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Tassare le prostitute. E perché no?

Tassare le prostitute. E perché no?

C’è stato un periodo nella nostra storia recente in cui sembrava che il problema n.1 fossero le prostitute, quelle di strada ovviamente, perché quelle che frequentano i palazzi sono tutta un’altra cosa. Sulle lucciole si è scatenata tutta la fantasia dei sindaci: dalle multe ai clienti colti in fragrante, alle contravvenzioni inviate a casa con tanto di foto, dai divieti di sosta alle ronde (non c’entra, ma che fine hanno fatto le ronde? Ce n’è ancora qualcuna in giro?), dal dialogo persuasivo all’ipotesi di istituzione di zone rosse.

Che la prostituzione sia per molti aspetti un problema è vero, come è altrettanto vero che fin quando il mondo esisterà ci sarà qualcuno/a che praticherà il mestiere più antico. Perché allora non prenderne atto e dargli una regolata? E’ quello che ha pensato il nuovo sindaco di Albenga, Rosalia Guarnieri, donna e leghista: "Le prostitute - ha affermato - svolgono un lavoro come un altro. Guadagnano e anche parecchio. Pertanto devono essere sottoposte ad un regime fiscale come chiunque altro svolga un’attività professionale".

E’ una proposta interessante che non ha niente a che fare con la reintroduzione, come qualcuno voleva fare, dei casini di stato. "Il problema esiste - aggiunge la Guarnieri - e va affrontato in maniera differente. A questo punto un buon motivo sarebbe quello di tassare le prostitute e non è certo perché stiamo vivendo in un periodo di crisi. Le prostitute guadagnano. I soldi si sa finiscono ad organizzazioni criminali. Una montagna di denaro evasa e all’Erario non resta nulla. Se invece la prostituzione venisse regolamentata credo inoltre che sarebbe possibile censire coloro che svolgono anche questa attività".

Non le si può dare torto. Che le lucciole facciano pure il loro mestiere, ne prendiamo atto (che è forse l’unica cosa da fare aldilà dell’intervento psicologico sui clienti), che regolamentino però la loro attività come ogni libero professionista, con tanto di partita Iva ed azioni conseguenti, come la denuncia dei redditi, il pagamento delle tasse e dei contributi sanitari. Che poi è quello che chiedono anche le prostitute.

Immagino già l’ironia di molti: avremo le signorine con il blocchetto delle ricevute fiscali in borsetta, o quello delle fatture per chi vuole "scaricare", oppure il registratore di cassa al seguito?

Dettagli tecnici a parte, sarebbe un buon gettito per lo Stato, se pensiamo che la sola ’Ndrangheta raccoglie con la prostituzione 2.867 milioni di euro; mettiamoci le altre mafie, la delinquenza non organizzata e le "battitrici libere" ed abbiamo un quadro che, secondo taluni, si assesterebbe attorno al 6-8% del Pil. Un’enormità.
Da non scordare che la professione ivata permetterebbe di monitorare il fenomeno, distinguendo tra le "volontarie" e chi invece è vittima della malavita, agendo di conseguenza sui papponi. In più sarebbe un’occasione anche per le lucciole per poter usufruire dell’assistenza sanitaria contro le malattie veneree e le altre patologie connesse, che sono in aumento e che costituiscono un ulteriore costo sociale.

Di sicuro la proposta Guarnieri, già sottoposta al ministro degli Interni Maroni, incontrerà la fiera opposizione della chiesa, più attenta alla facciata perbenista della società che alla risoluzione concreta del problema. Per una volta, però, dalla Lega arriva una proposta sensata.

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