Sull’utilità, ma anche sui rischi, della moderna comunicazione virtuale
Sapientemente curata da Maria Rita Pitruzzella, il 10 maggio alle ore 21.00, al Palazzo La Lomia di Canicattì si svolgerà la mostra fotografica di Maurizio Geraci. “M’illumino di smartphone” è il suo significativo titolo. Una mostra che da un lato intende sensibilizzare e avvicinare la gente a una forma d’arte a volte considerata di second’ordine, dall’altro, parafrasando il famoso verso ungarettiano, intende attirare l’attenzione sui rischi connaturati nella moderna comunicazione virtuale esponendo decine di scatti di visi al buio glacialmente illuminati dal display degli smartphone. Questa moderna comunicazione virtuale, infatti, è capace di mettere in contatto e in un certo senso avvicinare la gente come mai in passato; ma paradossalmente a volte la relega in una deprimente se non deviante solitudine, dove il linguaggio stesso diviene mezzo di devianza.
Il messaggio lanciato attraverso questi scatti però non è del tutto negativo. Come ogni strumento creato dall’uomo, la sua utilità o nocività è data dall’uso che ogni individuo ne fa. Come un bisturi che a seconda di chi lo maneggia può servire a salvare o a danneggiare una persona, così i moderni strumenti d’interazione virtuale possono avere una formidabile valenza d’interazione sociale, oppure possono trasformarsi in capacissime e desolate gabbie d’isolamento umano, dove le emozioni, i sentimenti e i valori umani restano congelati se non distorti nei freddi byte della memoria elettronica.
Cosicché, in riferimento a questa forma comunicativa, alla parafrasi del famoso verso ungarettiano si può associare un altro famoso e meno “luminoso” verso: il quasimodiano “…ed è subito sera”, per simboleggiare e soprattutto avvertire le persone dell’eventualità del tramonto della comunicazione reale, o comunque di una sua pericolosa distorsione, se quella virtuale viene usata male fino a sostituirla; poiché in tal caso questa arriva ad “usare” l’uomo invece che essere usata dall’uomo.
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