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Sversamenti incontrollati nelle cave attorno all’area ospedaliera

La Collina dei Camaldoli rappresenta la parte più elevata del territorio comunale di Napoli; essa è costituita da un substrato vulcanico di piroclastiti sciolte poggianti sul Tufo Giallo Napoletano che è un ottimo materiale da costruzione. Nell’area sono presenti diverse strutture ospedaliere (Cardarelli, Monaldi, Cotugno, 2° Policlinico dell’Università Federico II) che rappresentano il complesso più importante del Mezzogiorno d’Italia. Nelle ultime decine di anni, nei dintorni dell’area ospedaliera, sono state aperte e coltivate numerose cave che hanno estratto il tufo dal sottosuolo originando profonde fosse, più basse di varie decine di metri (da circa 50 ad oltre 80 metri) rispetto all’originaria morfologia. Le attività che si sono svolte nelle cave non sono state adeguatamente controllate dalle competenti istituzioni per cui in molte cave sono stati accumulati, senza sorveglianza, enormi volumi di materiali vari, prevalentemente di ignota natura; nelle poche aree dove sono state effettuate indagini dalla Magistratura di Napoli si è scoperta la parte superficiale di accumuli di materiali inquinanti di varia natura.

Nella primavera del 2008 è stata prevista dal DL 90 la realizzazione di una discarica controllata nella cava del Poligono a circa 1670 m di distanza dall’Ospedale Monaldi.

Al fine di valutare l’impatto ambientale del previsto accumulo di rifiuti indifferenziati, si è ritenuto propedeutico ricostruire eventuali accumuli di materiali ignoti, e sospetti, nelle cave che circondano l’area ospedaliera.

Tale posizione non è stata condivisa dalla direzione ospedaliera e dal Commissario di Governo che sbrigativamente hanno fatto dichiarare ad esperti appositamente interpellati che la nuova discarica non provocherà alcun impatto negativo sulle attività svolte nei vari ospedali.

E’ stata effettuata una ricerca tesa a ricostruire gli sversamenti, nell’area illustrata nella figura, utilizzando le foto aeree e da satellite (a partire dal 1994 fino al 13 settembre 2007) e la carta topografica in scala 1:5000 rinvenibili gratuitamente in Internet. E’ stata calcolata la distanza tra le aree interessate dagli sversamenti e le strutture ospedaliere (la minima varia da circa 200 a 400 m) e le abitazioni civili (la minima varia da circa 90 a circa 170 m) ed è stata effettuata una stima del volume di materiale (la cui natura non è definibile) accumulato in varie riprese.

La cava più vicina al 2° policlinico (circa 200 m), lungo il Vallone San Rocco, è stata interessata da un intervento della Magistratura di Napoli alcuni mesi orsono; gli sversamenti sono iniziati prima del 1994 ed erano ancora in atto il 13 settembre 2007. Il materiale accumulato è complessivamente stimabile intorno a 800.000 metri cubi.

Nella cava in località Contessa, 760 m ad ovest del Monaldi e a circa 90 m dalle abitazioni civili, gli sversamenti sono continuati fino al 13 settembre 2007 con l’accumulo complessivo di alcune centinaia di migliaia di metri cubi di materiali vari.

Nelle altre cave più vicine all’area ospedaliera (da circa 300 a circa 700 m gli sversamenti sono cessati prima del 2007.

Le cave circostanti quella del Poligono sono state attivamente interessate da notevoli accumuli fino al 2006. Una cava ubicata circa 100 m a sud est, profonda circa 70 m, è stata completamente colmata dal 2000 al 2006 con oltre 300.000 metri cubi di materiali. La stessa area adiacente alla Cava del Poligono, interessata dai lavori di approntamento della discarica, è stata successivamente modificata con accumuli di decine di migliaia di metri cubi di materiali trai quali è stato rinvenuto amianto.

Nelle varie cave dei Camaldoli ubicate attorno all’area ospedaliera e individuate nella figura, complessivamente sono stati sversati, al di fuori di ogni controllo pubblico, alcuni milioni di metri cubi di materiali.

La ricerca è agevolmente ripetibile e verificabile. Rimane da accertare la natura dei materiali accumulati tra la Cava del Poligono e l’area ospedaliera dei Camaldoli.

Stimando che solo il 10% dei materiali sversati sia inquinante e variamente pericoloso, si arriva a prevedere che siano stati interrati almeno 500.000 metri cubi di rifiuti potenzialmente nocivi, volume corrispondente a quello che realisticamente potrebbe essere interrato nella Cava a fossa del Poligono.

E’ evidente che la “delicatezza” e l’importanza delle strutture ospedaliere avrebbe richiesto una grande attenzione e cautela per garantire la sicurezza ambientale dell’area di importanza strategica per la sanità campana e dell’intero Mezzogiorno d’Italia.

Non è mai troppo tardi. Deve essere verificata immediatamente la eventuale pericolosità, per l’ambiente e per la salute dei cittadini, dei materiali accumulati troppo facilmente fino ad oggi.

Dopo l’accertamento, deve essere eseguita l’eventuale bonifica e risanamento ambientale.

E’ evidente che il nuovo materiale inquinante che sarebbe accumulato nella discarica in preparazione nella Cava del Poligono, materiale costituito da rifiuti indifferenziati raccolti lungo le strade campane che è più simile ad un rifiuto speciale che a rifiuto urbano, aggraverebbe comunque l’attuale situazione ambientale anche perché il sito non è ambientalmente idoneo e perché il lavori di approntamento della discarica sono eseguiti con varie e gravi inosservanze delle norme tecniche, come evidenziato dalle telecamere che riprendono una parte dell’area interessata dai lavori.

Franco Ortolani

Ordinario di Geologia, Università di Napoli Federico II

15 gennaio 2009

 

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