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Taiwan, da 26 anni nel braccio della morte. Ma ora due poliziotti si schierano dalla sua parte

Nel novembre 1987 Ko Hung Yu-lan, un’agente di una compagnia di assicurazioni di Taiwan, viene rapita e uccisa. Il suo corpo viene ritrovato fatto a pezzi. Nello stesso mese avviene un altro sequestro di persona, quello di Lu Cheng, terminato con la morte dell’ostaggio.

Chiou Ho-shun (nella foto di Radio Taiwan International) e altri 11 sospetti vengono tenuti in isolamento per quattro mesi. Denunciano di aver confessato sotto tortura.

Chiou Ho-shun è il più determinato. Durante il processo, ritratta la confessione e accusa la polizia di averlo sottoposto a interrogatori per 10 ore di seguito, di averlo ammanettato e bendato, costretto a sedere sul ghiaccio, sottoposto a pestaggi e a scariche elettriche, di avergli fatto ingerire attraverso la bocca e il naso acqua in cui era stato sciolto peperoncino in polvere.

Tutto inutile. Nel 1989, Chiou Ho-shun viene condannato a morte, nonostante non sia stata esibita alcuna prova materiale che leghi l’imputato ai due delitti.

Dopo una lunga serie di ricorsi, nei quali continuano a essere dichiarate valide le confessioni estorte con la tortura, nell’agosto 2011 la Corte suprema di Taiwan conferma definitivamente la condanna a morte di Chiou Ho-shun, nonostante nel corso degli anni due magistrati e 10 agenti di polizia siano stati condannati per aver usato la tortura nel corso delle indagini sui due delitti e nonostante nel 2003, poco prima di essere messo a morte, un uomo di nome Hu Kuan-pao ammetta di essere l’autore di uno dei due omicidi.

Ma arriva il colpo di scena. Due agenti di polizia, che nel 1988 erano incaricati del trasferimento di Chiou Ho-shun dalla cella alla stanza degli interrogatori e viceversa, ora si sono dichiarati disponibili a testimoniare che l’uomo aveva detto loro di essere stato costretto a confessare sotto orribili torture.

L’avvocato di Chiou Ho-shun ha chiesto la riapertura del caso e un nuovo processo. Il minimo, per un uomo che, dopo oltre un quarto di secolo nel braccio della morte, potrebbe essere alla fine giudicato innocente.

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