Martedì 17 vertice a Palazzo Chigi su inquinamento e occupazione: evidentemente il Professor Monti ha capito che Taranto, ormai, è una polveriera (in tutti i sensi): migliaia di famiglie vivono soltanto grazie alla megaindustria Ilva, la quale avvelena l’aria e l’ambiente! Era già successo a Cornigliano (Genova), poi a Piombino (Livorno) e a Bagnoli (Napoli). Vogliamo subito 20 kmq di bosco d’alto fusto.
Lo Stabilimento Ilva di Taranto produce ferro, acciaio e ghisa per Italia ed Europa, ma l’industria siderurgica è proprio una brutta bestia: ovunque va porta ricchezza (economica) e disastri (ambientali).
Ovunque identico il rosso paesaggio: un frontemare (per lo scarico dei minerali), una metropoli per la mano d’ opera (ottime le fognature per raffreddare gli impianti), montagne di rocce ferrose (da triturare e lavorare), megastrutture metalliche (gli altoforni).
Sempre garantito (finora) l’inquinamento dell’ambiente: del mare (scarico delle acque di raffreddamento), del terreno (accumulo delle scorie), dell’ aria (emissione di polveri sottili e gas vari).
A Taranto la “scia chimica” prodotta dall’Ilva “deturpa ed imbratta” (da una sentenza del Tribunale) i confinanti quartieri residenziali (Tamburi, migliaia di abitanti).
Ma chi ha piazzato quartieri residenziali a ridosso di un centro siderurgico (o, il che è lo stesso, chi ha piazzato un centro siderurgico a ridosso di quartieri residenziali)?
Perché, nel 1961 (anno della costruzione del polo siderurgico di Taranto),qualche sommo genio dell’urbanistica (ingegnere o architetto) ha pur firmato i relativi progetti, qualcuno li ha approvati, infine qualcuno li ha finanziati.
Potremmo almeno (è una semplice curiosità) conoscere nomi e cognomi di codesti poco accorti signori?
A meno di improbabili delocalizzazioni, il dramma ambientale di Taranto può essere alleviato con idonee ecotecnologie antismog, per cominciare e subito 20 kilometri quadrati di verde e rigoglioso bosco d'alto fusto, in una città che ha 20 cm quadrati di verde per abitante!).
Per piantare 20 Km quadrati di alberi ad alto fusto al posto dello stabilimento sarebbe necessaria una bonifica del terreno per decine di metri di profondità,un lavoro a dir poco colossale e fantascientifico per costi ed applicazioni e che richiederebbe anni.....
...e poi, tutto l’acciaio presente negli impianti, le gomme dei cavi elettrici e l’amianto che sicuramente è ancora presente, dove lo si manda? Si tratta di milioni di tonnellate di materiale inquinato da decenni di produzione, neanche l’INDIA o la CINA lo prenderebbe...ci sarebbe lo spazio cosmico, già inquinato da relitti di satelliti pronti a caderci in testa e,pagare spedizioni spaziali con astronavi non è come pagare il camion della nettezza urbana....
Pensiamo a risolvere la questione ambientale e occupazionale in sinergia tra loro con proposte serie e fattibili, i sogni non servono,purtroppo,a nessuno.