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Tassa sul fumo, la poca serietà della politica italiana

Umberto Bossi lancia la palla e riceve un si corale e bipartisan dalla politica italiana.

Dice Bossi: piuttosto che tassare la sanità sarebbe meglio tassare il fumo anche se sono un fumatore di sigari.

L’affermazione è giusta, meglio tassare una cosa superflua che una utile (sempre che i fumatori, trovandosi di fronte a una spesa eccessiva, non decidano di smettere, il che ci porterebbe al punto di partenza). A questo punto, almeno dal mio punto di vista, si potrebbe tassare anche l’alcool, incluso il vino, e tanti altri prodotti superflui.

Ma tutto ciò servirebbe a rimettere i conti a posto? Servirebbe a creare un sistema in grado di soddisfare le esigenze di tutti i cittadini senza creare debito?

Non credo proprio! A meno che non ci si fermi al recupero dei soldi necessari a riportare in pareggio il bilancio lasciando la struttura socio economica inalterata. Cosa che servirebbe a ben poco perché il debito si riformerebbe.

La manovra, di cui la tassa sulla sanità ne fa parte, è molto di più di una semplice recupero di soldi. La manovra serve a mettere i conti dello stato in pari, ovvero, non tanto a recuperare soldi ma a dare un diverso indirizzo alla politica economica del paese; indirizzo che dovrebbe restituire all’economia la sua indipendenza e la capacità di investire e, inoltre, creare un nuovo sistema di distribuzione della ricchezza eliminando i privilegi che, attualmente, sono tutti a favore della classe politica. In pratica si tratta di ridistribuire meglio i soldi delle tasse individuando le priorità sia economiche che sociali e solo in un secondo tempo, quando cioè sono state soddisfatte le prime, passare alle seconde.

La sanità, ovvero la salute dei cittadini, è sicuramente una delle priorità sociali e sarebbe da incentivare invece di disincentivare come si sta facendo (a parte la tassa in questione). Una politica seria non avrebbe neanche preso in considerazione né la chiusura di strutture ne ulteriori ticket. Avrebbe, sin dall’inizio, preso in considerazione la possibilità di sospendere quelle opere “sociali” – ponte sullo stretto, Tav, ecc. – megagalattiche volute al solo scopo di farsi propaganda e destinare i soldi alle cose utili. Al riguardo, il costo della politica – la spesa del palazzo del potere – e gli sprechi derivanti, dovrebbero, in un momento di forte crisi, essere stati presi in considerazione sin dall’inizio e ridotti all’istante. Ma non solo non è stato fatto, anzi, dopo averlo inserito nella finanziaria, ne è stata rimandata l’applicazione al 2013 magari sperando che la crisi rientri.

La palla lanciata da Bossi e raccolta dalla politica sembra più lo specchietto per le allodole. Il solito palliativo che attutisce il dolore ma non cura. Crea solo l’illusione dell’interesse della politica nei confronti del popolo. 

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