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Sudan. La tragedia rimossa dai media

George Clooney si fa arrestare a Washington di fronte all’ambasciata del Paese africano e la sua feroce dittatura torna sulle prime pagine. Ma senza la protesta dell’attore chi avrebbe più parlato della situazione sudanese?

Se per ricordare la tragedia del Sudan tocca ricorrere all’arresto di George Clooney, siamo messi male. L’attore americano, a quanto pare, serio attivista a favore della pace (si dice spenda fortune per questa sua passione: fosse vero, la simpatia e la stima per lui sarebbero assolute), si è fatto arrestare con il padre mentre protestava di fronte all’ambasciata del Sudan per le uccisioni sistematiche perpetrate dal dittatore sudanese Omar al-Bashir. La questione Sudan è annosa, ma i media da tempo sorvolano su ciò che vi avviene. Cosa vi avviene? Semplicemente omicidi quotidiani.

Il Sudan è improvvisamente più fortunato della Siria, dove i morti ammazzati dal governo si accumulano nell’indifferenza dell’Onu. Qui non siamo in Libia, terra dove il petrolio si trova con un dito e dove l’opposizione di Gheddafi era una specie di barzelletta (brutta, sporca e cattiva, ma pur sempre una cosa minima rispetto agli invasori). Si dirà: non è che si possa intervenire dappertutto. Vero. Ma oltre all’intervento militare si può concepire altro. Non è pensabile che tutto si debba ridurre ai bombardamenti. Gli americani sono maestri di guerre a metà, con uccisioni senza riguardi (esistono bombe intelligenti? È più facile chiedersi se esistono uomini intelligenti) e con occupazioni militari approssimative e svogliate, con il rischio che il rimedio – grossolano – sia peggio del male (reso grave dall’indifferenza manifestata precedentemente e, magari, dai guai provocati in passato dai “salvatori”). Un maggior rispetto verso il prossimo ed un’attenzione maggiore verso i problemi eviterebbero le vergognose esagerazioni. La comunità è internazionale solo sulla carta. Farsi belli della virtualità e non agire per renderla reale è un fenomeno che abbiamo sempre sotto gli occhi e di cui nessuno vuole parlare seriamente. Che non ne sia capace nessuno? O è lo sciocco egoismo che lo impedisce?

E' incredibile, ma l’arresto di Clooney funziona, anche se si parla più di lui che del Sudan. Un po’, però, si parla anche di quest’ultimo, è inevitabile. I media non possono rivelare che l’attore è stato arrestato e non specificarne la ragione. Per la verità, cercano di essere discreti: l’arresto è avvenuto perché questo ragazzo invecchiato e ancora più affascinante ha protestato contro i crimini sudanesi, ma poi è stato rilasciato, come se questi crimini fossero finiti.

Clooney non c’entra niente in tutto questo, ovviamente. Anzi, tanto di cappello. C’entra l’assurdità di una notizia indiretta, di un promemoria al volo, appresa dall’azione di un personaggio mondano. Però, questo potrebbe essere un precedente interessante. Si potrebbero allertare attori e attrici e spedirli di fronte alle varie ambasciate di "Paesi cattivi", comprese quelle di quei birichini degli americani, per certe loro imprese in Afghanistan, in Somalia e in Iraq (oltre 100.000 morti, di cui il 60% civili, secondo certe fonti, ma molti di più secondo altre), frutto di insipienza e di presunzione (peccato, perché gli Usa potrebbero fare di più e meglio, consentendo all’Onu di funzionare davvero). Se ne parlerebbe e, forse, qualcuno persino approfondirebbe le notizie.

Dario Lodi

Questo articolo è stato pubblicato qui

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