcimento economico. La vittima avrà dunque comunque diritto all’ottenimento di un indennizzo, anche se a pagarlo sarà la Presidenza del Consiglio. Nel caso in cui i colpevoli di lesioni dolose, di omicidio o di violenza sessuale, sono irrintracciabili, non sono stati scoperti o non hanno i mezzi economici per il risarcimento, tocca infatti allo Stato pagare il danno arrecato.

La decisione arriva a pochi giorni da una sentenza della Corte di Cassazione che aveva scosso in modo unanime i rappresentanti di ogni parte politica come pure l’opinione pubblica e il mondo dell’associazionismo, suscitando aspre polemiche. Per lo stupro di gruppo, il giudice non sarà obbligato a disporre l’arresto dei colpevoli, ma dovrà prendere in considerazione, se ne sussistono i requisiti, misure di custodia cautelare alternative al carcere. Sono ancora freschi i cori unanimi di disappunto da parte di ogni parte politica e della società civile a seguito della sentenza della Corte di Cassazione. Secondo il presidente di Telefono rosa, Gabriella Moscatelli si tratterebbe di «un ennesimo passo indietro e a rimetterci è ancora una volta la parte più debole, ossia le donne vittime di violenza». Già nel 2010 la Corte Costituzionale aveva avanzato, con la sentenza n.265, l’adozione di altri provvedimenti cautelari, alternativi alla detenzione in carcere, per i reati a sfondo sessuale.

Ora la Corte di Cassazione rincara la dose, nei confronti di un reato che, continua la Moscatelli «segna per sempre la vita di una donna». E forse è proprio di questo fatto che la giustizia debba tener conto nel momento in cui si pone a dover sentenziare su un caso di stupro. Forse si dovrebbe tentare di mettersi nei panni di una donna che ha subito una violenza, per riuscire a capire che mai nessun risarcimento economico possa essere sufficiente a ripagare il dolore.

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